Norme Tecniche del Regolamento Urbanistico

Titolo III Tutela e limiti all'uso delle risorse territoriali

Art. 48 Il vincolo idrogeologico

1. Sono sottoposte a vincolo idrogeologico le aree individuate ai sensi del R.D. n° 3267 del 30.12.1923 e quelle previste dalla L.R. 39/2000, anche se non comprese nella perimetrazione del suddetto R.D. (art. 37 e 38, L.R. 39/2000).

2. Gli interventi su dette aree sono regolati dal R.D. n° 3267 del 30.12.1923, dalla L.R. 39/00 e relativo REGOLAMENTO FORESTALE REGIONALE dell'8 agosto 2003, n. 48 (48/R).

3. Ogni intervento di trasformazione di queste aree che preveda interventi sul suolo eccedenti le normali pratiche agrarie è soggetto al nulla osta secondo le procedure dettate dalla Legge Forestale e dai suoi regolamenti di attuazione.

Art. 49 Il vincolo paesaggistico

1. Il RU, in conformità con quanto stabilito dalla disciplina del PIT, salvaguarda i beni paesaggistici soggetti a tutela. Sono sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004, gli immobili e le aree specificatamente individuati a termini dell'Art. 136 e 142 e sottoposti a tutela ai sensi dell'art. 143 e 156 dal PIT della Regione Toscana e s.m.i..

2. Per quanto riguarda le aree dichiarate di notevole interesse pubblico, in particolare per la zona circostante l'abbazia di Monte oliveto Maggiore, di cui al D.M 23.05.1972 e per la zona comprendente le aree verdi collinari adiacenti al centro storico di Asciano, le trasformazioni ammissibili devono essere coerenti con le motivazioni espresse nel decreto, come recepiti dal PIT avente valore di Piano Paesaggistico regionale, con obiettivi, direttive e prescrizioni, rispettivamente nella scheda n° 14-e nella scheda n° 245-1977.

Art. 50 Il vincolo storico artistico

1. Il vincolo storico artistico riguarda gli edifici o i complessi edilizi di interesse storico soggetti al D.Lgs. 42/2004.

2. Gli interventi consentiti sui beni di valore storico artistico, riportati negli elenchi degli edifici vincolati e comunque sui beni assoggettati alle disposizioni del D.Lgs. 42/2004, sono esclusivamente gli interventi previsti all'art. 29 dello stesso decreto.

3. Per l'approvazione di tali interventi dovranno essere acquisiti tutti i pareri, nulla osta ed atti di assenso comunque denominati a termini di legge.

Art. 51 Aree di interesse archeologico

1. Nelle aree di interesse archeologico ogni azione di trasformazione, sia connessa ad interventi urbanistico-edilizi, sia che attenga alle sistemazioni agrarie e dell'assetto ambientale e paesaggistico, è condizionata alla salvaguardia di eventuali possibili rinvenimenti e scoperte di natura archeologica.

2. Le Tavole "Disciplina del territorio" individuano le aree potenzialmente sensibili dal punto di vista archeologico e per le quali ogni intervento che preveda scavi o movimenti terra superiori ai 50 cm è soggetto al preventivo parere da parte della competente Soprintendenza archeologica.

Art. 52 I boschi

1. Il bosco, Ai sensi dell'art. 1, comma 2 e dell'art. 2 della L.R. n. 39/2000, è un bene di rilevante interesse pubblico il cui indice forestale deve essere mantenuto ai fini della conservazione della biodiversità e della tutela delle risorse genetiche autoctone e degli habitat naturali. I boschi, cos&igrave come definiti dall'art. 3 della L.R. n. 39/2000 integrata e modificata dalla L.R. n. 6/2001, e dal successivo regolamento di attuazione (Dec. P.G.R.T 8 agosto 2003 n°48/R), si riferiscono alla copertura di vegetazione arborea forestale spontanea o d'origine artificiale.

2. Secondo quanto previsto dall'art. 37, L.R. n. 39/2000, il territorio coperto da bosco è sottoposto a vincolo idrogeologico e a vincolo paesaggistico. Tale vincolo ricomprende le aree individuate all'interno del D. Lgs. del 22 Gennaio 2004 n. 42 e successive modifiche ed integrazioni, come foreste e boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco e quelle sottoposti a vincolo di rimboschimento.

3. La trasformazione dei boschi, le utilizzazioni forestali ed i relativi atti di pianificazione sono regolati dalla Legge Forestale e dai suoi regolamenti di attuazione. A tale regolamento devono attenersi anche gli interventi relativi a tagli colturali per le ripuliture e sfolli e i tagli fitosanitari.

4. Gli interventi per valorizzare le funzioni ricreative e sociali delle aree boscate sono ammessi e favoriti, purché le opere non incidano negativamente sul territorio e non si danneggino alberi monumentali, habitat o specie prioritarie, ai sensi della Direttiva habitat 92/43 e della LR 56/2000 e non comportino disturbo per le specie, animali o vegetali, presenti e tutelate.

5. Nelle aree coperte da boschi, cos&igrave come definite dalla LR 39/2000 è vietata la costruzione di edifici di ogni genere, inclusi quelli di tipo precario nonché la chiusura di strade, dei sentieri e dei passaggi di ogni tipo. Sono vietate le recinzioni, ad eccezione di quelle funzionali all'allevamento del bestiame ammesso dalla Legge Forestale e dai suoi regolamenti di attuazione. E' altresì vietato:

  • - il taglio raso delle piante e l'estirpazione degli arbusti e dei cespugli nei boschi e nei terreni vincolati per scopi idrogeologici salvo nei casi previsti e disciplinati dal regolamento forestale;
  • - l'apertura di nuova viabilità se non quella attinente la conduzione dei fondi e quella per opere pubbliche;
  • - l'abbandono di rifiuti e materiali di ogni tipo.

Art. 53 Difesa del suolo e sottosuolo

1. L'obiettivo del mantenimento della stabilità dei terreni e, più in generale, degli equilibri idrogeomorfologici consolidatisi nel tempo, è conseguito attraverso la regolamentazione delle attività antropiche secondo pratiche compatibili con la necessità di mantenere un'adeguata copertura vegetale del suolo e la necessità di assicurare alle acque di scorrimento superficiale un'efficiente rete di deflusso e di convogliamento verso un recapito ben definito. Fatte salve le disposizioni del Regolamento di attuazione della L.R. n.39/00 "Legge forestale della Toscana" (Regolamento Regionale n. 48R del 08/08/2003), le prescrizioni e gli indirizzi che seguono dovranno essere ottemperati nella documentazione presentata a supporto delle richieste dei titoli abilitativi, dei piani attuativi e dei piani aziendali, e per le quali è richiesta una relazione geologica e/o geologico-tecnica e/o idrologico-idraulica.

a. Infrastrutture viarie:

  • - i rilevati delle infrastrutture viarie non potranno in nessun caso alterare il corso delle acque superficiali incanalate. Allo scopo di mantenere il collegamento "monte-valle" delle acque di superficie si dovranno prevedere opportune "luci" di passaggio appositamente aperte nella struttura del rilevato, la cui efficienza dovrà essere supportata da uno studio idrologico-idraulico appositamente redatto secondo le modalità riconosciute dalla Regione Toscana;
  • - i sottopassi e le botti per l'attraversamento dei fossi da parte della rete viaria dovranno essere dimensionati in modo da evitarne il restringimento della sezione di deflusso oltre a permettere le operazioni di manutenzione periodica rispetto all'intasamento ed all'interrimento;
  • - l'allontanamento delle acque piovane dai piani viari dovrà avvenire recapitando le stesse direttamente alla rete idrografica con appositi manufatti di raccolta messi in opera con funzionalità antierosiva;
  • - per le strade sterrate e/o non asfaltate, la viabilità poderale ed i sentieri si dovrà prevedere la realizzazione di sciacqui laterali sistemati in modo da evitare l'innesco di fenomeni di erosione incanalata nei terreni di sgrondo adiacenti.

b. Riduzione degli effetti dell'impermeabilizzazione del suolo:

  • - tutti i tipi di impianti artificiali dovranno essere realizzati in modo da non alterare la funzionalità idraulica del contesto in cui si inseriscono garantendo il mantenimento dell'efficienza della rete di convogliamento e di recapito delle acque superficiali;
  • - i progetti relativi alla realizzazione di sistemazioni esterne, parcheggi, viabilità e rilevati, dovranno essere tesi ad evitare l'ulteriore impermeabilizzazione superficiale rispettando le seguenti regole:
  • -la realizzazione di nuovi edifici dovrà garantire il mantenimento di una superficie permeabile pari ad almeno il 25% della superficie fondiaria di pertinenza del nuovo edificio in base agli indici di superficie coperta, salvo eventuali ulteriori prescrizioni contenute nelle presenti norme;
  • -si devono utilizzare sistemazioni che favoriscano la loro dispersione per processi lenti; i nuovi spazi pubblici e privati destinati a piazzali, parcheggi e viabilità pedonale e/o meccanizzata, dovranno essere realizzati con modalità costruttive che consentano l'infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque;
  • -il convogliamento delle acque piovane in fognatura o in corsi d'acqua dovrà essere evitato quando sia possibile dirigere le acque meteoriche in aree adiacenti permeabili, senza che si determinino danni dovuti a ristagno, o in cisterne interrate;
  • -sono possibili eccezioni a tali disposizioni esclusivamente per dimostrati motivi di sicurezza igienico-sanitaria e statica, o di tutela dei beni culturali e paesaggistici.

c. Sbancamenti, scavi e rinterri:

  • - tutti gli sbancamenti e gli scavi in terreno sciolto e/o lapideo che comportino modificazioni permanenti e rilevanti della morfologia del terreno dovranno essere provvisti, a monte degli stessi, di adeguate opere di drenaggio per la raccolta e il convogliamento delle acque meteoriche nella rete di scolo esistente;
  • - il rinterro degli scavi e/o degli sbancamenti dovrà assicurare il ripristino della morfologia originaria e delle condizioni di stabilità delle pareti naturali, utilizzando materiali terrigeni simili a quelli esistenti in loco adeguatamente compattati e addensati, anche mediante tecniche di rinaturalizzazione guidata.

d. Reti interrate:

  • - la messa in opera degli impianti a rete tecnologici dovrà evitare, di norma, la variazione e/o l'alterazione del reticolo di deflusso delle acque superficiali;
  • - qualora l'intervento preveda modifiche al percorso delle acque di scorrimento superficiale si dovrà individuare una nuova via di deflusso, di sicuro recapito, che non comporti concentrazioni e ristagni di acque nelle aree di intervento ed in quelle limitrofe;
  • - i lavori di chiusura degli scavi dovranno garantire il ripristino delle condizioni morfologiche preesistenti.

e. Fognature:

  • - tutti gli interventi di nuovo impianto della rete fognante dovranno privilegiare il completamento della rete stessa estendendola alle aree insufficientemente servite;
  • - per i nuclei e per le abitazioni isolate, lo smaltimento delle acque reflue potrà essere organizzato mediante impianti di depurazione non allacciati alla fognatura che sfruttino le tecniche della sub-irrigazione e/o della fitodepurazione previa attenta valutazione dei possibili effetti negativi sia sulla stabilità del terreno sia sulla qualità delle acque di falda;
  • - sono da evitarsi lo sviluppo dei nuovi tratti di rete fognaria nella fascia di territorio larga 50 m che si sviluppa lungo i corsi d'acqua; sono altresì incentivati le azioni di delocalizzazione dei tratti della rete esistente.

f. Regimazione delle acque superficiali incanalate:

  • - Le nuove opere di regimazione idraulica (briglie, traverse, argini, difese spondali) previste per i corsi d'acqua (naturali e artificiali) saranno finalizzate al riassetto dell'equilibrio idrogeologico, al ripristino della funzionalità della rete del deflusso superficiale, alla messa in sicurezza dei manufatti e delle strutture, alla rinaturalizzazione spontanea, al miglioramento generale della qualità eco-biologica ed alla agevolazione della fruizione pubblica. Esse dovranno essere concepite privilegiando le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica.

g. Canalizzazioni agricole

  • - tutti gli interventi che coinvolgono parti di terreno agricolo dovranno essere volti al mantenimento dell'efficienza delle canalizzazioni, provvedendo, in ogni caso, al ripristino della loro funzionalità laddove questa risulti essere stata manomessa dagli interventi precedenti;
  • - non è consentito interrompere la continuità del deflusso nei fossi e nei canali di scolo delle aree agricole senza prevedere un nuovo e/o diverso recapito per le acque di scorrimento intercettate e/o deviate dalla sede originaria;
  • - i proprietari ed i conduttori dei terreni utilizzati per le attività agricolo-forestali dovranno garantire la corretta regimazione delle acque superficiali in modo da limitare l'azione erosiva sul suolo da parte delle acque di scorrimento superficiale. A tale scopo si dovranno adottare e mantenere in efficienza sistemazioni idrauliche adeguate alle pratiche agricole in uso.

h. Intubamenti;

  • - sono vietati gli intubamenti, ad eccezione che per i passi carrai, e tutte le operazioni che possono portare all'interramento dei fossi quando non si provveda a definire, in alternativa, un nuovo percorso e un nuovo recapito per le acque di deflusso.

2. GEOSITI. I Geositi ed ogni altra emergenza geologica sono soggetti a tutela assoluta, che si applica anche alle relazioni con il contesto naturale e ambientale (PTCP art 10.6)

Art. 53bis Cave

Il Piano Regionale delle Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili, in seguito denominato PRAER, nel territorio del Comune di Asciano prevede:

  • - per il Settore I: n. 3 siti di risorsa/giacimento;
  • - per il Settore II: n.1 sito di risorsa giacimento
risorse
codice settore località superficie (ha) materiale quadrante
902 I 12 I S. Alberto 50,05 Calcari 121 IV
902 II 4 I Castelnuovo Scalo 20,33 Argille 121 IV
902 III 4 I Castelnuovo Scalo 5,54 Argille 121 IV
OR 902 II 2 II Serre di Rapolano 27,97 Travertino chiaro 121 IV
giacimenti
codice settore località superficie (ha) materiale
902 I 12 I S. Alberto 50,05 Calcari 121 IV
902 II 4 I Castelnuovo Scalo 20,33 Argille 121 IV
902 III 4 I Castelnuovo Scalo 5,54 Argille 121 IV
OR 902 II 2 II Serre di Rapolano 15,35 Travertino chiaro 121 IV
L'ultimo numero riportato nel codice individua la litologia (2: travertini attuali e recenti; calcari detritico organogeni; 4: depositi argillosi di origine fluvio lacustre o marina, talvolta con lenti di sabbia e/o ghiaia o gesso; 12: calcari ben stratificati con o senza intercalazioni marnose, calcari litografici, selciferi, nodulari, calcareniti).

