Norme Tecniche di attuazione del Piano Operativo

Capo I prevenzione del rischio geologico, idraulico e sismico

Art. 128 Condizioni di fattibilità

1. Il Piano Operativo Comunale, coerentemente con quanto stabilito dal Piano Strutturale, disciplina l'attività urbanistica e quella edilizia, definisce quelle che sono le condizioni per la gestione del patrimonio edilizio esistente e per la realizzazione delle nuove previsioni.

La possibilità di trasformare il territorio è vincolata alle situazioni di pericolosità (geologica, sismica, da alluvioni), dunque è necessario procedere a dettare le condizioni di fattibilità, partendo dalle situazioni di criticità messe in evidenza nel Quadro Conoscitivo e schematizzate nelle carte delle aree caratterizzate da pericolosità geologica, sismica e del rischio da alluvioni. La possibilità di attuare gli interventi previsti dal Piano Operativo quindi deriva dalla loro fattibilità che è funzione, da un lato, del tipo di previsione e, dall'altro, della pericolosità dell'area di intervento. Di seguito sono riportati i criteri generali di fattibilità per tutti quegli interventi non localizzati ma previsti e consentiti dal Piano Operativo.

Per le trasformazioni previste e localizzate da parte del Piano Operativo Comunale, le relative schede di fattibilità procedono, oltre all'individuazione delle classi di pericolosità, alla individuazione delle indagini, le condizioni e i criteri necessari per procedere all'attuazione dello specifico intervento.

Art. 129 Criteri generali di fattibilità in relazione agli aspetti geologici

1. Nelle aree caratterizzate da pericolosità geologica molto elevata (G4) è necessario rispettare i criteri generali di seguito indicati, oltre a quelli già previsti dalla pianificazione di bacino:

  • - nelle aree soggette a fenomeni franosi attivi e nelle relative aree di evoluzione la fattibilità degli interventi di nuova costruzione ai sensi della L.R. 41/2018 o delle nuove infrastrutture a sviluppo lineare e a rete è subordinata alla preventiva esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e dei relativi sistemi di monitoraggio sull'efficacia degli stessi. Gli interventi di messa in sicurezza, sono realizzati in modo tale da:
  • - non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti;
  • - non limitare la possibilità di realizzare successivamente interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi;
  • - consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;

la durata del monitoraggio relativo agli interventi di messa in sicurezza è definita in relazione alla tipologia del dissesto e comunque non potrà mai essere inferiore a un anno.

  • - nelle aree soggette a intensi fenomeni geomorfologici attivi di tipo erosivo, la fattibilità degli interventi di nuova costruzione ai sensi della L.R. 41/2018 o delle nuove infrastrutture a sviluppo lineare e a rete è subordinata alla preventiva esecuzione di interventi di messa in sicurezza. Gli interventi di messa in sicurezza sono realizzati in modo tale da:
  • - non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti;
  • - non limitare la possibilità di realizzare successivi interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni in atto;
  • - consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  • - la fattibilità degli interventi sul patrimonio edilizio esistente che comportano la demolizione e ricostruzione, o aumenti di superficie coperta o di volume, e degli interventi di ampliamento e adeguamento di infrastrutture a sviluppo lineare e a rete, è subordinata alla valutazione che non vi sia un peggioramento delle condizioni di instabilità del versante e un aggravio delle condizioni di rischio per la pubblica incolumità.

2. Nelle aree caratterizzate da pericolosità geologica elevata (G3) è necessario rispettare i criteri generali di seguito indicati, oltre a quelli già previsti dalla pianificazione di bacino.

La fattibilità degli interventi di nuova edificazione o delle nuove infrastrutture a sviluppo lineare e a rete è subordinata all'esito di studi, rilievi e indagini geognostiche e geofisiche, finalizzate alla verifica delle effettive condizioni di stabilità ed effettuate in fase di piano attuativo oppure, qualora non previsto, a livello edilizio diretto. Qualora dagli studi, dai rilievi e dalle indagini ne emerga l'esigenza, la fattibilità degli interventi di nuova edificazione o nuove infrastrutture a sviluppo lineare e a rete è subordinata alla preventiva realizzazione degli interventi di messa in sicurezza. Gli interventi di messa in sicurezza, che sono individuati e dimensionati in sede di piano attuativo oppure, qualora non previsto, a livello edilizio diretto, sono tali da:

  • - non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti;
  • - non limitare la possibilità di realizzare successivi interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi;
  • - consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza.