La Legge Regionale 3 novembre 1998, n. 78, oggi in gran parte abrogata, stabiliva che a seguito dell'approvazione del PRAER, avvenuta il 27 febbraio 2007, con Delibera del Consiglio Regionale della Toscana n. 27, fosse demandato alle Province il compito di elaborare il proprio atto di pianificazione di settore in materia di attività estrattiva. Nella medesima legge e nel PRAER erano inoltre stabiliti i contenuti minimi del Piano delle Attività Estrattive di Recupero delle aree escavate e riutilizzo dei residui recuperabili della Provincia, in seguito denominato PAERP, così individuati:

  • la specificazione del quadro conoscitivo delle risorse estrattive, dei giacimenti, dei materiali recuperabili assimilabili individuati dal PRAER e delle risorse essenziali del territorio potenzialmente interessate dai processi estrattivi, nonché il censimento delle attività estrattive in corso;
  • le prescrizioni localizzative delle aree estrattive in relazione al dimensionamento e ai criteri attuativi definiti dal PRAER, ai fini della pianificazione comunale di adeguamento, precisando i criteri e i parametri applicati nella redazione del PAERP per la valutazione degli effetti territoriali, ambientali e igienico-sanitari sulla base delle prescrizioni del PRAER;
  • le interrelazioni con gli altri piani di settore regionali e provinciali interessati;
  • i termini, comunque non superiori a sei mesi, per l'adeguamento della pianificazione comunale al PAERP;
  • le eventuali misure di salvaguardia di cui all'art. 51, comma 3, lettera c, della L.R. 1/2005; (ex art. 21 L.R. 5/1995);
  • il programma di monitoraggio del PAERP anche ai fini della verifica del rispetto del dimensionamento definito dal PRAER.

Il PAERP di Siena, approvato con Delibera del Consiglio Provinciale 18 novembre 2010, n. 123, definisce le Prescrizioni localizzative dei quattro siti previsti nel territorio comunale di Asciano che sono S. Alberto, Poggio dei Sodi (Castelnuovo Scalo), Castelnuovo Scalo Nord (Castelnuovo Scalo) e Acquaviva (Serre di Rapolano), e le relative norme. Il presente articolo recepisce e integra quanto previsto dal PRAER e dal PAERP.

Disposizioni comuni a tutte le aree estrattive

Qualora una stessa area estrattiva sia in disponibilità di più di un soggetto interessato a esercitare l'attività di escavazione il Comune adotta le procedure di cui all'art. 28 della LR 35/2015, promuovendo la costituzione di un consorzio volontario. Nei casi in cui, in relazione al contesto paesaggistico-geomorfologico, alle dimensioni e alle condizioni di accessibilità dell'area estrattiva, si renda necessario realizzare infrastrutture comuni di servizio all'attività estrattiva (strade di accesso e carreggio, recinzione perimetrale, impianti di lavorazione primaria e secondaria, servizi, ...) da condividere tra i diversi gestori, sarà da preferire la realizzazione di un progetto di coltivazione e recupero ambientale unico per tutta l'area.

Nel caso in cui un'area estrattiva sia interessata da vincoli condizionanti, il progetto di coltivazione e il relativo progetto di recupero dovranno tenerne conto, prevedendo le necessarie azioni di mitigazione e minimizzazione degli impatti prevedibili.

Per quanto concerne le prescrizioni per il contenimento dell'impatto visivo, i progetti di coltivazione, dovranno essere impostati su lotti di dimensioni areali e di cubatura tali da prevedere, per quanto possibile, la contestualità tra le attività di coltivazione e le attività di recupero ambientale; dovrà inoltre essere ridotto il più possibile il periodo temporale di esposizione visiva della porzione di cava interessata dalle lavorazioni. In ogni caso non sono attuabili progetti di coltivazione che prevedano l'esecuzione degli interventi di recupero morfologico e vegetazionale solo al termine del completo sfruttamento della cava. L'esercente dell'attività potrà richiedere annualmente lo svincolo dalla polizza fideiussoria prestata a garanzia dell'esecuzione del progetto generale di recupero ambientale, relativamente alla quota parte degli oneri relativi ai lavori eseguiti. Se la cava ricade nel cono di visibilità di recettori sensibili di interesse paesistico, si dovrà provvedere a schermare con essenze vegetali autoctone (arboree e arbustive) la parte esposta della cava. Tali piantumazioni potranno costituire le fasi preliminari del progetto di recupero ambientale vegetazionale.

Il materiale di scoperchiatura del giacimento (suolo ed eventuale materiale sterile) dovrà essere conservato all'interno dell'area estrattiva e riutilizzato in fase di recupero morfologico. Il suolo dovrà essere conservato con gli accorgimenti necessari al fine di evitarne il dilavamento a opera delle acque di precipitazione meteorica; qualora sia previsto il suo stoccaggio per un periodo superiore a un anno si dovrà prevedere il suo inerbimento. Per la ricostituzione del suolo in fase di recupero morfologico potrà essere impiegato anche compost di qualità, certificato.

La tecnica di escavazione dovrà essere scelta in funzione delle caratteristiche del giacimento oggetto di coltivazione. Il progetto dovrà contenere una relazione che dia conto della scelta della tecnica di escavazione più idonea e adottata, valutando attentamente tutte le possibili alternative. L'uso dell'esplosivo è ammissibile solo dove ne sia dimostrata la reale necessità e l'inefficacia delle altre tecniche di escavazione e dove sia dimostrato che il suo impiego rispetto ad altri sistemi di scavo non comporti impatti rilevanti e irreversibili sul contesto territoriale e ambientale; in tali casi potranno essere utilizzati esclusivamente prodotti esplodenti riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive. E' ammesso l'utilizzo dell'esplosivo all'interno di aree SIR, ZPS, o Riserve naturali, unicamente nei casi sopra indicati e previa valutazione di incidenza; tale valutazione dovrà essere condotta anche nei casi in cui l'esplosivo sia impiegato in aree estrattive ubicate al contorno delle suddette aree di tutela.

I progetti di coltivazione dovranno essere corredati da uno studio dettagliato delle emissioni acustiche che ne valuterà la compatibilità con i ricettori presenti, al fine di prevedere efficaci misure di mitigazione dei rumori e delle vibrazioni in misura tale da contenere i valori nei limiti previsti dalla normativa vigente, specialmente in corrispondenza di centri abitati o di residenze sparse, posti in prossimità dell'area estrattiva.

Il progetto di escavazione sarà corredato di uno studio dettagliato delle emissioni diffuse di polveri sottili che analizzerà in modo attento tutte le attività sorgenti, quantificherà le emissioni orarie, ne valuterà la compatibilità con i ricettori presenti, ne determinerà i sistemi di abbattimento e le eventuali attività di monitoraggio se necessarie. Per quanto concerne le prescrizioni relative al contenimento dell'impatto relativo alle emissioni diffuse di polveri sottili nell'atmosfera, dovranno essere utilizzate tecniche di coltivazione e di recupero ambientale che assicurino l'abbattimento delle stesse sia in cava, sia nel trasporto dei materiali all'esterno di essa. L'elaborazione dello studio sulle emissioni diffuse di polveri sottili dovrà essere redatto in conformità a quanto stabilito dall'Allegato 2 al Piano Regionale per la Qualità dell'Aria approvato dal Consiglio Regionale con delibera 18 luglio 2018, n. 72 e in particolare ai sensi delle Linee Guida per la valutazione delle emissioni di polveri provenienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico o stoccaggio di materiali polverulenti.

Al fine di minimizzare i rischi di instabilità dei fronti di scavo e dei versanti interessati dagli scavi nelle aree estrattive, i progetti di coltivazione dovranno essere impostati in modo da evitare la formazione di ristagni d'acqua nelle aree di cava, causati dall'eventuale accumulo di acque di precipitazione meteorica e di scorrimento superficiale; è ammessa la formazione di bacini di raccolta, funzionali alla conduzione dell'attività estrattiva, che dovranno essere oggetto di progettazione nell'ambito del piano di coltivazione della cava e di relativa autorizzazione ai sensi delle norme in materia di concessione di derivazione di acque pubbliche. Gli interventi di recupero ambientale e di definitiva messa in sicurezza dei siti estrattivi devono essere previsti nel progetto, secondo cronoprogrammi che dovranno indicare, con cadenza al massimo biennale la successione degli interventi di sistemazione dei lotti escavati, contemporaneamente all'escavazione di nuovi lotti previsti nel progetto. Per quanto concerne la gestione dei rifiuti da attività di estrazione dovranno essere rispettate le norme di cui al Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 117. Per quanto concerne la gestione degli altri rifiuti speciali prodotti durante le varie fasi di lavorazione dovranno essere rispettate le norme di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Ogni progetto di coltivazione dovrà essere dotato di un apposito Piano di Gestione dei rifiuti finalizzato a incentivarne il recupero e/o il riutilizzo nonché il loro corretto smaltimento.

Nei siti di cava potranno di regola svolgersi anche attività di recupero di rifiuti inerti non pericolosi provenienti da attività di costruzione e demolizione (in seguito denominati C&D). In tal caso sia il piano di coltivazione che il piano di gestione dei rifiuti dovranno fare specifico riferimento a tale attività.

Al fine di assicurare la tutela delle acque superficiali e sotterranee dall'inquinamento, nella gestione dei materiali di cava, dei prodotti di dilavamento dalle superfici esposte dall'attività di escavazione e di sistemazione delle pertinenze del sito estrattivo, dovranno essere adottate misure di contenimento dei detriti e dei sedimenti, onde evitarne il deflusso nel reticolo idrografico esterno all'area estrattiva. Il progetto di coltivazione e recupero della cava dovrà contenere il Piano di gestione delle acque meteoriche dilavanti, ai sensi della DPGR 8 settembre 2008, n. 46/R e ss.mm.ii. che dovrà privilegiare il riutilizzo di tali acque nel ciclo produttivo dell'attività, limitando allo stretto necessario gli attingimenti di acque superficiali e sotterranee. Per il trattamento delle acque dilavanti e di processo si dovranno privilegiare soluzioni tecnologiche che permettano un minore impegno di superficie (quali nastropresse, filtropresse, eccetera), limitando la realizzazione di bacini di decantazione.

Per le aree estrattive di materiali ornamentali, premesso che l'utilizzazione della risorsa lapidea deve essere tesa alla massima valorizzazione degli stessi, si dovrà tenere conto delle seguenti indicazioni e prescrizioni:

  • sono definiti materiali per usi ornamentali: marmi, cipollini, arenarie, graniti, sieniti, alabastri, ardesie, calcari, travertini, tufi, trachiti, basalti, porfidi, ofioliti. I materiali per usi ornamentali si distinguono in due sottogruppi: materiali da taglio: i materiali destinati alla produzione di blocchi, lastre e affini; derivati dei materiali da taglio: materiale proveniente dalla coltivazione di cave di materiali per uso ornamentale, a cui è connesso per dislocazione e contiguità, non idoneo alla produzione di blocchi, lastre ed affini, listelli, nonché materiali di sfrido della riquadratura e del taglio effettuato in cava, destinato alla commercializzazione e oggetto dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attività estrattiva e del progetto di coltivazione che ne stima le quantità;
  • la percentuale minima di resa in materiale ornamentale, come descritto al punto precedente, deve essere del 20% calcolata sui materiali da taglio, con verifiche su base annuale e sulla base delle previsioni del progetto di coltivazione complessivo. I comuni adottano soluzioni finalizzate alla verifica del rispetto di tali quantitativi minimi sia in fase di autorizzazione dei progetti di coltivazione sia, soprattutto, attraverso una puntuale azione di vigilanza nella conduzione delle attività. I progetti dovranno dettagliare la tipologia di derivati dei materiali da taglio e stimarne la quantità, per gli effetti previsti dalla L.R. 35/2015;
  • il progetto di coltivazionedovrà specificare qualità e quatità prodotte dei derivati da materiali da taglio definiti dal punto 2.2. del comma 1 dell'art. 2 della L.R. 35/2015;
  • la tecnica di escavazione deve essere funzionale all'utilizzo ornamentale dei materiali. L'uso dell'esplosivo è vietato; l'uso del martellone è vietato come tecnica principale di coltivazione mentre può essere ammesso per operazioni di scoperchiamento del giacimento, realizzazione e demolizione di piste di arroccamento e di altre infrastrutture, per il disgaggio, per il modellamento in fase di recupero e per la frantumazione delle porzioni rocciose non sfruttabili a fini ornamentali; per quest'ultimo caso dovrà essere dimostrata la necessità di eseguire tali operazioni all'interno dell'area estrattiva.

Per quanto concerne le prescrizioni relative a garantire l'assenza di trasformazioni irreversibili dell'assetto idrogeologico e delle falde idriche e il mantenimento dei livelli qualitativi e quantitativi delle acque di falda preesistenti agli interventi di escavazione, non dovrà essere modificata la geometria degli spessori di depositi inerti naturali che ospitino una falda acquifera permanente oppure che siano comunque rilevanti per l'ambiente e per gli habitat, per tutto lo spessore dell'escursione freatica. A tutela della potenzialità di accumulo idrico e della qualità chimico-fisica della risorsa sotterranea, il franco tra la superficie di massima escavazione e il livello di massima escursione della falda, ove presente, dovrà essere di almeno un metro. La quota del livello piezometrico verrà registrata prima dell'approvazione del progetto di coltivazione e sarà costantemente monitorata da tecnici del comune o da altri da esso incaricati allo scopo.

La conformazione e la gestione delle cave non dovranno produrre modifiche significative nel deflusso idrico superficiale. In caso di interventi di risistemazione che prevedano la formazione di uno specchio d'acqua permanente, questo non potrà essere collocato lungo un corso d'acqua preesistente né intercettarne i sedimenti e le acque (per scorrimento superficiale o sotterraneo).

I progetti di recupero ambientale dovranno essere sempre realizzati e approvati sulla base dei valori paesaggistici, ambientali e territoriali dell'area interessata.

La morfologia finale delle aree estrattive sottoposte a recupero morfologico e vegetazionale dovrà essere scelta in funzione delle dimensioni dell'area interessata. Fermo restando la necessità di progettare il recupero morfologico finale dell'area estrattiva garantendo la stabilità dei versanti a lungo termine, nei casi di cave di monte o collina saranno da preferire morfologie finali a fronte unico inclinato; per le cave di materiale ornamentale, in cui la coltivazione avviene per taglio, è ammessa la morfologia a gradoni. In ogni caso i gradoni dovranno essere realizzati con roccia in posto escludendo la possibilità che si possa ricostruire la morfologia a gradoni con materiale di riporto. Al fine di minimizzare l'impatto visivo dei fronti rocciosi, in attesa del completo recupero ambientale, si dovrà procedere preferibilmente all'ossidazione artificiale, utilizzando prodotti non pericolosi accompagnati da scheda di sicurezza che dovrà essere allegata alla documentazione di progetto.

Le nuove aree estrattive localizzate all'interno di aree a maggiore sensibilità (classe 1 del PTC di Siena vigente) per la vulnerabilità degli acquiferi strategici avendo come riferimento le condizioni topografiche naturali, sono da valutare ed eventualmente progettare conformemente alle norme del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Siena. In particolare saranno da ritenersi:

  • - incompatibili per soggiacenza della falda minore o uguale a 10 m dal piano campagna;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 10 m, ma minore di 50 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 10 % della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 50 m, ma minore di 100 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 15 % della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 100 m, ma minore di 150 m dal piano campagna, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 20% della reale soggiacenza locale;
  • - compatibili per soggiacenza della falda maggiore di 150 m, qualora si prevedano interventi di escavazione che non superino il 30% della reale soggiacenza locale.

La disciplina di cui al comma precedente non si applica:

  • - per le aree nell'ambito delle quali, prima dell'approvazione del PAERP, sono già state autorizzate attività di escavazione sulla base della pianificazione regionale del PRAE;
  • - per le aree dei giacimenti del PAERP ove sia dimostrato, sulla base di dati oggettivi e tramite le procedure di cui all'art. 10.1.4 della Disciplina del PTC, che il giacimento potenzialmente interessato dalla coltivazione non ospita una falda acquifera permanente.

In ogni caso per le attività estrattive localizzate all'interno delle Aree sensibili di classe 1, come definite dal PTCP di Siena:

  • a) i progetti di coltivazione e recupero ambientale dovranno contenere tutti gli accorgimenti necessari per l'eliminazione del rischio di potenziale inquinamento del suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee;
  • b) i progetti dovranno prevedere, per il periodo strettamente necessario e funzionale all'attività di scavo, opere di impermeabilizzazione delle superfici su cui insistono infrastrutture ed eventuali impianti nonché sistemi di captazione e stoccaggio delle acque di pioggia e dilavamento in cisterne e/o pozzetti dimensionati opportunamente per accumulare le acque di prima pioggia, senza che sia possibile generare scarico di queste acque reflue di tipo industriale;
  • c) il piano di coltivazione dovrà privilegiare, nell'ambito del processo produttivo, il riutilizzo delle acque meteoriche dilavanti e delle acque di processo recuperate, limitando allo stretto necessario gli scarichi idrici e gli attingimenti di acque superficiali e sotterranee. Gli eventuali scarichi idrici prodotti dovranno essere oggetto di un opportuno trattamento che garantisca il perseguimento di elevati standard di qualità. I sistemi di trattamento da preferire in questi casi sono quelli per fitodepurazione mentre la subirrigazione è ammessa unicamente per gli scarichi domestici e solo previa dimostrazione della capacità di depurazione del terreno prima che il refluo possa giungere ad interessare la falda acquifera sottesa;
  • d) il piano di coltivazione non potrà prevedere stoccaggi di oli, carburanti o altre sostanze potenzialmente inquinati che non siano strettamente funzionali all'attività di cava e in quantità indispensabili a soddisfare il fabbisogno quindicinale di tutti i mezzi operanti. Le aree di stoccaggio di tali materiali dovranno essere dotate di idonea copertura e realizzate con le soluzioni tecniche adeguate ad eliminare ogni possibile rischio di sversamento, anche accidentale, delle sostanze conservate;
  • e) il piano di coltivazione dovrà prevedere la realizzazione di un'area coperta ed impermeabilizzata e dotata di sistema di drenaggio e raccolta di eventuali sversamenti, dedicata alle eventuali operazioni di rifornimento dei mezzi d'opera e trasporto, se previste dal piano di coltivazione; il rifornimento non potrà mai avvenire al di fuori dell'area attrezzata;
  • f) le eventuali operazioni di manutenzione dei mezzi d'opera e trasporto che si rendesse necessario eseguire all'interno dell'area estrattiva dovranno essere condotte in apposita area impermeabilizzata e dotati di cordoli perimetrali e sistemi di raccolta di eventuali sversamenti accidentali in modo da impedire ogni contatto con il terreno;
  • g) le attività di recupero di rifiuti inerti non pericolosi, provenienti da attività di C&D, devono prevedere tutti gli accorgimenti necessari a evitare ogni possibile contatto diretto dei rifiuti inerti e delle acque di dilavamento, con il suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee. Tale attività dovrà essere prevista dal progetto di coltivazione che dovrà contenere tutti gli elaborati tecnici descrittivi necessari.

Per i progetti di ripristino ambientale dovranno essere verificati anche gli indirizzi del PIT-PPR per gli elementi della Rete ecologica regionale delle aree limitrofe ai siti estrattivi, in modo che il progetto di ripristino concorra al miglioramento della qualità e permeabilità ecologica e in generale al raggiungimento degli obiettivi del PIT-PPR anche per quanto riguarda l'Invariante II "I caratteri ecosistemici del paesaggio".

Disciplina specifica per le singole aree estrattive

S.Alberto

Comune Asciano
Denominazione della cava S. Alberto
Località S. Alberto
Codice PAERP della cava 902 I 15 - S.ALBERTO
Uso attuale del suolo Attività estrattiva
Prescrizione localizzativa (ha) 22.91
Denominazione della cava S. Alberto

ndirizzi per la coltivazione della cava: la coltivazione potrà proseguire per spianamenti orizzontali oppure per gradoni, in approfondimento rispetto alle quote attuali, e in relazione alle caratteristiche litotecniche del materiale oggetto di sfruttamento, potrà essere impiegato l'esplosivo come metodo principale di coltivazione. Fermo restando il perimetro dell'area estrattiva, corrispondente a quello rappresentato nella planimetria inclusa nel presente articolo, la massima quota di fondo scavo prevista è di 370 m s.l.m.. L'area impianti attuale potrà ospitare anche l'attività di produzione di filler calcareo, nonché quella di recupero rifiuti speciali non pericolosi. Particolare attenzione dovrà essere riservata ai seguenti temi che dovranno essere puntualmente e adeguatamente sviluppati in fase progettuale:

Durante la progettazione dovranno essere attuate le seguenti prescrizioni:

  • porre particolare attenzione alla gestione delle attività che comportino l'utilizzo di sostanze potenzialmente inquinanti, quali a esempio i rifornimenti di carburante, la manutenzione dei mezzi d'opera, delle macchine operatrici e degli impianti fissi e mobili;
  • particolare attenzione alla gestione delle acque di processo le quali dovranno essere trattate e riutilizzate nell'ambito del medesimo ciclo produttivo;
  • divieto di ulteriori ampliamenti della struttura di deposito dei rifiuti di estrazione presente nel perimetro estrattivo, già utilizzata per lo stoccaggio dei limi di decantazione filtropressati e contestuale completamento del suo recupero;
  • attuazione di un sistema di monitoraggio dei possibili impatti sulle risorse idriche sotterranee con la realizzazione di alcuni piezometri e l'analisi periodica delle acque in relazione agli inquinanti presenti nel ciclo produttivo;
  • necessità di prevedere adeguati interventi per l'abbattimento delle emissioni diffuse di polveri sottili, legate soprattutto all'attività dell'area impianti, dei piazzali di manovra, delle piste e delle strade di accesso che appaiono le aree maggiormente esposte al problema. Viste le quantità di materiali estratti e la tipologia delle lavorazioni svolte è ipotizzabile un impatto significativo sulla qualità dell’aria; per tale motivo durante le valutazioni finalizzate alle mitigazioni delle emissioni diffuse di polveri sottili si ritiene debba essere valutata la realizzazione di interventi di captazione localizzata delle emissioni diffuse di polveri e il loro convogliamento a un impianto di abbattimento, nonché quella di confinare in ambiente chiuso le lavorazioni/impianti più impattanti al fine di rendere più efficace il contenimento e la captazione delle stesse;
  • elaborazione di un piano di monitoraggio dell’impatto acustico finalizzato a verificare i risultati dai calcoli previsionali e dell’efficacia delle misure di mitigazione adottate. Il piano deve prevedere, laddove consentito l’accesso, anche misure all’interno e all'esterno degli ambienti abitativi dei recettori sensibili per la verifica del rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente. L’accesso per le misurazioni da eseguire presso i recettori sensibili dovrà essere preventivamente concordato con i proprietari degli stessi i quali avranno la facoltà di prevedere la presenza di un proprio tecnico competente in acustica ambientale per effettuare, qualora lo ritenessero opportuno, proprie misurazioni in contraddittorio;
  • valutazione del disturbo alle persone dovuto alle vibrazioni prodotte dai brillamenti delle volate in cava, ai sensi della norma UNI 9614 e definizione delle modalità di comunicazione ai residenti limitrofi alla cava di data e ora di brillamento delle volate;
  • valutazione del disturbo alle persone dovuto alle emissioni sonore prodotte dagli impianti di frantumazione, selezione e lavaggio, con conseguente previsione, ove necessario, di adeguati interventi per l'abbattimento delle emissioni acustiche

Indirizzi per il recupero ambientale dell’area: iI progetto di recupero ambientale morfologico e vegetazionale dovrà prevedere la sistemazione dei fronti di scavo utilizzando il suolo e il materiale sterile per il recupero morfologico. In relazione alle dimensioni del sito e alla sua collocazione in area sensibile di classe 1 per la vulnerabilità degli acquiferi, è da limitare il ricorso al riempimento della depressione creata a seguito dell'escavazione. L'area dovrà essere ricondotta all'uso del sudo originario con la messa a dimora di essenze arboree autoctone.

Castelnuovo Scalo Sud - Poggio dei Sodi

Comune Asciano
Denominazione della cava Castelnuovo Scalo Sud - Poggio dei Sodi
Località Castelnuovo Berardenga Scalo
Codice PAERP della cava 902 II 4 - Castelnuovo Scalo Sud
Uso attuale del suolo Agricolo
Prescrizione localizzativa (ha) 18.16

Interferenze con vincoli presenti: Vincolo idrogeologico (LR 39/2000). Vista la vicinanza con la ZSC/ZPS Crete di Camposodo e Crete di Leonina l’attività estrattiva di Castelnuovo Scalo Sud dovrà essere sottoposta a una nuova procedura di screening nella successiva fase progettuale, finalizzata a verificare l’assenza sulla ZSC/ZPS Crete di Camposodo e Crete di Leonina, di effetti derivanti dalle scelte progettuali adottate, in particolare per quanto riguarda la gestione delle acque meteoriche dilavanti, il recupero ambientale e il rumore prodotto in fase di coltivazione; per quanto riguarda quest’ultimo punto, l’analisi previsionale dell’impatto acustico dovrà contenere tra i recettori sensibili, sui quali eseguire le misure fonometriche, anche la ZSC/ZPS Crete di Camposodo e Crete di Leonina.

Interferenze con emergenze individuate dal PTCP: Tessitura agraria a maglia media: seminativi collinari.

Indirizzi per la coltivazione della cava:: il progetto di coltivazione prevederà I’escavazione per spianamenti orizzontali. L'attività di escavazione dovrà essere accompagnata da un'attenta gestione della rete di regimazione e smaltimento delle acque di precipitazione meteorica in quanto per la naturale impermeabilità dei terreni oggetti di sfruttamento, il deflusso superficiale assume notevole valenza rispetto all'infiltrazione nel sottosuolo praticamente nulla. Al fine di ricondurre l'area al termine della coltivazione al suo uso originario del suolo (agricolo) particolare attenzione e cura dovranno essere poste nella conservazione del suolo in quanto già allo stato naturale si presenta di limitato spessore e scarsamente evoluto, e per tali motivi di notevole importanza. Essendo la cava collegata alla fornace il suolo potrà essere conservato anche al di fuori dell'area estrattiva, nell'ambito dei piazzali di stoccaggio della fornace stessa. In considerazione dell'esposizione visiva e della tipologia di materiale estratto che non necessita operazioni di lavorazione a mezzo impianti fissi o mobili nel cantiere di produzione, l'area non si presta all'installazione di impianti di recupero di rifiuti speciali non pericolosi da C&D che quindi non potranno essere realizzati. Indirizzi per il recupero ambientale dell’area: iI progetto di recupero morfologico e vegetazionale dovrà prevedere la realizzazione di versanti debolmente inclinati. L‘area dovrà essere ricondotta all'uso originario del suolo.

Castelnuovo Scalo Nord

Comune Asciano
Denominazione della cava Castelnuovo Scalo Nord
Località Castelnuovo Berardenga Scalo
Codice PAERP della cava 902 III 4 - Castelnuovo Scalo Nord
Uso attuale del suolo Agricolo
Prescrizione localizzativa (ha) 10.16

Interferenze con vincoli presenti: Vincolo idrogeologico (LR 39/2000). Vista la vicinanza con la ZSC/ZPS Crete di Camposodo e Crete di Leonina l’attività estrattiva di Castelnuovo Scalo Nord dovrà essere sottoposta a una nuova procedura di screening nella successiva fase progettuale, finalizzata a verificare l’assenza sulla ZSC/ZPS Crete di Camposodo e Crete di Leonina, di effetti derivanti dalle scelte progettuali adottate, in particolare per quanto riguarda la gestione delle acque meteoriche dilavanti, il recupero ambientale e il rumore prodotto in fase di coltivazione; per quanto riguarda quest’ultimo punto, l’analisi previsionale dell’impatto acustico dovrà contenere tra i recettori sensibili, sui quali eseguire le misure fonometriche, anche la ZSC/ZPS Crete di Camposodo e Crete di Leonina.

Interferenze con emergenze individuate dal PTCP: Tessitura agraria a maglia media: seminativi collinari.

Indirizzi specifici per la coltivazione della cava: il progetto di coltivazione prevederà I’escavazione per spianamenti orizzontali. L'attività di escavazione dovrà essere accompagnata da un'attenta gestione della rete di smaltimento delle acque di precipitazione meteorica in quanto per la naturale impermeabilità dei terreni oggetti di sfruttamento, il deflusso superficiale assume notevole valenza rispetto all’infiltrazione nel sottosuolo che risulta praticamente nulla. Al fine di ricondurre l'area, al termine della coltivazione, all’uso originario del suolo (agricolo), particolare attenzione e cura dovranno essere poste nella conservazione del suolo in quanto già allo stato naturale si presenta di limitato spessore e scarsamente evoluto, e per tali motivi di notevole importanza. Essendo la cava collegata alla fornace il suolo potrà essere conservato anche al di fuori dell'area di cava, nell’ambito dei piazzali di stoccaggio della fornace. In considerazione dell'esposizione visiva e della tipologia di materiale estratto che non necessita operazioni di lavorazione con impianti fissi o mobili nel cantiere di produzione, l'area non si presta all'installazione di impianti di recupero rifiuti da C&D che non potranno essere realizzati.

Indirizzi specifici per il recupero ambientale dell’area: la morfologia dell'area e la tipologia del materiale oggetto di coltivazione si prestano a un recupero morfologico che prevede la realizzazione di versanti inclinati. L’area potrà essere ricondotta all‘uso originario del suolo ed eventualmente all‘istallazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. fermo restando la necessità di verificare le interferenze con gli aspetti paesaggistici.

Acquaviva

Comune Asciano
Denominazione della cava Acquaviva
Località P. Acquaviva
Codice PAERP della cava OR 902 II 2 A - Acquaviva
Uso attuale del suolo Attività estrattiva
Prescrizione localizzativa (ha) 2.54

Interferenze con vincoli presenti: Vincolo idrogeologico (LR 39/2000).

Interferenze con emergenze individuate dal PTCP: Tessitura agraria a maglia media: seminativi collinari Acquiferi di classe 1, Acquiferi di classe 2.