Il raggiungimento delle condizioni di sicurezza costituisce il presupposto per il rilascio di titoli abilitativi.

La fattibilità degli interventi sul patrimonio edilizio esistente che comportano la demolizione e la ricostruzione, oppure aumenti di superficie coperta o di volume, e degli interventi di ampliamento e adeguamento di infrastrutture a sviluppo lineare e a rete è subordinata alla valutazione che non vi sia un peggioramento delle condizioni di instabilità del versante e un aggravio delle condizioni di rischio per la pubblica incolumità.

3. Nelle aree caratterizzate da pericolosità geologica media (G2), le condizioni di attuazione sono quelle di eseguire specifiche indagini finalizzate a non modificare negativamente le condizioni e i processi geomorfologici presenti nell'area.

4. Nelle aree caratterizzate da pericolosità geologica bassa (G1), non vi sono condizioni di attuazione dovute a limitazioni di carattere geomorfologico.

Art. 130 Criteri generali di fattibilità in relazione al rischio alluvioni

1. Nelle aree caratterizzate da pericolosità per alluvioni frequenti e poco frequenti la fattibilità degli interventi è perseguita secondo quanto disposto dalla L.R. 41/2018, oltre a quanto già previsto dalla pianificazione di bacino. La fattibilità degli interventi è subordinata alla gestione del rischio di alluvioni rispetto allo scenario per alluvioni poco frequenti, con opere idrauliche, opere di sopraelevazione, interventi di difesa locale, ai sensi dell'articolo 8, comma 1 della L.R. 41/2018.

Nei casi in cui, la fattibilità degli interventi non sia condizionata dalla L.R. 41/2018 alla realizzazione delle opere di cui all'articolo 8, comma 1, ma comunque preveda che non sia superato il rischio medio R2 e che siano previste le misure preventive atte a regolarne l'utilizzo in caso di eventi alluvionali, la gestione del rischio alluvioni può essere perseguita attraverso misure da individuarsi secondo criteri di appropriatezza, coniugando benefici di natura economica, sociale e ambientale, unitamente ai costi e ai benefici. In particolare, sono da valutare le possibili alternative nella gestione del rischio alluvioni dalle misure maggiormente cautelative che garantiscono assenza degli allagamenti fino alle misure che prevedono eventuali allagamenti derivanti da alluvioni poco frequenti.

Nel caso di interventi in aree soggette ad allagamenti, la fattibilità è subordinata a garantire, durante l'evento alluvionale, l'incolumità delle persone, attraverso misure quali opere di sopraelevazione, interventi di difesa locale e procedure atte a regolare l'utilizzo dell'elemento esposto in fase di evento. Durante l'evento sono accettabili eventuali danni minori agli edifici e alle infrastrutture tali da essere rapidamente ripristinabili in modo da garantire l'agibilità e la funzionalità in tempi brevi post evento.

Art. 131 Criteri generali di fattibilità in relazione agli aspetti sismici

1. Nelle aree caratterizzate da pericolosità sismica locale molto elevata (S4) sono da studiare e approfondire i seguenti aspetti:

  • - nel caso di zone di instabilità di versante attive e nelle relative aree di evoluzione sono effettuati studi, rilievi e indagini geognostiche e geofisiche per la predisposizione di verifiche di stabilità del versante tenuto conto anche dell'azione sismica e in coerenza con quanto indicato nelle "Linee guida per la gestione del territorio in aree interessate da instabilità di versante sismoindotte" - FR, emanate dalla Commissione Nazionale per la Microzonazione Sismica e recepite all'interno delle specifiche tecniche regionali di cui all'O.D.P.C.M. 3907/2010. In queste aree la fattibilità degli interventi di nuova edificazione, è subordinata alla preventiva esecuzione di interventi di messa in sicurezza, secondo le indicazioni di cui al paragrafo 3.1.3, lettera A) dell'Allegato A della DGR 31/2020. Agli interventi sul patrimonio esistente, si applicano i criteri definiti al paragrafo 3.1.3 lettera B) dell'Allegato A della DGR 31/2020;
  • - la fattibilità degli interventi sul patrimonio edilizio esistente, fatti salvi quelli che non incidono sulle parti strutturali degli edifici e fatti salvi gli interventi di riparazione o locali (NTC18, punto 8.4.3), è subordinata all'esecuzione di interventi di miglioramento o adeguamento sismico (in coerenza con le NTC 2018, punto 8.4).

2. Nelle aree caratterizzate da pericolosità sismica locale elevata (S3), in sede di piano attuativo o, in sua assenza, dei progetti edilizi, sono da studiare e approfondire i seguenti aspetti:

  • - nel caso di terreni di fondazione particolarmente scadenti, sono effettuate adeguate indagini geognostiche e verifiche geotecniche finalizzate alle verifiche dei cedimenti;
  • - in presenza di zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche significativamente diverse è effettuata una campagna di indagini geofisiche di superficie che definisca geometrie e velocità sismiche dei litotipi, posti a contatto, al fine di valutare l'entità del contrasto di rigidità sismica. E' opportuno che tale ricostruzione sia tarata mediante indagini geognostiche;
  • - nelle zone stabili suscettibili di amplificazione locale, caratterizzate da un alto contrasto di impedenza sismica tra copertura e substrato rigido o entro le coperture stesse entro alcune decine di metri, sono raccolti i dati bibliografici oppure è effettuata una specifica campagna di indagini geofisiche (quali, ad esempio, profili sismici a riflessione o rifrazione, prove sismiche in foro e, ove risultino significative, profili MASW) e geognostiche (quali, ad esempio, pozzi o sondaggi, preferibilmente a carotaggio continuo) che definisca spessori, geometrie e velocità sismiche dei litotipi sepolti per valutare l'entità del (o dei) contrasti di rigidità sismica tra coperture e bedrock sismico o entro le coperture stesse. Nelle zone di bordo della valle è preferibile l'utilizzo di prove geofisiche di superficie capaci di effettuare una ricostruzione bidimensionale del sottosuolo, quale quella sismica a rifrazione o riflessione;
  • - nel caso di zone di instabilità di versante quiescente e relativa zona di evoluzione sono realizzati studi, rilievi e indagini geognostiche e geofisiche, secondo quanto definito al paragrafo 3.1.3 dell'Allegato A della DGR 31/2020, tenendo conto anche dell'azione sismica e in coerenza con quanto indicato nelle "Linee guida per la gestione del territorio in aree interessate da instabilità di versante sismoindotte" - FR, emanate dalla Commissione Nazionale per la Microzonazione Sismica e recepite all'interno delle specifiche tecniche regionali di cui all'O.D.P.C.M. 3907/2010.

Nell'ambito dell'area caratterizzata a pericolosità sismica locale elevata (S3), la valutazione dell'azione sismica (NTC 2018, paragrafo 3.2), da parte del progettista, è supportata da specifiche analisi di risposta sismica locale (in conformità NTC 2018, paragrafo 3.2.2 e paragrafo 7.11.3), da condurre in fase di progettazione, nei seguenti casi:

  • - realizzazione o ampliamento di edifici strategici o rilevanti, ricadenti, nelle classe d'indagine 3 o 4, come definite dal regolamento di attuazione dell'articolo 181 della L.R. 65/2014;
  • - realizzazione o ampliamento di edifici a destinazione residenziale, ricadenti in classe d'indagine 4, come definita dal regolamento di attuazione dell'articolo 181 della L.R. 65/2014.

Per le aree caratterizzate dalla classe di pericolosità sismica locale elevata (S3), è inoltre necessario rispettare i seguenti criteri:

  • - per le aree di instabilità di versante quiescenti, la fattibilità di interventi di nuova edificazione è subordinata all'esito delle verifiche di stabilità di versante e alla preventiva realizzazione, qualora necessario, degli interventi di messa in sicurezza individuati al paragrafo 3.1.1, lettera A) dell'Allegato A della DGR 31/2020. La fattibilità degli interventi sul patrimonio edilizio esistente è subordinata a quanto indicato al paragrafo 3.1.1 punto B) dell'Allegato A della DGR 31/2020;
  • - la fattibilità degli interventi sul patrimonio edilizio esistente, fatti salvi quelli che non incidono sulle parti strutturali degli edifici e fatti salvi gli interventi di riparazione o locali ( punto 8.4.3 delle NTC 2018), è subordinata all'esecuzione di interventi di miglioramento o adeguamento sismico (in coerenza con il punto 8.4 delle NTC 2018).