Indirizzi specifici per la coltivazione della cava: la zona insiste in aree sensibili di classe I per la tutela degli acquiferi. Particolare attenzione dovrà essere riservata ai seguenti temi che dovranno essere puntualmente e adeguatamente sviluppati in fase progettuale:

Durante la progettazione dovrà essere posta particolare attenzione ai seguenti fattori:

  • gestione delle attività che comportino l'utilizzo di sostanze potenzialmente inquinanti, quali a esempio i rifornimenti di carburante, la manutenzione dei mezzi d’opera, delle macchine operatrici e degli impianti fissi e mobili;
  • gestione delle acque di processo le quali dovranno essere trattate e riutilizzate nell'ambito del medesimo ciclo produttivo;
  • attuazione di un sistema di monitoraggio dei possibili impatti sulle risorse idriche sotterranee con la realizzazione di alcuni piezometri e l'analisi periodica delle acque in relazione agli inquinanti presenti nel ciclo produttivo;
  • necessità di prevedere adeguati interventi per l'abbattimento delle emissioni diffuse di polveri sottili, legate soprattutto all'attività dei piazzali di manovra, delle piste e delle strade di accesso che appaiono le aree maggiormente esposte al problema.

Indirizzi specifici per il recupero ambientale dell’area: al termine della coltivazione l'area dovrà essere ricondotta all’uso del suolo originario previo tombamento delle aree escavate. Tuttavia potranno essere valutate anche ipotesi alternative di sistemazione che prevedano una morfologia finale anche con previsione di gradoni e pareti verticali le quali non dovranno essere di pregiudizio per la sicurezza sia legata alla possibilità di caduta dall’alto che per quanto riguarda l’instabilità dei residui dei fronti di scavo.

Art. 54 Calanchi e biancane

1. I calanchi, le biancane, sia nello stadio di forme erosive coperte di vegetazione pioniera, sia nelle situazioni di riaffermazione totale e parziale di arbusteti, sono soggetti a tutela integrale, che non consente alcun tipo di trasformazione, sia edilizia che colturale, né morfologica. In particolare:

  • - non è consentito il sotterramento delle forme morfologiche tramite aratura e/o seppellimento;
  • - non è consentito effettuare lavorazioni agrarie in una fascia di m 5 di larghezza calcolata a partire dall'orlo esterno della forma;
  • - vanno evitati lo spianamento e la trasformazione in seminativi.
  • - è altresì vietata qualsiasi forma di utilizzazione della vegetazione forestale insediatasi naturalmente, in quanto avente funzione protettiva e idrogeologica. Gli unici tagli consentiti sono quelli fitosanitari a carico delle sole piante morte, deperienti e secche, allo scopo di ridurre il rischio di incendi;
  • - sono consentite esclusivamente le opere e le attività volte al miglioramento dell'assetto idrogeologico, ove non in contrasto con eventuali aspetti naturalistici e paesaggistici e quelle volte alla conservazione di tali aspetti.

3. Nel caso in cui le azioni erosive minaccino opere ed infrastrutture, gli interventi tesi alla mitigazione dei processi erosivi dovranno essere valutati alla luce anche di specifici studi di compatibilità ambientale e paesaggistica.

Art. 55 Fasce di rispetto lungo i corsi d'acqua

1. Tutti i corsi d'acqua del territorio comunale sono soggetti alle disposizioni del presente articolo, fatte salve le ulteriori competenze in materia del Genio Civile e degli altri Enti preposti.

2. Su ambedue le sponde dei corsi d'acqua è istituita una fascia di rispetto pari a un minimo di 10 metri dal piede esterno dell'argine o, nel caso di corsi d'acqua non arginati, dal ciglio di sponda.

3. La fascia di rispetto, oltre a garantire la conservazione delle funzioni biologiche caratteristiche dell'ambito ripariale, assicura la piena efficienza delle sponde e la funzionalità delle opere idrauliche facilitandone le operazioni di manutenzione.

4. All'interno della fascia di rispetto, che comprende anche le sponde interne e l'alveo:

  • - è vietato qualsiasi tipo di edificazione, comprese le recinzioni; sono consentiti solamente interventi di sistemazione a verde, con percorsi pedonali e ciclabili, ma senza attrezzature fisse;
  • - è vietato ogni tipo di impianto tecnologico, salvo le opere attinenti alla corretta regimazione dei corsi d'acqua, alla regolazione del deflusso di magra e di piena, alle derivazioni e alle captazioni per approvvigionamento idrico e al trattamento delle acque reflue, nonché le opere necessarie all'attraversamento viario e all'organizzazione di percorsi ciclopedonali e/o ippici e funzionali alle pratiche agricole meccanizzate;
  • - sono vietati i movimenti di terra che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente il profilo del terreno con la sola eccezione di quelli connessi ai progetti di recupero ambientale;
  • - è vietata ogni immissione di reflui non depurati, mentre sono ammessi solo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione riparia, al miglioramento del regime idraulico (quale la pulizia dell'alveo).

5. In tutti i casi in cui sia prevista la demolizione con ricostruzione di edifici posti a distanza inferiore di ml. 10,00 dai corsi d'acqua, si prescrive la collocazione al di fuori nella successiva ricostruzione, ai sensi del R.D. 523/1904. Gli scarichi esistenti ed in uso dovranno uniformarsi alla disposizione di cui al precedente comma 4.

Art. 56 Salvaguardia delle acque sotterranee e tutela dei pozzi ad uso acquedottistico e corpi idrici termali

1. Le caratteristiche idrogeologiche del substrato del territorio comunale sono tali da non permettere lo sviluppo di importanti falde acquifere che possano essere sfruttate per un uso acquedottistico, per questo non si rileva la necessità di adottare particolari misure di salvaguardia.

2. Intorno ai pozzi della rete acquedottistica, utilizzati per l'approvvigionamento idrico, è individuata la zona di rispetto con una superficie circolare di raggio pari a 200 metri, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Per un raggio di 10 metri dal punto di captazione è istituita, invece, la zona di tutela assoluta. All'interno della zona di rispetto sono vietate le seguenti attività e/o destinazioni d'uso:

  • - dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
  • - accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
  • - spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
  • - dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade;
  • - aree cimiteriali;
  • - apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
  • - apertura di pozzi a eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione e alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
  • - gestioni di rifiuti;
  • - stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
  • - centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
  • - pozzi perdenti;
  • - pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione.

3. Le aree afferenti ai corpi idrici termali sono individuate dalla Provincia nella Tav. ST_IG_2 - Carta delle Zone di Protezione Ambientale della risorsa idrica minerale, di sorgente e termale del PTCP, come zone di protezione ambientale della risorsa idrica minerale, di sorgente e termale per assicurare e mantenere le caratteristiche qualitative delle acque minerali, di sorgente e termali oggetto di sfruttamento, sulla base di specifiche caratteristiche idrogeologiche, cos&igrave come definito dall'art. 18 comma 1 lett. b e del comma 3 della LRT 38/2004 e successive modifiche ed integrazioni. Per tali aree valgono le seguenti prescrizioni:

  • - l'utilizzo di acque fredde sotterranee non termali estratte dalle aree di ricarica dell'acquifero geotermico regionale deve essere limitato al solo utilizzo idropotabile e, solo se non esistono valide alternative, per tutti gli usi consentiti (Regolamento Provinciale per le autorizzazioni e concessioni dei prelievi di acque superficiali e sotterranee e delle opere idrauliche interferenti con il reticolo idrografico) e comunque nel rispetto di quanto previsto dall'art. 94 del D.Lgs 152/2006 relativamente alle aree di salvaguardia dei pozzi ad uso idropotabile;
  • - gli enti competenti rilasciano, all'interno delle zone di protezione ambientale, nuovi permessi di ricerca e nuove concessioni di coltivazione delle risorse minerali e termali, a fronte della presentazione di idonei studi idrogeologici, al fine di dimostrare la non incidenza in termini qualitativi e quantitativi sulla risorsa termale attualmente in uso autorizzati o eventuali sorgenti naturali;
  • - ulteriori ricerche e sfruttamento delle acque termali e dei gas ad esse associati (prevalentemente CO2) sono concesse, all'interno delle zone di protezione ambientale, a fronte della presentazione di idonei studi idrogeologici, al fine di dimostrare la non incidenza in termini qualitativi e quantitativi sulla risorsa termale attualmente in uso autorizzato o eventuali sorgenti naturali;
  • - nel caso in cui le zone di protezione ambientale presentino estensione intercomunale, valgono le prescrizioni di cui al comma 3 dell'art. 10.1.5. del PTCP;
  • - qualora venga rilasciata una nuova concessione di coltivazione, l'estensione della nuova area di protezione ambientale generata non deve avere dimensioni inferiori ai 5 Km cos&igrave come sopra determinati, ma se supportata da adeguati studi di carattere geologico, che permettano di superare il limite meramente geometrico, può essere modificata in estensione; all'interno della nuova area vige la disciplina del PTC di cui all'art. 10.1.6.

Art. 57 Aree tartufigene

1. All'interno delle aree tartufigene si devono osservare le seguenti prescrizioni:

  • - non è ammessa la realizzazione di nuove strade, di qualsiasi sezione e tipo (anche temporanee), di infrastrutture a rete interrate e/o di recinzioni;
  • - non possono essere effettuati movimenti di terra, operazioni di aratura, uso di fitofarmaci ed in particolare di diserbanti, non è possibile il pascolo del bestiame;
  • - sono consentite, previa autorizzazione da parte degli organi competenti, operazioni di taglio delle piante;
  • - sono consentiti, previa autorizzazione da parte degli organi competenti, l'uso di mezzi pesanti e le operazioni sugli argini solo in caso di dimostrata necessità per una migliore regimazione delle acque;
  • - non è ammesso il cambio d'uso del soprassuolo boschivo mentre è ammesso il taglio delle piante infestanti e/o non idonee all'habitat tartufigeno;

2. Eventuali interventi di taglio e disboscamento dal confine del perimetro delle aree tartufigene devono essere, comunque, preventivamente sottoposti all'autorizzazione degli organi competenti; tali operazioni non devono, in ogni caso, comportare il danneggiamento della tartufaia.

Art. 58 Fasce di rispetto stradale

1. Sono le aree poste ai lati delle strade e costituiscono aree per la sicurezza stradale, nonché per eventuali ampliamenti futuri delle stesse.

2. Le fasce di rispetto sono quelle previste dal Nuovo Codice della strada D.lgs. n.285/1992 da osservarsi nella nuova edificazione o nella ricostruzione fuori dei centri abitati:

  • 30 m per le strade extraurbane secondarie tipo C;
  • 20 m per le strade locali tipo F;
  • 10 m per le strade vicinali tipo F.

3. Entro tali aree è vietata l'edificazione; sono consentiti interventi di ampliamento della viabilità esistente, realizzazione di nuove viabilità o corsie di servizio, reti di pubblici servizi, aree di parcheggio, percorsi pedonali e ciclabili, sistemazioni a verde e tutto quanto strettamente necessario alla funzionalità delle infrastrutture stradali.

4. Per gli edifici esistenti ricadenti all'interno di tali fasce sono consentiti gli interventi riferiti allo specifico ambito o sistema di cui alle norme del presente R.U. per il patrimonio edilizio esistente purché gli interventi previsti non comportino l'avanzamento degli edifici esistenti verso il fronte stradale.

5. Nella nuova costruzione all'interno dei centri abitati si deve comunque, per ogni tipo di strade, osservare la distanza minima di 5,00 m.

Art. 59 Fasce di rispetto ferroviarie

1. Ai sensi del DPR 753 del 11/07/1980 vanno mantenute fasce di rispetto non inferiori a m 30 dalla più vicina rotaia per costruzione, ricostruzione o ampliamento di manufatti di qualsiasi specie (Art. 49) ed è altresì vietato rilasciarne i relativi atti abilitativi (Art. 50).

2. Per quanto riguarda la messa a dimora di piante, siepi, muri di cinta e recinzioni di qualunque genere vanno rispettate le distanze di cui all'Art. 52 del succitato decreto.

3. Fermo restando il vincolo dei m 30 per ogni nuova edificazione, i soggetti attuatori potranno chiedere all'autorità competente deroghe per ridurre le fasce fino a m 20 per gli edifici e fino a m 15 per parcheggi, strade e opere di urbanizzazione in genere.

Art. 60 Aree di rispetto cimiteriale

1. Ai sensi dell'art. 28 L.166/2002 il vincolo cimiteriale è di ml. 200. E' vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.

Titolo IV Fattibilità geologica sismica e idraulica delle azioni di Piano

Art. 61 Disposizioni relative alle condizioni di pericolosità e fattibilità geologica, idraulica e sismica.

1. Le modalità di realizzazione degli interventi sul patrimonio edilizio esistente e di trasformazione urbanistico-edilizia che abbiano rilevanza sotto il profilo geologico e idraulico sono subordinate alla classificazione e alle prescrizioni delle classi di fattibilità. Le fattibilità degli interventi sul patrimonio edilizio esistente e di trasformazione edilizia previsti dal R.U., deriva dalla classificazione della pericolosità idraulica, geologica e sismica riportate nelle Tavv. Tug1, Tug2 e Tug9 del R.U.

2. La fattibilità idraulica, geomorfologica e sismica dei singoli interventi previsti dal R.U. è riportata nelle schede di progetto e nel quadro sinottico che segue e si riferisce a tutte le aree di trasformazione, agli interventi patrimonio edilizio esistente e a tutti gli interventi strategici di recupero e/o trasformazione.

3. Con l'entrata in vigore del DPGR 25 ottobre 2011 n° 53/R si è reso necessario adeguare il quadro conoscitivo con le nuove disposizioni normative relativamente ai tre gradi di pericolosità.

4. A seguito della Delibera n. 232, del 17 Dicembre 2015, circa il Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (PGRA) del Distretto Idrografico dell'Appennino Settentrionale, è stata recepita la relativa Disciplina di Piano.

5. Di seguito vengono riportate le definizioni delle pericolosità geologica, idraulica e sismica così come definite nel DPGR 53/R-2011:

61.1 - Aree a pericolosità geologica

Pericolosità geologica molto elevata (G.4):

  • − aree in cui sono presenti fenomeni attivi e relative aree di influenza,
  • − aree interessate da soliflussi.

Pericolosità geologica elevata (G.3):

  • − aree in cui sono presenti fenomeni quiescenti;
  • − aree con potenziale instabilità connessa alla giacitura, all'acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico;
  • − aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza;
  • − aree caratterizzate da terreni con scadenti caratteristiche geotecniche;
  • − corpi detritici su versanti con pendenze superiori al 25%.

Pericolosità geologica media (G.2):

  • - aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi e stabilizzati (naturalmente o artificialmente);
  • - aree con elementi geomorfologici, litologici e giaciturali dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto;
  • - corpi detritici su versanti con pendenze inferiori al 25%.
  • Pericolosità geologica bassa (G.1):
  • - aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche, giaciturali non costituiscono fattori predisponenti al verificarsi di processi morfoevolutivi.

61.2 - Aree a pericolosità idraulica

Pericolosità idraulica molto elevata (I.4):

- aree interessate da allagamenti per eventi con Tr ≤ 30 anni.

Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità molto elevata le aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali ricorrano contestualmente le seguenti condizioni:

  • a) vi sono notizie storiche di inondazioni;
  • b) sono morfologicamente in situazione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica elevata (I.3):

- aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 30 < TR ≤ 200 anni.

Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici, rientrano in classe di pericolosità elevata le aree di fondovalle per le quali ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • a) vi sono notizie storiche di inondazioni;
  • b) sono morfologicamente in condizione sfavorevole di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a metri 2 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica media (I.2):

- aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 200

Fuori dalle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative e infrastrutturali, in presenza di aree non riconducibili agli ambiti di applicazione degli atti di pianificazione di bacino e in assenza di studi idrologici e idraulici rientrano in classe di pericolosità media le aree di fondovalle per le quali ricorrano le seguenti condizioni:

  • a) non vi sono notizie storiche di inondazioni;
  • b) sono in situazione di alto morfologico rispetto alla piana alluvionale adiacente, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica bassa (I.1):

- aree collinari o montane prossime ai corsi d'acqua per le quali ricorrono le seguenti condizioni:

  • a) non vi sono notizie storiche di inondazioni;
  • b) sono in situazioni favorevoli di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a metri 2 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

61.3 - Aree a pericolosità sismica locale

Pericolosità sismica locale molto elevata (S.4):

- zone suscettibili di instabilità di versante attiva che pertanto potrebbero subire una accentuazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici;

Pericolosità sismica locale elevata (S.3):

- zone suscettibili di instabilità di versante quiesciente che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici;

- zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti che possono dar luogo a cedimenti diffusi;

- terreni suscettibili di liquefazione dinamica;

- zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche significativamente diverse;

- aree interessate da deformazioni legate alla presenza di faglie attive e faglie capaci (faglie che potenzialmente possono creare deformazione in superficie);

- zone stabili suscettibili di amplificazioni locali caratterizzati da un alto contrasto di impedenza sismica atteso tra copertura e substrato rigido entro alcune decine di metri;

Pericolosità sismica locale media (S.2):

- zone suscettibili di instabilità di versante inattiva e che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici;

- zone stabili suscettibili di amplificazioni locali (che non rientrano tra quelli previsti per la classe di pericolosità sismica S.3);

Pericolosità sismica locale bassa (S.1):

zone stabili caratterizzate dalla presenza di litotipi assimilabili al substrato rigido in affioramento con morfologia pianeggiante o poco inclinata e dove non si ritengono probabili fenomeni di amplificazione o instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

61.4 - Cartografia di adeguamento del quadro conoscitivo del Piano Strutturale

1. Con l'entrata in vigore del DPGR 53/R 2011 si è reso necessario aggiornare e realizzare nuove cartografie per l'adeguamento del quadro conoscitivo comunale:

TAVOLE N° SCALA DI RIFERIMENTO

Tug1 - Carta delle aree a pericolosità geologica 4 1:10.000

Tug1a - Carta aree a pericolosità geologica dei centri urbani 1 1:5.000 - 1:2.000

Tug2 - Carta delle aree a pericolosità idraulica 4 1:10.000

Tug2a - Carta delle aree a pericolosità idraulica dei centri urbani 1 1:5.000 - 1:2.000

Tug3 - Microzonazione sismica - Carta geologica 1 1:10.000

Tug4 - Microzonazione sismica - Sezioni geologico-tecniche 1 1:10.000

Tug5 - Microzonazione sismica - Carta geologico-tecnica per la microzonazione sismica 1 1:10.000

Tug6 - Microzonazione sismica - Carta delle indagini 1 1:10.000

Tug7 - Microzonazione sismica - Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica 1 1:10.000

Tug8 - Microzonazione sismica - Carta delle frequenze fondamentali 1 1:10.000

Tug9 - Microzonazione sismica - Carta delle aree a pericolosità sismica locale 1 1:10.000

2. Rimangono invariate le seguenti cartografie del quadro conoscitivo del Piano Strutturale approvato con D.C.C. n. 27 del 21.04.2009:

QUADRO CONOSCITIVO TAVOLE N° SCALA DI RIFERIMENTO

Carta geologica QC02-g01 4 1:10000

Carta geologica dei centri abitati QC02-g01a 1 1:5000 - 1:2000

Sezioni geologiche QC02-g01b 1 1:10000 - 1:5000 - 1:2500

Carta geomorfologica QC02-g02 4 1:10000

Carta geomorfologica dei centri abitati QC02-g02a 1 1:5000 1:2000

Carta litologico-tecnica QC02-g03 4 1:10000

Carta litologico-tecnica dei centri abitati QC02-g03a 1 1:5000 - 1:2000

Carta idrogeologica QC02-g04 4 1:10000

Carta idrogeologica dei centri abitati QC02-g04a 1 1:5000 - 1:2000

Carta delle pendenze QC02-g05 4 1:10000

Carta delle aree allagabili QC02-g06 4 1:10000

Carta delle aree allagabili dei centri urbani QC02-g06a 1 1:5000 - 1:2000

Carta della vulnerabilità degli acquiferi QC02-g07 4 1:10000

Carta della stabilità potenziale integrata dei versanti QC02-g08 4 1:10000

In riferimento alle aree ricadenti nel Bacino di interesse nazionale del Fiume Arno si recepisce la perimetrazione e le Norme di Piano senza modifiche rispetto a quelle già approvate con il P.S..

61.5 - Classificazione della fattibilità

1. La fattibilità geologica, idraulica e sismica dei singoli interventi previsti dal Regolamento Urbanistico è riportata nelle schede di progetto del R.U. e si riferisce a tutte le aree di trasformazione, agli interventi patrimonio edilizio esistente e a tutti gli interventi strategici di recupero e/o trasformazione. Le condizioni di attuazione delle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali sono differenziate secondo le seguenti categorie di fattibilità:

Condizioni generali di fattibilita'

61.5.1 - Classe di Fattibilità F.4

1. Fattibilità limitata. si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali la cui attuazione è subordinata alla realizzazione di interventi di messa in sicurezza che vanno individuati e definiti in sede di redazione del medesimo regolamento urbanistico, sulla base di studi, dati da attività di monitoraggio e verifiche atte a determinare gli elementi di base utili per la predisposizione della relativa progettazione.

61.5.2 - Classe di Fattibilità F.3

1. Fattibilità condizionata. si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali, ai fini della individuazione delle condizioni di compatibilità degli interventi con le situazioni di pericolosità riscontrate, è necessario definire la tipologia degli approfondimenti di indagine da svolgersi in sede di predisposizione dei piani complessi di intervento o dei piani attuativi o, in loro assenza, in sede di predisposizione dei progetti edilizi.

61.5.3 - Classe di Fattibilità F.2

1. Fattibilità con normali vincoli. si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali è necessario indicare la tipologia di indagini e/o specifiche prescrizioni ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all'attività edilizia.

61.5.4 - Classe di Fattibilità F.1

1. Fattibilità senza particolari limitazioni. si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali non sono necessarie prescrizioni specifiche ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all'attività edilizia.

così come previsto dal DPGR 53R/2011 è stata distinta la fattibilità in funzione delle situazioni di pericolosità riscontrate per i diversi fattori: geologici, idraulici e sismici, ai fini di una più agevole e precisa definizione delle condizioni di attuazione delle previsioni. Di seguito vengono riportate i criteri di fattibilità geologica, idraulica e sismica così come definiti nel DPGR 53/R-2011.

61.6 - Criteri generali di fattibilità in relazione alla pericolosità geologica.

1. Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geologica molto elevata è necessario rispettare i seguenti criteri generali:

  • a) non sono da prevedersi interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture che non siano subordinati alla preventiva esecuzione di interventi di consolidamento, bonifica, protezione e sistemazione;
  • b) gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da:
    • -non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti;
    • -non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi;
    • -consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  • c) in presenza di interventi di messa in sicurezza devono essere predisposti ed attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;
  • d) l'avvenuta messa in sicurezza conseguente la realizzazione ed il collaudo delle opere di consolidamento, gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato e la delimitazione delle aree risultanti in sicurezza sono da certificare;
  • e) relativamente agli interventi per i quali sia dimostrato il non aggravio delle condizioni di instabilità dell'area, nel titolo abilitativo all'attività edilizia è dato atto della sussistenza dei seguenti criteri:
    • -previsione, ove necessario, di interventi mirati a tutelare la pubblica incolumità, a ridurre la vulnerabilità delle opere esposte mediante consolidamento o misure di protezione delle strutture per ridurre l'entità di danneggiamento;
    • -installazione di sistemi di monitoraggio per tenere sotto controllo l'evoluzione del fenomeno.

2. Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geologica elevata è necessario rispettare i seguenti criteri generali:

  • a) la realizzazione di interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture è subordinata all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici finalizzati alla verifica delle effettive condizioni di stabilità ed alla preventiva o contestuale realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza;
  • b) gli eventuali interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono comunque essere tali da:
    • -non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti;
    • -non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione e prevenzione dei fenomeni;
    • -consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  • c) in presenza di interventi di messa in sicurezza sono predisposti ed attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;
  • d) l'avvenuta messa in sicurezza conseguente la realizzazione ed il collaudo delle opere di consolidamento, gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato e la delimitazione delle aree risultanti in sicurezza, sono certificati;
  • e) possono essere realizzati quegli interventi per i quali venga dimostrato che non determinano condizioni di instabilità e che non modificano negativamente i processi geomorfologici presenti nell'area; della sussistenza di tali condizioni deve essere dato atto nel titolo abilitativo all'attività edilizia.

61.7 - Criteri generali di fattibilità in relazione alla pericolosità idraulica.

1. Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità idraulica molto elevata è necessario rispettare i seguenti criteri:

  • a) sono da consentire nuove edificazioni o nuove infrastrutture per le quali sia prevista la preventiva o contestuale realizzazione di interventi strutturali per la riduzione del rischio sui corsi d'acqua o sulle cause dell'insufficiente drenaggio finalizzati alla messa in sicurezza idraulica per eventi con tempi di ritorno di 200 anni;
  • b) è comunque da consentire la realizzazione di brevi tratti viari di collegamento tra viabilità esistenti, con sviluppo comunque non superiore a 200 ml, assicurandone comunque la trasparenza idraulica ed il non aumento del rischio nelle aree contermini;
  • c) gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi idrologici e idraulici, non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell'eventuale incremento dei picchi di piena a valle;
  • d) relativamente agli interventi di nuova edificazione, di sostituzione edilizia, di ristrutturazione urbanistica e/o di addizione volumetrica che siano previsti all'interno delle aree edificate, la messa in sicurezza rispetto ad eventi con tempo di ritorno di 200 anni può essere conseguita anche tramite adeguati sistemi di autosicurezza (porte o finestre a tenuta stagna, parti a comune, locali accessori e/o vani tecnici isolati idraulicamente, ecc), nel rispetto delle seguenti condizioni:
    • -sia dimostrata l'assenza o l'eliminazione di pericolo per le persone e i beni, fatto salvo quanto specificato alla lettera l);
    • -sia dimostrato che gli interventi non determinano aumento delle pericolosità in altre aree;
  • e) della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto anche nel titolo abilitativo all'attività edilizia;
  • f) fino alla certificazione dell'avvenuta messa in sicurezza conseguente la realizzazione ed il collaudo delle opere idrauliche, accompagnata dalla delimitazione delle aree risultanti in sicurezza, non può essere certificata l'abitabilità o l'agibilità;
  • g) fuori dalle aree edificate sono da consentire gli aumenti di superficie coperta inferiori a 50 metri quadri per edificio, previa messa in sicurezza rispetto ad eventi con tempo di ritorno di 200 anni conseguita tramite sistemi di auto sicurezza;
  • h) deve essere garantita la gestione del patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente e di tutte le funzioni connesse, tenendo conto della necessità di raggiungimento anche graduale di condizioni di sicurezza idraulica fino a tempi di ritorno di 200 anni; i) devono essere comunque vietati i tombamenti dei corsi d'acqua, fatta esclusione per la realizzazione di attraversamenti per ragioni di tutela igienico-sanitaria e comunque a seguito di parere favorevole dell'autorità idraulica competente;
  • l) sono da consentire i parcheggi a raso, ivi compresi quelli collocati nelle aree di pertinenza degli edifici privati, purché sia assicurata la contestuale messa in sicurezza rispetto ad eventi con tempo di ritorno di 30 anni, assicurando comunque che non si determini aumento della pericolosità in altre aree. Fanno eccezione i parcheggi a raso con dimensioni superiori a 500 metri quadri e/o i parcheggi a raso in fregio ai corsi d'acqua, per i quali è necessaria la messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni;
  • m) possono essere previsti ulteriori interventi, diversi da quelli indicati nelle lettere dalla a) alla l) di cui al presente paragrafo, per i quali sia dimostrato che la loro natura è tale da non determinare pericolo per persone e beni, da non aumentare la pericolosità in altre aree e purché siano adottate, ove necessario, idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità.

2. Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità idraulica elevata sono da rispettare i criteri di cui alle lettere b), d), e) f), g), h), i) ed m) del paragrafo 3.3.1. Sono inoltre da rispettare i seguenti criteri:

  • a) all'interno del perimetro dei centri abitati (come individuato ai sensi dell'articolo 55 della l.r. 1/2005) non sono necessari interventi di messa in sicurezza per le infrastrutture a rete (quali sedi viarie, fognature e sotto servizi in genere) purché sia assicurata la trasparenza idraulica ed il non aumento del rischio nelle aree contermini;
  • b) non sono da prevedersi interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture, compresi i parcheggi con dimensioni superiori a 500 metri quadri e/o i parcheggi in fregio ai corsi d'acqua, per i quali non sia dimostrabile il rispetto di condizioni di sicurezza o non sia prevista la preventiva o contestuale realizzazione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni. Fanno eccezione i parcheggi a raso con dimensioni inferiori a 500 mq e/o i parcheggi a raso per i quali non sono necessari interventi di messa in sicurezza e i parcheggi pertinenziali privati non eccedenti le dotazioni minime obbligatorie di legge;
  • c) gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi idrologici e idraulici, non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell'eventuale incremento dei picchi di piena a valle. Ai fini dell'incremento del livello di rischio, laddove non siano attuabili interventi strutturali di messa in sicurezza, possono non essere considerati gli interventi urbanistico-edilizi comportanti volumetrie totali sottratte all'esondazione o al ristagno inferiori a 200 metri cubi in caso di bacino sotteso dalla previsione di dimensioni fino ad 1 chilometro quadrato, volumetrie totali sottratte all'esondazione o al ristagno inferiori a 500 metri cubi in caso di bacino sotteso di dimensioni comprese tra 1 e 10 kmq, o volumetrie totali sottratte all'esondazione o al ristagno inferiori a 1000 metri cubi in caso di bacino sotteso di dimensioni superiori a 10 kmq;
  • d) in caso di nuove previsioni che, singolarmente o complessivamente comportino la sottrazione di estese aree alla dinamica delle acque di esondazione o ristagno non possono essere realizzati interventi di semplice compensazione volumetrica ma, in relazione anche a quanto contenuto nella lettera g) del paragrafo precedente, sono realizzati interventi strutturali sui corsi d'acqua o sulle cause dell'insufficiente drenaggio. In presenza di progetti definitivi, approvati e finanziati, delle opere di messa in sicurezza strutturali possono essere attivate forme di gestione del rischio residuo, ad esempio mediante la predisposizione di piani di protezione civile comunali;
  • e) per gli ampliamenti di superficie coperta per volumi tecnici di estensione inferiore a 50 mq per edificio non sono necessari interventi di messa in sicurezza.