3. Nelle aree caratterizzate da pericolosità sismica media (S2) non è necessario indicare condizioni di attuazione per la fase attuativa o progettuale degli interventi. Limitatamente a quelle connesse con contrasti di impedenza sismica attesa oltre alcune decine di metri dal piano campagna e con frequenza fondamentale del terreno indicativamente inferiore a 1 Hz, la fattibilità degli interventi di nuova edificazione tiene conto dell'analisi combinata della frequenza fondamentale del terreno e del periodo proprio delle tipologie edilizie, al fine di verificare l'eventuale insorgenza di fenomeni di doppia risonanza terreno-struttura nella fase della progettazione edilizia.

4. Nelle aree caratterizzate da pericolosità sismica locale bassa (S1), non sono necessarie condizioni di fattibilità specifiche per la fase attuativa o per l'adozione del titolo abilitativo all'attività edilizia.

5. Per le aree caratterizzate da pericolosità sismica elevata (S3), identificabile con aree alle quali sia attribuito un fattore di amplificazione maggiore al valore di 1.4, la valutazione dell'azione sismica (punto 3.2 delle NTC 2018), da parte del progettista, è supportata da specifiche analisi di risposta sismica locale (in conformità ai punti 3.2.2 e 7.11.3 delle NTC 2018), da condurre in fase di progettazione, nei seguenti casi:

  • - realizzazione di edifici strategici o rilevanti ricadenti in classe d'indagine 3 e 4, come individuate dal regolamento di attuazione dell'articolo 181 della L.R. 65/2014;
  • - realizzazione di edifici a destinazione residenziale ricadenti in classe d'indagine 4, come individuata dal regolamento di attuazione dell'articolo 181 della L.R. 65/2014.

Art. 132 Piano Stralcio assetto Idrogeologico (PAI)

1. L'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Settentrionale con Decreto del Segretario Generale n. 30 del 30 luglio 2020 con ad oggetto Territorio del Comune di Rignano sull'Arno (FI). Piano di bacino del fiume Arno, stralcio "Assetto Idrogeologico" (PAI) - Articolo 27 delle norme di attuazione "Adeguamento degli strumenti di governo del territorio". Approvazione modifiche della perimetrazione delle aree a pericolosità da frana e da processi geomorfologici di versante della cartografia del PAI. Progetto di Piano di bacino del distretto Appennino Settentrionale. Stralcio "Assetto Idrogeologico per la gestione del rischio da dissesti di natura geomorfologica relativo al territorio dei bacini del fiume Arno, del fiume Serchio e dei bacini della Toscana" (PAI dissesti geomorfologici) - Articolo 15 della disciplina del progetto di PAI. Esame e accoglimento osservazione al progetto di Piano e aggiornamento del quadro conoscitivo della pericolosità, ha recepito la Carta geomorfologica del Comune di Rignano sull'Arno che era stata trasmessa come osservazione al Progetto di PAI adottato.

Art. 133 Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (PGRA)

1. Il Piano di gestione del rischio di alluvioni (PGRA) è previsto dalla direttiva comunitaria 2007/60/CE (cd. 'Direttiva Alluvioni') e mira a costruire un quadro omogeneo a livello distrettuale per la valutazione e la gestione dei rischi da fenomeni alluvionali, al fine di ridurre le conseguenze negative nei confronti della salute umana, dell'ambiente, del patrimonio culturale e delle attività economiche. Dalle indagini idrologiche e idrauliche compiute per il Piano Strutturale del comune di Rignano, scaturirà un aggiornamento del PGRA.

2. Per quanto riguarda la mappatura il PGRA definisce tre classi di aree soggette a pericolosità da alluvione:

  • - pericolosità da alluvione elevata (P3), corrispondenti ad aree inondabili da eventi con tempo di ritorno minore/uguale a 30 anni (che sono equivalenti alle aree caratterizzate da pericolosità per alluvioni frequenti della L.R. n.41/2018);
  • - pericolosità da alluvione media (P2), corrispondenti ad aree inondabili da eventi con tempo di ritorno maggiore di 30 anni e minore/uguale a 200 anni (che sono equivalenti alle aree caratterizzate da pericolosità per alluvioni frequenti della L.R. n.41/2018);
  • - pericolosità da alluvione bassa (P1) corrispondenti ad aree inondabili da eventi con tempo di ritorno superiore a 200 anni e comunque corrispondenti al fondovalle alluvionale.

I riferimenti utili sono da ricercarsi nella Disciplina di Piano (dicembre 2015) relativa alla Unit of Management Arno (ITN0002)all'articolato del PGRA, sono gli articoli dal n.7 al n. 11.

3. Per ogni classe di pericolosità l'Autorità di Distretto stabilisce i casi in cui l'ente è chiamato ad esprimersi e le condizioni in cui è negata la fattibilità di un intervento; per gli altri casi, lascia alla Regione l'onere di disciplinare le condizioni di gestione del rischio idraulico, pertanto in pratica rimanda alla L.R. n. 41/2018.

Capo II Tutela delle risorse ambientali

Art. 134 Disposizioni generali

1. Il presente Capo dispone la tutela dell'integrità fisica del territorio secondo le specifiche condizioni di fragilità ambientale, definendo le condizioni delle trasformazioni previste dai piani attuativi, dai permessi di costruire convenzionati e dagli interventi diretti, nonché dagli altri atti, procedimenti e progetti che interessino le trasformazioni del territorio. La disciplina del presente Capo prevale su tutte le disposizioni contenute nelle presenti Norme e condizionano tutti gli interventi edilizi ed urbanistici di trasformazione del territorio.

2. Alle disposizioni del presente Capo si aggiungono le valutazioni complessive degli effetti ambientali degli interventi di trasformazione edilizie e urbanistiche di cui all'art. 31 "Valutazione e mitigazione degli effetti ambientali delle trasformazioni".

3. Nelle schede di trasformazione di cui all'allegato "A" delle presenti Norme sono indicate le specifiche prescrizioni per le trasformazioni ivi contenute. Sono indicate le specifiche prescrizioni per la valutazione degli effetti ambientali da eseguirsi in sede di redazione del progetto, nonché per la realizzazione dei necessari interventi di mitigazione, con riferimento alle disposizioni generali di seguito elencate.

4. Per i criteri e le modalità di applicazione dei procedimenti di verifica di assoggettabilità a VAS e di VAS, si rimanda alla L.R. n. 10/2010 e ss.mm.ii. e alla normativa nazionale di riferimento D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. Nel rispetto di quanto disposto dall'art. 5-bis della L.R. n. 10/2010 e ss.mm.ii., in applicazione del principio di non duplicazione delle valutazioni non sono sottoposti a VAS né a verifica di assoggettabilità i piani attuativi e i progetti unitari convenzionati che non comportano variante al presente Piano Operativo.

Art. 135 Fasce di rispetto e tutela dei corsi d'acqua

1. La norma fa riferimento a tutti i corsi d'acqua del reticolo idrografico delle acque superficiali definito ai sensi della L.R. n. 79/2012, fata salva la competenza del Genio Civile Valdarno superiore al rilascio di atti di autorizzazione o concessione idraulica.

2. Su ambedue le sponde dei corsi d'acqua è istituita una fascia di rispetto pari a un minimo di 10 m dal piede esterno dell'argine o, nel caso di corsi d'acqua non arginati, dal ciglio di sponda.

3. La fascia di rispetto dei corsi d'acqua, oltre a garantire la conservazione delle funzioni biologiche caratteristiche dell'ambito ripariale, assicura la piena efficienza delle sponde e la funzionalità delle opere idrauliche facilitandone le operazioni di manutenzione.

4. All'interno della fascia di rispetto dei corsi d'acqua, che comprende anche le sponde interne e l'alveo, fatta salva la disciplina di cui al R.D. n. 523/1904, all'art. 3 della L.R. n. 41/2018 e al D.P.G.R. n. 42/R/18, sono vietati:

  • a. qualsiasi tipo di edificazione, comprese le recinzioni, fatti salvi i manufatti di cui all'art. 137 della L.R. n. 65/2014; sono consentiti solamente interventi di sistemazione a verde, con percorsi pedonali e ciclabili, ma senza attrezzature fisse; le opere per il tempo libero potranno essere installate se temporanee e se non incidono sulla dinamica del corso d'acqua;
  • b. ogni tipo di impianto tecnologico, salvo le opere attinenti alla corretta regimazione dei corsi d'acqua, alla regolazione del deflusso di magra e di piena, alle derivazioni e alle captazioni per approvvigionamento idrico e al trattamento delle acque reflue, nonché le opere necessarie all'attraversamento viario e all'organizzazione di percorsi ciclopedonali e/o ippici e funzionali alle pratiche agricole meccanizzate;
  • c. i movimenti di terra che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente il profilo del terreno con la sola eccezione di quelli connessi ai progetti di recupero ambientale;
  • d. ogni immissione di reflui non depurati, mentre sono ammessi solo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione riparia, al miglioramento del regime idraulico (quale la pulizia dell'alveo).