61.8 - Criteri generali di fattibilità in relazione alla pericolosità sismica.

1. Di seguito si riportano i criteri generali da rispettare e le condizioni di attuazione di fattibilità per le previsioni edificatorie ed infrastrutturali limitatamente alle aree urbane del Comune di Asciano, per le quali è stata redatta una cartografia di MS di livello 1 ed effettuata l'individuazione delle differenti situazioni di pericolosità sismica;

2. Si specifica che, limitatamente alle aree in cui sono presenti fenomeni di instabilità connessi a problematiche geologiche, si rimanda a quanto previsto dalle condizioni di fattibilità geologica e si sottolinea che le valutazioni relative alla stabilità dei versanti devono necessariamente prendere in considerazione gli aspetti dinamici relativi alla definizione dell'azione sismica.

3. Per quanto riguarda le condizioni di fattibilità sismica sono individuati, sulla scorta delle informazioni ricavate dalla classificazione della pericolosità sismica locale ed in funzione delle destinazioni d'uso delle previsioni urbanistiche, le condizioni di attuazione delle opere anche attraverso una programmazione delle indagini da eseguire in fase di predisposizione dello strumento attuativo oppure dei progetti edilizi.

4. Per le aree a pericolosità sismica 4 per gli interventi che prevedano la predisposizione di strumenti attuativi oppure di progetti edilizi diretti dovrà essere realizzato uno studio di MS di livello 1 e 2 e dovranno essere valutati i seguenti aspetti: nel caso di zone suscettibili di instabilità di versante attive, oltre a rispettare le prescrizioni riportate nelle condizioni di fattibilità geologica, sono realizzate indagini geofisiche e geotecniche per le opportune verifiche di sicurezza e per la corretta definizione dell'azione sismica. Si consiglia l'utilizzo di metodologie geofisiche di superficie capaci di restituire un modello 2D del sottosuolo al fine di ricostruire l'assetto sepolto del fenomeno gravitativo. E' opportuno che tali indagini siano tarate mediante prove geognostiche dirette con prelievo di campioni su cui effettuare la determinazione dei parametri di rottura anche in condizioni dinamiche e cicliche. Tali indagini sono tuttavia da rapportare al tipo di verifica (analisi pseudostatica o analisi dinamica), all'importanza dell'opera e al meccanismo del movimento del corpo franoso.

61.9 - Attribuzione della fattibilità per gli interventi.

1. Per quanto riguarda gli interventi sul patrimonio edilizio esistente nel territorio extraurbano e nelle zone di completamento a carattere residenziale, produttivo, commerciale e direzionale all'interno degli ambiti urbani, l'assegnazione della fattibilità in relazione alla trasformazione in progetto e alle condizioni di pericolosità geologica, idraulica e sismica riscontrate dovrà avvenire secondo i criteri riportati nella seguente tabella.

2. Fini all'emissione dell'atto formale di modifica di PGRA, restano valide le pericolosità vigenti del PGRA per l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 2 della Legge Regionale 21/2012 ed inoltre non sono attuabili le previsioni in contrasto con tali pericolosità ai sensi del DPGR 53/R 2011.

TIPOLOGIA DI INTERVENTO CLASSI DI PERICOLOSITA' IDRAULICA CLASSI DI PERICOLOSITA' GEOLOGICA CLASSI DI PERICOLOSITA' SISMICA
I1 I2 I3 I4 G1 G2 G3 G4 S1 S2 S3 S4
P2 PGRA P3 PGRA PFE PFME
FATTIBILITA' IDRAULICA FI FATTIBILITA'GEOLOGICA FG FATTIBILITA' SISMICA FS
Manutenzione Straordinaria FI.1 FI.2 FI.2 FI.2 FG.1 FG.2 FG.2 FG.2 FS.1 FS.2 FS.2 FS.2
Restauro e Risanamento conservativo, nel caso in cui sia previsto un consolidamento, ripristino e rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.2 FG.3^ FS.1 FS.2 FS.2 FS.3°
Ristrutturazione edilizia senza ampliamento planimetrico FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.2 FG.3^ FS.1 FS.2 FS.2 FS.3°
Ristrutturazione edilizia con ampliamento FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Demolizione con fedele ricostruzione FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Demolizione senza ricostruzione FI.1 FI.1 FI.1 FI.1 FG.1 FG.1 FG.1 FG.1 FS.1 FS.1 FS.1 FS.1
Sostituzione edilizia FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di pannelli fotovoltaici o solari installati a terra e impianti eolici a terra FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.2 n.a. (4)
Realizzazione laghetti ed invasi artificiali realizzati solo in scavo FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione laghetti ed invasi artificiali con sbarramento FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di volumi interrati realizzati utilizzando preesistenti salti di quota, ubicati in prossimità degli edifici ma non al di sotto di edifici esistenti FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Nuova edificazione FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Nuova edificazione di edifici "strategici" quali scuole, assistenza sanitaria, edifici sportivi a destinazione ricettiva ecc., (edifici in classe IV DM 14/01/2008 NTC ) FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.3 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.3 FS.3 n.a. (4)
Opere e gli impianti per usi agricoli, zootecnici ed assimilabili, nonché la realizzazione di annessi agricoli risultanti indispensabili alla conduzione del fondo e con destinazione agricola vincolata fino ad una dimensione planimetrica massima di 50 mq FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Installazione di serre fisse con dimensioni < di 50 mq FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Installazione di serre fisse con dimensioni > di 50 mq FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Movimenti terra, scavi e rilevati, anche connessi alle opere di cui al presente abaco FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.1 FS.2 n.a. (4)
Realizzazione di garage fuori terra FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di logge e porticati fissi FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di piscine e relativi locali accessori FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di box per attrezzi, forni ecc., solo se fissi e con fondazioni FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di volumi tecnici FI.1 FI.2 FI.3° n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di parcheggi pubblici, privati o privati di uso pubblico a raso con dimensioni < di 500 mq FI.1 FI.2 FI.3° n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di parcheggi pubblici, privati o privati di uso pubblico a raso con dimensioni > di 500 mq FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di parcheggi interrati FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di impianti di distribuzione carburanti e strutture di servizio FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di nuova viabilità FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Ampliamento di viabilità esistente e opere di urbanizzazione primaria FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Realizzazione di verde pubblico a parco FI.1 FI.1 FI.1 FI.1 FG.1 FG.1 FG.1 FG.1 FS.1 FS.1 FS.1 FS.1
Realizzazione di verde pubblico attrezzato FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.1 FG.2 FG.2 FS.1 FS.1 FS.2 FS.2
Realizzazione di verde privato privo di strutture pertinenziali FI.1 FI.1 FI.1 FI.1 FG.1 FG.1 FG.1 FG.1 FS.1 FS.1 FS.1 FS.1
Realizzazione di aree destinate ad attrezzature pubbliche FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Impianti sportivi all'aperto, piste ciclabili, campi di calcio ecc., senza locali accessori, tribune ecc. FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.1 FG.2 FG.3 FS.1 FS.1 FS.1 FS.1
Piccoli edifici ed impianti di servizio di strutture a rete inferiori a 50 mq (acquedotto, impianti adduzione e distribuzione gas, cabine di trasformazione ENEL, impianti di telefonia fissa e mobile) FI.1 FI.2 FI.3° FI.3° FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
Depositi all'aperto, silos, tini FI.1 FI.2 n.a. (1) n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.2 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)
cave FI.1 FI.2 FI3* n.a. (2) FG.1 FG.2 FG.3 n.a. (3) FS.1 FS.2 FS.3 n.a. (4)

Note:

° La previsione in oggetto non determina un pericolo per persone e beni, non crea un aumento di pericolosità in aree limitrofe, né sottrazione di volume all'area esondabile. Per l'attuazione dell'intervento dovranno essere prese idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità e dovranno essere rispettate le prescrizioni previste nei punti 3.2.2.1 e 3.2.2.2 dell'Allegato A D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R, art. 7, 8, 9 e 10 della Disciplina PGRA di cui alla Delibera 232/2015 e art. 1 e 2 LR 21/2012.

^ La previsione in oggetto non determina un pericolo per persone e beni e non crea un aumento di pericolosità in aree limitrofe. Per l'attuazione dell'intervento dovranno essere prese idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità e dovranno essere rispettate le prescrizioni previste nel punto 3.2.1 dell'Allegato A DPGR 25 ottobre 2011 53/R e dall'art. 13 e dall'art. 14 delle Norme del Bacino Regionale Ombrone.

* La previsione in oggetto non deve prevedere la presenza di accumulo di materiali dell'escavazione né di strutture del cantiere della cava. Per l'attuazione dell'intervento dovranno essere prese idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità e dovranno essere rispettate le prescrizioni previste al punto 3.2.2.2 dell'Allegato A D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R e gli art. 9 e 10 della Disciplina PGRA di cui alla Delibera 232/2015

(1) La previsione non è attualmente ammissibile, ma la sua fattibilità potrà essere successivamente verificata mediante la stesura di una relazione geologico-tecnica di fattibilità, nel rispetto delle prescrizioni previste al punto 3.2.2.2 dell'Allegato A D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R, art. 9 e 10 della Disciplina PGRA di cui alla Delibera 232/2015 e art. 1 e 2 LR 21/2012.

(2) La previsione non è attualmente ammissibile, ma la sua fattibilità potrà essere successivamente verificata mediante la stesura di una relazione geologico-tecnica di fattibilità, nel rispetto delle prescrizioni previste al punto 3.2.2.1 dell'Allegato A D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R, art. 7 e 8 della Disciplina PGRA di cui alla Delibera 232/2015 e art. 1 e 2 LR 21/2012.

(3) La previsione non è attualmente ammissibile, ma la sua fattibilità potrà essere successivamente verificata mediante la stesura di una relazione geologico-tecnica di fattibilità, nel rispetto delle prescrizioni previste al punto 3.2.1 dell'Allegato A D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R e dall'art. 13 delle Norme del Bacino Regionale Ombrone.

(4) La previsione non è attualmente ammissibile, ma la sua fattibilità potrà essere successivamente verificata mediante la stesura di una relazione geologico-tecnica di fattibilità, nel rispetto delle prescrizioni previste al punto 3.5 dell'Allegato A D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R.

• Ai sensi del punto 2.1 B.4 delle Direttive per le indagini geologico-tecniche allegate al D.P.G.R. 25 ottobre 2011 53/R, nelle UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative ed infrastrutturali, le previsioni non sono ammissibili ove non sono stati verificati gli ambiti interessati da allagamenti riferiti a Tr30 e a Tr200 anni.

• Nelle aree non perimetrate dal PAI Ombrone vengono definiti gli ambiti o Domini nei quali devono essere rispettate le prescrizioni e vincoli così come definiti dagli art. 16, 17, 18 e 19 delle Norme del Bacino Regionale Ombrone.

Titolo V Sostenibilità degli interventi

Art. 62 Condizioni alle trasformazioni

1. Ogni trasformazione disciplinata dal presente regolamento urbanistico è subordinata alla verifica della potenzialità di allacciamento ai sistemi a rete, alla verifica dell'efficienza delle stesse a recepire nuovi carichi urbanistici, alla verifica del non superamento dei limiti consentiti e delle soglie massime previste dalla legislazione di settore. In particolare dovrà essere verificata l'efficienza del sistema idrico, del sistema fognario, del sistema smaltimento rifiuti e dell'assenza di emissioni pericolose nell'aria.

2. A tal fine i piani attuativi o comunque i progetti dovranno essere corredati da idonei elaborati, volti a verificare:

  • - approvvigionamenti idrici: ove gli interventi richiedano significativi incrementi dei prelievi idrici occorre la preventiva verifica della disponibilità della risorsa e dell'adeguatezza della rete di approvvigionamento nella formazione del Piano Attuativo, anche in accordo con le competenti Autorità. In caso di inadeguatezza e indisponibilità devono essere verificate le possibilità di realizzare contestualmente opere di adeguamento della rete o di prelievo;
  • - scarichi idrici in zone servite dalla pubblica fognatura: è fatto obbligo di provvedere al relativo allacciamento, previa valutazione del volume e delle caratteristiche delle acque reflue derivanti dalla trasformazione e del relativo impatto sul sistema fognario e depurativo, dando anche atto, sentite le competenti Autorità, dell'adeguatezza della rete fognaria e della compatibilità del maggior carico indotto in relazione alle potenzialità del sistema di depurazione esistente. In caso di esito negativo della verifica, dovranno essere individuate le opere di adeguamento tecnico e dimensionale della rete o una soluzione depurativa alternativa, dove consentita;
  • - scarichi idrici in zone non servite dalla pubblica fognatura: è fatto obbligo verificare, sentite le competenti autorità, la fattibilità tecnico-economica dell'opera di collettamento alla rete fognaria. Nel caso in cui la verifica dia esito negativo, le trasformazioni sono ammissibili solo ove venga garantito un idoneo trattamento depurativo autonomo, privilegiando il ricorso a sistemi caratterizzati da bassi consumi energetici, ridotta necessità di manutenzione, flessibilità nei confronti di variazioni di carico, elevati rendimenti depurativi;
  • - risparmio energetico: dovrà farsi ricorso a fonti rinnovabili di energia o assimilate, salvo impedimenti di natura tecnica o economica. Ai fini del risparmio energetico e della qualità abitativa, nel progetto dei nuovi insediamenti si dovranno considerare i fattori climatici caratteristici del luogo (esposizione ai venti, irraggiamento solare, condizioni microclimatiche del sito), al fine di ottimizzare le scelte morfologico- insediative e tipologico-architettoniche;
  • - rifiuti: devono essere valutate la quantità e le caratteristiche dei rifiuti (urbani e speciali) che saranno prodotti dalle funzioni insediate ed il loro impatto sul sistema di raccolta esistente, e prevedere nell'ambito della trasformazione le eventuali aree/strutture necessarie a soddisfare le esigenze di raccolta, differenziata e non, dei rifiuti prodotti;
  • - campi elettromagnetici: ove si determinino permanenze umane prolungate in prossimità degli impianti di radiocomunicazione esistenti e/o di linee elettriche ad alta tensione esistenti deve essere valutata l'esposizione ai campi elettromagnetici e definite le misure per ridurne l'impatto.