5. All'interno della fascia di rispetto dei corsi d'acqua i nuovi interventi e gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, sulle infrastrutture a sviluppo lineare esistenti, sui parcheggi pubblici e privati sono disciplinati dall'art. 3 della L.R. n. 41/2018 "Tutela dei corsi d'acqua".

Art. 136 Interventi su suolo e sottosuolo e sui corsi d'acqua

1. Per tutti gli interventi da attuare è generalmente vietata l'asportazione e la sostituzione del suolo vegetale salvo che per le normali operazioni di zollatura, drenaggio, piantumazioni, semine e gli interventi edilizi ammessi.

2. Gli interventi che interessano la morfologia esistente devono rispettarne la conformazione senza modificarne gli assetti oltre a contenere la quantità di scavi e riporti allo stretto necessario. I movimenti terra dovranno essere eseguiti sempre nel pieno rispetto delle caratteristiche geomeccaniche o geotecniche dei terreni. Qualora fossero necessari interventi di sostegno e di controllo dell'erosione, saranno da preferirsi quelli effettuati con le tecniche dell'ingegneria naturalistica, preferibilmente con materiali vivi. A seguito di tutti i movimenti terra è obbligo di realizzare le opere di sistemazione idraulica superficiale necessarie a limitare al minimo il fenomeno dell'erosione.

3. Impermeabilizzazione: tutti i progetti dovranno essere tesi ad evitare gli effetti delle ulteriori impermeabilizzazioni artificiali. A tal scopo ogni nuovo intervento sulla superficie del suolo dovrà essere realizzato in modo da non alterare le funzionalità idraulica del contesto in cui si inserisce, garantendo il mantenimento dell'efficienza della rete di convogliamento e di recapito delle acque superficiali.

In occasione di ogni trasformazione di realizzazione o di adeguamento, di piazzali, parcheggi, elementi di viabilità pedonale o meccanizzata, devono essere adottate modalità costruttive che consentano l'infiltrazione, oppure la ritenzione, anche temporanea, delle acque meteoriche. Può essere fatta eccezione soltanto per dimostrati motivi di sicurezza ovvero di tutela di interessi storico-ambientali.

Nella realizzazione di ogni nuovo intervento, dovranno dovranno essere posti in opere tutti gli accorgimenti tecnici che garantiscano il principio dell'invarianza idraulica.

Restano comunque ferme le specifiche disposizioni previste dall'art. 31 con riferimento agli interventi nel medesimo individuati.

In particolare ogni trasformazione di nuova edificazione deve garantire il mantenimento di una superficie scoperta permeabile, cioè tale da consentire l'assorbimento anche parziale delle acque meteoriche, pari ad almeno il 25% della superficie fondiaria di pertinenza.

Valgono comunque, con riferimento agli specifici tessuti eventuali più stringenti limiti previsti dalle specifiche disposizioni inerenti i medesimi.

In ambito urbano, i progetti delle trasformazioni comportanti la realizzazione di superfici impermeabili o parzialmente permeabili, o che prevedono modifiche di uso e/o utilizzo del suolo devono prevedere un apposito richiamo al rispetto del principio dell'invarianza idraulica: nella realizzazione di nuovi edifici, di ampliamenti di edifici esistenti e di qualunque altro intervento che comporti l'impermeabilizzazione dei suoli, per superfici pari o superiori a 100 mq., dovranno essere previsti impianti di accumulo per l'immagazzinamento e la gestione della restituzione delle acque di pioggia in modo da non aumentare il deflusso delle acque meteoriche nelle aree circostanti.

Al di fuori del perimetro urbano, dovranno essere realizzati tali volumi di invaso solo per impermeabilizzazioni superiori ai 500 mq., se l'area si trova al di fuori delle classi di pericolosità idraulica P3, P2, P1, altrimenti per impermeabilizzazione superiori a 250 mq.

Si prescrive di realizzare un volume di invaso atto alla laminazione delle portate di pioggia, da collocarsi, in ciascuna area in cui si verifichi un aumento delle superfici impermeabili, a monte del punto di scarico dei deflussi nel corpo idrico recettore o dell'area scolante.

Per interventi diffusi su interi comparti urbani, i proponenti la trasformazione che comporta un aumento di impermeabilizzazione dei suoli possono concordare la realizzazione di volumi al servizio dell'intero comparto urbano, di entità almeno pari alla somma dei volumi richiesti dai singoli interventi e collocati comunque idraulicamente a monte del recapito finale. Il volume minimo di cui ai commi precedenti deve essere calcolato secondo la procedura ritenuta idonea al professionista, con tempo di ritorno minimo di 30 anni, così come dovranno essere valutate tutte le variazioni di coefficiente di deflusso tra stato attuale e stato di progetto. Insieme alla progettazione delle opere di invaso dovrà essere consegnato anche apposito piano di manutenzione delle opere in progetto.

Della sussistenza delle condizioni di invarianza idraulica richiamate ai punti precedenti deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia.

In

4. Intubamenti: su tutto il territorio comunale sono vietati gli intubamenti e tutte le operazioni che possono portare all'interramento dei fossi, tranne che tramite un'opportuna progettazione da sottoporre ad autorizzazione degli enti competenti sia realizzato un nuovo percorso idraulico (bypass) comprensivo di un nuovo recapito che non aggravi localmente e neppure a monte e a valle dell'intervento le condizioni di rischio idraulico. La gestione dei tratti coperti dei corsi d'acqua è disciplinata dall'art. 6 della L.R. n. 41/2018 e dettagliata nell'art. 119 delle presenti NTA.

5. Indirizzi per la regimazione delle acque superficiali incanalate: ogni qual volta siano previsti nei progetti di sistemazione idraulica o di recupero ambientale delle nuove opere di regimazione idraulica (briglie, traverse, argini, difese spondali) sia che il corso d'acqua sia naturale, sia che sia artificiale esse dovranno essere finalizzate al riassetto dell'equilibrio idrogeologico, al ripristino della funzionalità della rete del deflusso superficiale, alla messa in sicurezza dei manufatti e delle strutture, alla rinaturalizzazione spontanea, al miglioramento generale della qualità ecobiologica e all'incremento della fruizione pubblica. Se non sussistono problemi di spazi o di carenze strutturali, dovranno essere utilizzate in modo prioritario le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica.

6. Infrastrutture viarie: i nuovi rilevati delle infrastrutture viarie non potranno in nessun caso alterare il corso delle acque superficiali incanalate. Allo scopo di assicurare il collegamento monte-valle delle acque di scorrimento superficiale si dovranno prevedere opportune "luci" di passaggio appositamente aperte nella struttura del rilevato. I sottopassi per l'attraversamento dei fossi da parte della rete viaria dovranno essere dimensionati in modo da evitarne il restringimento della sezione di deflusso e da permettere una semplice manutenzione periodica. Per tale motivo i progetti delle infrastrutture, se interferenti con il regime delle acque superficiali, dovranno essere sottoposti all'approvazione degli Enti competenti in materia idraulica anche se realizzati in aree a pericolosità P1 o non classificata.

Particolare attenzione dovrà essere posta all'allontanamento delle acque piovane dai piani viari che dovrà avvenire recapitando le stesse direttamente alla rete idrografica con appositi manufatti di raccolta messi in opera con funzionalità antierosiva. Per le strade sterrate e/o non asfaltate, la viabilità poderale ed i sentieri si dovrà prevedere la realizzazione di sciacqui laterali sistemati in modo da evitare l'innesco di fenomeni di erosione incanalata nei terreni di sgrondo adiacenti.

7. Fognature: tutti gli interventi sulla rete fognaria dovranno evitare gli effetti negativi dovuti all'infiltrazione delle acque reflue sia sulla stabilità del terreno sia sulla qualità delle acque di falda.

8. Canalizzazioni agricole: gli interventi inerenti i terreni agricoli dovranno essere realizzati tenendo conto del mantenimento dell'efficienza delle canalizzazioni, provvedendo, in ogni caso, al ripristino della loro funzionalità laddove questa risulti essere stata manomessa o comunque peggiorata dagli interventi precedenti. Non si consente l'interruzione della continuità di deflusso nei fossi e nei canali di scolo delle aree agricole a meno che non sia previsto un nuovo recapito per le acque di scorrimenti intercettate o deviate dalla sede originaria. Le attività agricolo-forestali dovranno garantire la corretta regimazione delle acque superficiali in modo da limitare l'azione erosiva sul suolo da parte delle acque di scorrimento superficiale. A tale scopo si dovranno adottare e mantenere in efficienza sistemazioni idrauliche adeguate alle pratiche agricole in uso.