Art. 63 Disposizioni per il risparmio idrico

1. Gli interventi di trasformazione degli assetti territoriali, ovvero di sostituzione edilizia, ristrutturazione urbanistica e nuova edificazione, di cui al precedente Titolo III - Tipi d'intervento, sono soggetti all'adozione di misure finalizzate alla razionalizzazione dei consumi idrici ed al risparmio di acqua potabile, attraverso l'utilizzo di fonti di approvvigionamento differenziate in relazione all'uso finale delle risorse idriche e l'applicazione di metodi e apparecchiature per il risparmio idrico. Per questo, con l'obiettivo di riservare prioritariamente le acque di migliore qualità al consumo umano, devono essere posti in essere:

  • - la realizzazione di reti idriche separate fra uso potabile e altri usi;
  • - la realizzazione di sistemi di accumulo per l'impiego delle acque meteoriche;
  • - l'utilizzo di acqua di ricircolo nelle attività di produzione di beni.

2. I Piani Attuativi e i Programmi di Miglioramento Agricolo Ambientale con valore di Piano Attuativo definiscono le modalità atte a razionalizzare l'uso delle acque potabili e, di norma, prevedono la realizzazione di reti idriche duali, la raccolta e il riutilizzo delle acque meteoriche.

3. Sono subordinati alla presentazione, nel contesto del piano attuativo o del progetto edilizio, di una stima dei fabbisogni idrici per i diversi usi, alla dichiarazione delle fonti di approvvigionamento idrico, dei sistemi di smaltimento e alla predisposizione di un piano per il risparmio idrico:

  • - le trasformazioni, fisiche e/o funzionali, che possono dare luogo ad utenze con consumi idrici superiori a 10.000 m3/anno;
  • - gli interventi di realizzazione di nuove edificazioni per attività turistico-ricettive;
  • - gli interventi di realizzazione di nuove attività industriali (Ia).

4. Le attività ricettive di ogni tipo (alberghiere, extralberghiere, agrituristiche, case vacanza, etc.), esistenti e di progetto, dovranno prevedere reti duali e serbatoi d'accumulo, unitamente all'adozione di sistemi a basso consumo di acqua per l'irrigazione dei giardini e delle aree verdi.

5. Nelle nuove aree industriali dovrà essere prevista la realizzazione di sistemi di accumulo e reimpiego delle acque reflue depurate, secondo i criteri definiti nella normativa tecnica vigente.

6. Il Regolamento Edilizio dovrà incentivare l'utilizzo di impianti idonei ad assicurare il risparmio dell'acqua potabile, quali sistemi di riduzione e regolazione della pressione, i dispositivi per la regolazione degli erogatori di acqua e delle acque di scarico, etc., e il riutilizzo delle acque meteoriche per gli usi non potabili.

Art. 64 Rete fognaria e depurazione

1. Per tutte le tipologie di trasformazione previste dalle presenti norme, in sede di pianificazione urbanistica attuativa o di progettazione degli interventi, il soggetto avente titolo ad operare la trasformazione è tenuto a perseguire il miglioramento della qualità delle acque superficiali e sotterranee, attraverso:

  • a) l'allacciamento alla fognatura comunale e la dismissione delle vecchie fosse settiche non più previste dalle normative vigenti;
  • b) in caso di impossibilità di allacciamento alla fognatura comunale provvedere alla realizzazione di specifici sistemi di depurazione, dando priorità alla realizzazione di reti separate per la raccolta dei reflui al fine di consentire l' accumulo e il riutilizzo di acque meteoriche;
  • c) la realizzazione di un sistema di allontanamento, che preveda il convogliamento degli scarichi in reticoli idrografici esistenti di sufficiente dimensione deve garantire livelli di qualità ambientale corrispondenti, ai limiti di cui alla Tabella III, allegato V, Parte III, del D. Lgs n.152/06. Tali condizioni compresa la verifica dell'adeguata dimensione del reticolo idrografico, dovranno essere documentate nella relazione tecnica allegata al progetto.
  • d) nel caso in cui non sia possibile realizzare un allontanamento come al punto precedente potranno essere adottati idonei sistemi di trattamento alternativi compatibili con le caratteristiche di vulnerabilità dei terreni. Tale valutazione dovranno essere appropriatamente documentate nella relazione geologica allegata al progetto;
  • e) l'efficienza dei sistemi di smaltimento prevedendo:
    • - la totale impermeabilizzazione delle condutture;
    • - il completamento dell'intero sistema di smaltimento fino al corpo ricettore;
    • - la depurazione delle acque meteoriche dilavanti contaminate, come definite dalla vigente normative in materia.

2. L'attuazione delle trasformazioni, fisiche e/o funzionali, disciplinate da piani attuativi è subordinata alla verifica dell'adeguato dimensionamento del sistema fognario, all'eventuale adeguamento e/o completamento dello stesso e/o alla sua realizzazione, nonché all'allacciamento del sistema fognario all'impianto di depurazione o ad altro impianto di depurazione specificamente realizzato.

3. Gli insediamenti produttivi devono essere allacciati alla pubblica fognatura e gli scarichi rispettare i limiti previsti dal regolamento del Gestore. Qualora le acque reflue prodotte non rispettino tali limiti, dovranno essere richiesti opportuni sistemi di abbattimento a piè di fabbrica.

Art. 65 Limitazione delle emissioni inquinanti in atmosfera

1. Il RU prevede misure di limitazione e compensazione per le emissioni inquinanti immesse in atmosfera dalle diverse sorgenti (impianti di riscaldamento, impianti industriali, traffico motorizzato, impianti di illuminazione e reti per le telecomunicazioni ed energia) e rinvia ai piani e regolamenti specifici.

2. Il R.U. prevede un incremento delle aree verdi permeabili e delle biomasse vegetali, capaci di assorbire una quota degli inquinanti in atmosfera, favorendo la riduzione delle concentrazioni, in particolare:

  • - l'incremento delle fasce alberate, delle formazioni vegetazionali dense e delle barriere vegetali, con funzione di fonoassorbenza e di abbassamento delle concentrazioni degli inquinanti fisici e chimici;
  • - la riduzione della temperatura e dell'aridità dell'aria (effetto "isola di calore urbano"), attraverso la riduzione dell'impermeabilizzazione il riequilibrio e il ristabilimento degli scambi fisico-biologici tra terreno, acqua ed atmosfera.

3. Le trasformazioni che possano comportare un incremento dei flussi di traffico, e/o, comunque, di emissioni inquinanti e/o acustiche, sono subordinate alla verifica degli effetti che tale incremento può comportare sul sistema aria, nonché all'adozione di ogni provvedimento tecnico e gestionale idoneo a contenere e compensare i livelli di inquinamento atmosferico e acustico, quali la messa in opera od il perfezionamento dei dispositivi di abbattimento delle emissioni, di isolamento acustico degli edifici, e simili.

Art. 66 Disposizioni generali per il risparmio energetico

1. I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazione degli edifici esistenti dovranno prevedere l'utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento, oltre all'adozione di accorgimenti costruttivi per la riduzione dei consumi ed il risparmio energetico che corrispondano ai valori minimi previsti dalle normative comunitarie, nazionali e regionali vigenti in materia.

2. La progettazione dei nuovi edifici dovrà tener conto delle seguenti disposizioni:

  • a) per le nuove costruzioni dovrà essere privilegiato l'impiego di tecnologie bioclimatiche e l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, quali la tecnologia fotovoltaica, idroelettrica, eolica, geotermica e quella derivante da biomasse, che dovranno risultare integrate con le architetture di progetto;
  • b) per controllare il soleggiamento estivo, proteggere le coperture degli edifici dagli effetti della radiazione solare con soluzioni specifiche, quali ad esempio la ventilazione delle medesime, i tetti verdi, oppure avere una coibentazione maggiorata rispetto alla norma di legge, ecc.; ombreggiare opportunamente gli spazi di sosta esterni, nonché i percorsi-ciclopedonali. Per favorire il soleggiamento invernale, valorizzare l'apporto energetico solare, in particolare con sistemi solari attivi e passivi, rimuovendo i fattori d'eventuale ostacolo sulle aree destinate alla loro realizzazione;
  • c) Nei condomini è da incentivare l'uso di caldaie centralizzate ad alta efficienza in sostituzione delle caldaie singole;
  • d) per ridurre l'effetto "sacca termica", mitigare i picchi di temperatura durante l'estate e controllare il microclima e la radiazione solare, attraverso la progettazione del verde e degli spazi aperti nei tessuti urbani edificati, cos&igrave come attraverso il controllo dell'arredo delle superfici di pavimentazione pubblica.

3. Lo spessore delle murature esterne il maggior spessore dei solai necessario al conseguimento di un ottimale isolamento termico e acustico, le serre solari non sono computati ai fini degli indici e dei parametri urbanistici stabiliti dallo stesso RU.

Art. 67 Disposizioni per la riduzione dell'inquinamento luminoso

1. Gli impianti di illuminazione esterna pubblica o privata devono tener conto delle disposizioni relative alla prevenzione dell'inquinamento luminoso e dovranno essere eseguiti secondo criteri "antinquinamento luminoso con basso fattore di abbagliamento e a ridotto consumo energetico".

2. L'installazione di nuovi impianti di illuminazione pubblica dovrà essere conforme alle "Linee Guida per la progettazione, l'esecuzione e l'adeguamento degli impianti di illuminazione esterna", in particolare, dove tecnicamente possibile, dovranno essere installati impianti per la pubblica illuminazione dotati di celle fotovoltaiche e di sistemi automatici di controllo e riduzione del flusso luminoso.

3. L'illuminazione pubblica dovrà altres&igrave assicurare la massima sicurezza sulla rete della viabilità principale, specie negli attraversamenti dei centri urbani, garantendo la migliore fruizione dello spazio pubblico e dei beni monumentali e ambientali presenti sul territorio.

4. Per l'illuminazione pubblica o privata è fatto divieto di utilizzare, fasci di luce orientate dal basso verso l'alto. A tal fine fari, torri-faro e riflettori illuminanti parcheggi, piazzali, giardini, monumenti, svincoli ferroviari e stradali, complessi industriali e commerciali di ogni tipo dovranno obbligatoriamente avere, rispetto al terreno, un'inclinazione non superiore a 30 gradi se simmetrici, con idonei schermi per evitare dispersioni verso l'alto, e a 0 gradi se asimmetrici. In ogni caso non potranno inviare luce al di fuori delle aree da illuminare. Tale disposizione si applica anche alle insegne pubblicitarie non dotate di luce propria.

5. Nell'illuminazione degli edifici dovrà essere utilizzata la tecnica "radente dall'alto"; solo nei casi di assoluta e comprovata impossibilità di attuazione, e per edifici e manufatti di:

  • - "Classe A - edifici di interesse storico-artistico", di cui al c. 2 lett. a) dell’art. 83;
  • - "Classe B - edifici di pregio", di cui al c. 2 lett. b) dell’art. 83;

6. Il Regolamento edilizio dovrà prevedere specifiche norme per la progettazione, l'installazione e l'esercizio degli impianti di illuminazione esterna, finalizzate anche all'ottimizzazione dei costi di esercizio e manutenzione.

Art. 68 Protezione dall'inquinamento elettromagnetico

1. In coerenza con quanto disposto dalla normativa di settore, in fase di attuazione del R.U. dovranno essere verificate le fasce di rispetto dagli elettrodotti ad alta e media tensione, all'interno delle quali non è ammessa l'edificazione di manufatti con funzioni abitative o con funzioni comportanti la permanenza di persone per periodi giornalieri superiori a quattro ore, ovvero l'attivazione, mediante mutamento dell'uso, delle suindicate funzioni in manufatti esistenti.

2. Relativamente alle stazioni radio base (SRB) per la telefonia mobile, si dovrà tenere conto delle aree sensibili e degli obiettivi di qualità individuati dal Comune, secondo i criteri definiti dalla Regione Toscana.

Art. 69 Classificazione acustica

1. Le trasformazioni fisiche e/o funzionali, sono tenute a rispettare i valori limite in riferimento al Piano di classificazione acustica del territorio comunale, di cui all'art. 4 della Legge regionale 13 ottobre 1998, n. 73

2. Nelle aree attribuite alle classi acustiche I e II del Piano di Classificazione Acustica del territorio comunale, non sono ammesse trasformazioni ad attività artigianali e industriali, e la viabilità deve essere esclusivamente di interesse locale.

3. Nelle aree attribuite alle classi acustiche V e VI del Piano di classificazione acustica del territorio, non sono ammesse trasformazioni nuove residenze, ad esclusione di quelle destinate al personale di custodia.

4. Nei casi di trasformazioni di manufatti edilizi esistenti adibiti ad utilizzazioni non conformi alla classe acustica, o che comunque non garantiscono il rispetto dei valori limite di cui al comma 1, è richiesta l'adozione di ogni provvedimento tecnico e gestionale idoneo a contenere i livelli di inquinamento acustico, quali la riduzione della velocità dei veicoli, l'impiego di asfalti drenanti fonoassorbenti, l'insonorizzazione delle sorgenti di rumore, la messa in opera di barriere acustiche.

Art. 70 Gestione dei rifiuti

1. Gli obiettivi generali in materia di gestione dei rifiuti sono:

  • - riduzione dei consumi di merci e confezioni a perdere qualora siano sostituibili - a parità di condizioni - da prodotti riutilizzabili più volte;
  • - sostegno a forme di consumo e distribuzione delle merci che minimizzino la produzione di rifiuti;
  • - sostegno a impiego di prodotti che minimizzino la produzione di rifiuti;
  • - riduzione dell'immissione di rifiuti verdi e organici, incentivando e valorizzando l'autocompostaggio;
  • - riduzione della formazione di rifiuti e della loro pericolosità tramite impiego di tecnologie pulite nei cicli produttivi;
  • - raccolta differenziata-riutilizzo, riciclaggio e recupero di materia.

2. Nella previsione di nuovi insediamenti residenziali, commerciali o produttivi e di ristrutturazione urbanistica degli insediamenti esistenti, si deve adeguatamente considerare e soddisfare, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, riutilizzo, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali, pericolosi e non, in particolare individuando appositi e adeguati spazi per l'organizzazione del servizio di raccolta differenziata, al fine di contribuire al conseguimento, a livello comunale, degli obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata definiti dal D.L. n° 22/97 e dai Piani Regionale e Provinciale di Gestione dei Rifiuti.

3. I piani attuativi devono prevedere, secondo i criteri indicati nel piano provinciale di gestione dei rifiuti, spazi adeguati per la localizzazione di:

  • a) isole ecologiche, costituite da insiemi di contenitori stradali per favorire la raccolta differenziata, con particolare attenzione alle grandi utenze (supermercati, alberghi e attrezzature collettive, attività speciali, etc.);
  • b) idonei punti di conferimento per alcune tipologie di rifiuti speciali (a esempio rifiuti inerti) o di grosse dimensioni;
  • c) ecocentri, intesi quali punti di conferimento sorvegliato anche per rifiuti verdi, ingombranti e pericolosi, senza trattamenti;
  • d) depositi funzionali provvisori per specifiche tipologie di rifiuti;
  • e) stoccaggi funzionali di piccole dimensioni, meglio specificati come luoghi di raccolta decentrati, a disposizione prevalentemente dell'utenza domestica, a meno di specifici accordi.

Art. 71 Edilizia sostenibile

1. Il Regolamento Urbanistico persegue obiettivi tesi a migliorare la qualità dell'edilizia e dell'ambiente, favorendo ed incentivando costruzioni che assicurino il benessere fisico delle persone, la salubrità degli immobili, il contenimento del consumo idrico ed energetico, la fruibilità, l'accessibilità e la sicurezza per ogni tipo di utente, estesa anche al complesso degli insediamenti.

2. Il Regolamento Edilizio contiene specifiche istruzioni tecniche finalizzate a conseguire gli obiettivi di cui al comma 1 ed inoltre:

  • - individua soluzioni volte a favorire l'uso razionale dell'energia e l'uso di fonti energetiche rinnovabili, con particolare riferimento alla diffusione del sistema solare termico anche per il patrimonio edilizio esistente.
  • - considera i dati climatici locale e fornisce indicazioni in ordine all'orientamento ed alla conformazione degli edifici da realizzare, al fine di massimizzare lo sfruttamento della radiazione solare;
  • - promuove l'utilizzo di prodotti ecocompatibili, materiali locali e tecnologie eco-efficienti, nella previsione di una cantierizzazione ispirata ai principi del risparmio energetico e della tutela dell'ambiente;
  • - stabilisce una soglia minima di sostenibilità al di sotto della quale non si ha accesso agli incentivi urbanistici di cui ai successivi comma 3 e 4, e gradua gli stessi a seconda del livello di sostenibilità raggiunto nella progettazione.

3. Gli interventi di nuova edificazione, di ristrutturazione urbanistica, di sostituzione e ristrutturazione edilizia che recepiscono le specifiche di edilizia sostenibile di cui al precedente comma, tenendo conto dei valori paesaggistici presenti, possono beneficiare di incentivi di carattere urbanistico, fino ad un massimo incremento del 10% della Sul ammissibile dalle presenti norme.

4. Nelle more dell'approvazione delle Linee guida regionali di cui all'art. 219 della LR 65/2014 e del Regolamento Edilizio, integrato con le disposizioni di cui al comma 2, per poter accedere agli incentivi la progettazione degli interventi dovrà tenere conto delle "Linee guida per la valutazione della qualità energetica ed ambientale degli edifici in Toscana", approvate con D.G.R. n. 322 del 28.02.2005 e successivamente modificate con D.G.R. n. 218 del 03.04.2006. Nel rispetto delle linee guida regionali e secondo quanto disposto dal citato art. 219 della LR 65/2014, al fine di incentivare l'edilizia sostenibile, si applicano incentivi economici mediante la riduzione degli oneri in misura crescente, fino ad un massimo del 70%, a seconda dei livelli di risparmio energetico, di qualità ecocompatibile dei materiali e delle tecnologie costruttive utilizzate.

Art. 72 Disposizioni obbligatorie che riguardano i nuovi interventi edilizi e le ristrutturazioni

a) Il R.U. fa propri gli obiettivi regionali, nazionali ed europei sul risparmio energetico e l'utilizzo di fonti rinnovabili, particolarmente riferibili al ciclo edilizio e per i quali rimanda alla normativa vigente. Ai sensi della Direttiva 2010/31/UE in via di recepimento i nuovi edifici entro il 2020 dovranno avere un consumo energetico "quasi zero". Tale termine temporale è anticipato per gli edifici pubblici al 2018). Negli edifici di nuova edificazione, la cui richiesta di titolo edilizio sia stata presentata in data successiva al 29.03.2011, in quelli sottoposti ad intervento di demolizione e ricostruzione e in quelli sottoposti ad intervento di ristrutturazione integrale dell'involucro quando di superficie utile lorda superiore a 1.000 mq, vale l'obbligo d'integrazione delle fonti rinnovabili di cui all'art.11 del D.lgs. 28/2011. Tali disposizioni non si applicano agli edifici di cui alla Parte seconda e all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni. Non si applicano inoltre, ai sensi del comma 2 dell' art.11 del D.lgs. 28/2011 agli edifici per i quali il presente Regolamento Urbanistico prescrive il tipo di intervento rs, rc e ria, in quanto il rispetto di tali prescrizioni implicherebbe un'alterazione incompatibile con il loro carattere architettonico, storico ed artistico.

b) Raccolta delle acque meteoriche

  • Comparti di nuova edificazione: come previsto dalle linee guida regionali per l'urbanizzazione dei nuovi comparti edificatori, i piani attuativi dovranno prevedere, quale opera di urbanizzazione primaria, la realizzazione di apposite cisterne di raccolta acqua piovana, della relativa rete di distribuzione e dei conseguenti punti di presa per il successivo riutilizzo, da ubicarsi al di sotto della sede stradale, dei parcheggi pubblici o delle aree verdi e comunque in siti orograficamente idonei. La quantità di acqua, che tali cisterne dovranno raccogliere, dipenderà dalla massima superficie coperta dei fabbricati da realizzarsi nell'intero comparto e non dovrà essere inferiore a 50 litri/mq.
  • Comparti già edificati: l'acqua proveniente dalle coperture dovrà essere convogliata in apposite condutture sottostanti la rete stradale, all'uopo predisposte in occasione dei rifacimenti di pavimentazione o di infrastrutture a rete, comprensive delle relative reti di distribuzione e dei conseguenti punti di presa.

c) Utilizzo di materiali atossici

  • Nei nuovi interventi e negli interventi di manutenzione straordinaria e ristrutturazione è favorito l'uso di materiali atossici, asettici, durevoli, facilmente manutenibili, eco-compatibili e riciclabili. Come criteri guida e parametri di riferimento si devono considerare:
    • - l'utilizzazione di materiali e lavorazioni atossici, privi di emissioni di cui sia dimostrata la nocività e a contenuto basso o nullo di sostanze ed emissioni tossiche o a tossicità potenziale (come formaldeide, PVC, sostanze volatili nocive derivanti da vernici o collanti, radioattività naturale, etc.).
    • - l'utilizzo di materiali asettici inattaccabili da muffe e altri agenti biologici in particolare per le strutture, le finiture, gli impianti idrico-sanitari e di climatizzazione; favorire la salubrità e la traspirabilità di strutture, partizioni, coperture con adeguati accorgimenti costruttivi (es. tetti ventilati, solai o vespai aerati, drenaggi, etc.).
    • - l'utilizzo di materiali naturali (purché non provenienti da specie protette, come nel caso dei legni tropicali, o provenienti da cicli di lavorazione ad alto impatto ambientale); di materiali per le strutture, le finiture, gli impianti e le sistemazioni esterne durevoli e facilmente manutenibili;
    • - l'impiego di materiali facilmente riciclabili e non tossici durante le fasi di demolizione o di riutilizzo; Riutilizzazione preferenziale in situ dei materiali (componenti murarie, inerti, terreni di riporto, etc.) ottenuti dalle demolizioni e scavi del terreno su cui insiste l'intervento.

Art. 73 Impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili

1. Per gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, quando non direttamente connessi alle esigenze energetiche di un edificio si devono osservare le disposizioni riferite ai seguenti atti:

  • - LR 11/2011 e s.m. e i., che individua le aree non idonee per il fotovoltaico a terra;
  • - ALLEGATO 1a del PIT/PPR approvato con Deliberazione Consiglio Regionale 27 marzo 2015, n. 37 - Norme comuni energie rinnovabili impianti di energia elettrica da biomasse - Aree non idonee e prescrizioni per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio
  • - Allegato 1b del PIT/PPR approvato con Deliberazione Consiglio Regionale 27 marzo 2015, n.37 - Norme comuni energie rinnovabili impianti eolici - Aree non idonee e prescrizioni per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio.

2. Tutti gli impianti dedicati alla produzione energetica da energie rinnovabili, ad eccezione di quelli collocati su coperture esistenti o integrati in nuove realizzazioni, oppure collocati a terra ed aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto, se ubicati nel territorio aperto ed asserviti all'attività agricola condotta dal medesimo richiedente, dovranno essere progettati e valutati complessivamente e preventivamente (alla PAS, all'A.U. o eventuali altri atti autorizzativi di competenza di qualunque Ente) all'interno di un PAPMAA con valore di piano attuativo; se concepiti come attività produttiva in area dedicata (anche previa contestuale variante in territorio aperto) dovranno essere progettati e valutati complessivamente e preventivamente (alla PAS, all'A.U. o eventuali altri atti autorizzativi di competenza di qualunque Ente) all'interno di un piano attuativo.

3. Per tutti gli impianti la connessione alla rete elettrica esistente deve avvenire con linee interrate, salvo che sia dimostrata l'effettiva impossibilità tecnica.

4. Per gli impianti soggetti a titolo abilitativo dovrà essere prevista la stipula di una apposita convenzione o di atto d'obbligo con l'Amministrazione comunale per disciplinare:

  • - gli obblighi di ripristino e riqualificazione ambientale posti a carico dei soggetti attuatori;
  • - le modalità di realizzazione dell'impianto e delle eventuali opere connesse sia in fase di realizzazione sia in fase di esercizio;
  • - le eventuali opere di interesse pubblico da porre a carico dei soggetti attuatori.
  • - al ripristino dei luoghi temporaneamente interessati dai lavori.

5. L'installazione nel territorio comunale degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili avviene assicurando il perseguimento degli obiettivi di qualità e delle disposizioni contenuti nel PIT/PPR approvato con Deliberazione Consiglio Regionale 27 marzo 2015, n.37 e nel PTCP di Siena in vigore dalla pubblicazione del 14 marzo 2012.

6. Il presente Regolamento recepisce integralmente la sezione 8 artt. n.i. 2-6 del Nuovo Piano Energetico della Provincia di Siena (PEP 2010-2020), con le precisazioni per ciascuna tipologia di cui ai successivi articoli.

Art. 74 Impianti fotovoltaici e solari termici

1. Gli impianti fotovoltaici e solari termici sono sempre ammessi, purché coerenti con le leggi e regolamenti regionali vigenti, ad eccezioni che per gli edifici che il RU limita agli interventi ai tipi d'intervento rs, rc e ria. In particolare:

  • - impianti solari termici e impianti solari fotovoltaici integrati sulle coperture di edifici e manufatti in ambito urbano, finalizzati all'autoconsumo per uso domestico o attività aziendale;
  • - impianti fotovoltaici che utilizzano i suoli a destinazione industriale e artigianale esistenti o di previsione;
  • - nelle aree a prevalente o esclusiva funzione agricola, per le aziende agricole, è consentita l'installazione di impianti fotovoltaici sulle coperture degli edifici destinati all'attività produttiva (capannoni, fienili, tettoie, ecc.), senza limiti di potenza e se a terra nei limiti della LR 11/11 e purché sia prodotto uno studio idrologico-idraulico che garantisca la "trasparenza idraulica" per interventi in aree sottoposte a tutela specifica;
  • - sono altresì consentiti e favoriti gli impianti fotovoltaici negli ambiti estrattivi dismessi e nelle aree ex discarica.

2. Per l'installazione di impianti solari termici e fotovoltaici si dovranno rispettare i seguenti criteri:

  • quelli definiti nei "Criteri e metodi d'installazione" previsti dal DCRT n. 15 del 11.02.2013;
  • gli impianti fotovoltaici destinati alla produzione di energia, nel caso di attività produttive, sia agricole, che del settore secondario, devono prioritariamente essere collocati sulle coperture degli edifici specialistici;
  • nelle aree ad esclusiva o prevalente funzione agricola, nel caso di impianti a terra, questi devono essere opportunamente sistemati secondo un disegno coerente e ordinato rispetto alla morfologia dell'insediamento e al disegno di paesaggio. Si deve in questo caso prevedere fasce di ambientazione paesaggistica e utilizzo di schermi vegetali con specie arboree ed arbustive appropriate al contesto paesaggistico per la mitigazione degli impatti visivi;
  • negli edifici per abitazione esistenti, nelle zone ad esclusiva e prevalente funzione agricola, dovrà essere ricercata prioritariamente una posizione sulle coperture dei corpi edilizi minori secondari e poco visibili, posti nel resede a quota inferiore rispetto al corpo principale o a terra, nelle aree di pertinenza dei fabbricati, nel caso non sia possibile utilizzare le coperture o che questo garantisca un minor impatto nel paesaggio, valutando comunque il corretto inserimento ambientale e privilegiando la collocazione in corrispondenza di segni già presenti sul suolo (siepi, alberature, salti di quota del terreno, ecc.). E' comunque possibile collocare pannelli fotovoltaici su pergole, cos&igrave come previste al successivo art. 90, comma 6.
  • gli elementi posti sulla copertura dovranno essere a questi complanari, in particolare:
  • per gli edifici di nuova costruzione i pannelli devono essere concepiti come componenti integrate del progetto architettonico e per gli interventi di recupero edilizio in cui sia previsto il rifacimento del tetto - ad esclusione degli edifici soggetti ad intervento rs, rc e ria - i pannelli dovranno essere preferibilmente inseriti in falda, all'interno del pacchetto costruttivo, cos&igrave da risultare complanari, nella superficie del pannello, al manto di copertura;
  • in ogni caso e più in particolare per gli edifici prospettanti su piazze o spazi aperti di valore, la non percettibilità degli impianti da quegli stessi spazi dovrà essere dimostrata mediante documentazione fotografica, effettuata con riprese da più angolazioni ed attestata da opportune simulazioni grafiche e fotomontaggi.

Art. 75 Impianti a biomasse

1. Gli impianti a biomasse e biogas per produzione di energia elettrica sono ammessi nei limiti dell'Allegato 1a del PIT con valenza di Piano Paesaggistico - e degli altri eventuali documenti del PAER, o sue integrazioni e modifiche.

2. Gli impianti a biomasse e a biogas per produzione energetica nel territorio aperto, qualora asserviti all'attività agricola condotta dal medesimo richiedente, dovranno essere progettati e valutati complessivamente e preventivamente (alla PAS, all'A.U. o eventuali altri atti autorizzativi di competenza di qualunque Ente) all'interno di un PAPMAA con valore di piano attuativo; se concepiti come attività produttiva in area dedicata (anche previa contestuale variante in territorio aperto) dovranno essere progettati e valuti complessivamente e preventivamente (alla PAS, all'A.U. o eventuali altri atti autorizzativi di competenza di qualunque Ente) all'interno di un piano attuativo;

3. Per tutte le tipologie di impianti da installare, sia quelli soggetti ad Autorizzazione Unica, sia quelli soggetti a PAS, si dovranno osservare i seguenti ulteriori criteri:

  • - sia dimostrato il perseguimento degli obiettivi di qualità contenuti nelle schede del paesaggio del PIT/PPR;
  • - sia dimostrata la salvaguardia degli elementi paesaggistici e delle visuali panoramiche dei nuclei e centri antichi;
  • - sia obbligatoriamente previsto il recupero e la trasformazione dell'energia termica mediante impiego di sistemi di cogenerazione e trigenerazione, da indicare in sede di progetto.
  • - sia dimostrata la tutela dei caratteri storici ed architettonici dei singoli edifici e dei nuclei antichi nel loro valore d'insieme;
  • - sia esclusa la realizzazione di nuove linee aeree di media e alta tensione, salvo che le condizioni geomorfologiche del terreno rendano impraticabile l'interramento delle linee di connessione;
  • - sia prodotto uno studio sui bilanci idrici necessari alle colture dedicate per impianti di produzione di energia, alimentati da biomassa.