9. Movimenti terra: tutti gli sbancamenti e gli scavi in terreno sciolto e/o lapideo che comportino variazioni permanenti della morfologia del terreno dovranno essere provvisti, a monte degli stessi, di adeguate opere di drenaggio per la raccolta e il convogliamento delle acque meteoriche nella rete di scolo esistente. Il rinterro degli scavi e/o degli sbancamenti dovrà prevedere il ripristino della morfologia originaria e delle condizioni di stabilità delle pareti naturali, utilizzando materiali terrigeni di caratteristiche geotecniche simili a quelli esistenti in loco adeguatamente compattati e addensati.

10. Reti tecnologiche interrate: la messa in opera degli impianti tecnologici a rete dovrà evitare, di norma, la variazione e/o l'alterazione del reticolo di deflusso delle acque superficiali. Qualora l'intervento preveda modifiche al percorso delle acque di scorrimento superficiale si dovrà individuare una nuova via di deflusso, di sicuro recapito, che non comporti concentrazioni e ristagni di acque nelle aree di intervento e in quelle limitrofe.

Art. 137 Salvaguardia della qualità delle acque sotterranee

1. Le opere di sfruttamento della risorsa idrica dovranno garantire l'osservanza delle disposizioni contenute nella parte terza del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.. In particolare per la salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano si dovranno tenere presenti le zone di tutela assoluta, le zone di rispetto, le zone di protezione con la relativa disciplina di cui all'art. 94 del citato D.Lgs. 152/2006.

2. Fatta eccezione per le sorgenti, non è consentito porre la falda idrica a contatto permanente dell'atmosfera mediante opere diverse da pozzi, ovvero con scavi di qualsiasi forma e dimensione, senza che siano realizzate le dovute opere di protezione. Opere diverse da pozzi (quali scavi sotto falda, drenaggi, etc.) che interferiscono con i livelli idrici del sottosuolo, anche solo temporaneamente, devono essere giustificati e documentati negli allegati di progetto.

3. Nelle aree ad elevata vulnerabilità individuate nell'Elaborato 3.8 Carta della vulnerabilità degli acquiferi con l'ubicazione dei pozzi con le sigle E, A1 e A2, gli impianti di smaltimento delle acque reflue esistenti, a servizio di abitazioni o strutture varie, realizzati mediante fosse biologiche o pozzi neri, possono essere mantenuti se dalle risultanze di uno studio puntuale idrogeologico è dimostrata la non interferenza con i corpi idrici. La verifica di quanto sopra è obbligatoria in fase di ristrutturazione e/o ampliamento del patrimonio edilizio esistente, nonché in caso di cambio della destinazione d'uso. In alternativa allo smaltimento per sub irrigazione, è ammessa la costruzione di depuratori abbinati a impianti di fitodepurazione o sistemi assimilabili. Nelle aree a elevata vulnerabilità individuate nell'Elaborato 3.8 Carta della vulnerabilità degli acquiferi con l'ubicazione dei pozzi con le sigle E, A1 e A2 non si dovranno prevedere impianti e attività potenzialmente inquinanti, in particolar modo quelli comportanti scarichi, depositi, accumuli o stoccaggi direttamente poggiati su terreno nudo di materie prime, prodotti, residui o reflui pericolosi per l'ambiente quali ad esempio:

  • - attività zootecniche industriali e comunque tutte le attività che comportano la produzione di rifiuti azotati;
  • - impianti di stoccaggio temporaneo o definitivo o di trattamento di rifiuti solidi urbani, rifiuti urbani pericolosi, rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi;
  • - impianti e attività industriali particolarmente inquinanti a causa di emissioni, scarichi, residui, o materie prime inquinanti;
  • - produzione agricola intensiva.

4. Nell'ottica di minimizzare degli sprechi della risorsa idrica, durante la realizzazione o il completamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, si dovrà procedere al potenziamento delle reti di distribuzione esistenti, valutando la possibilità di installare le reti duali, nelle quali si differenzia la qualità dell'acqua in funzione della destinazione d'uso, di ottimizzare il sistema di controllo e misura sui volumi effettivamente consumati dall'utenza e di snellire la procedura di verifica delle perdite in rete.

Art. 138 Aree per opere di regimazione idraulica

1. Le opere di regimazione delle acque sono opere per la difesa del territorio esposto ad elevato rischio idraulico (alvei, casse di espansione e bacini di accumulo artificiali, rifacimento o costruzione di argini golenali, etc.).

2. Le aree che devono essere considerate in questa fattispecie sono gli alvei, gli argini e le fasce di rispetto e tutela considerate nell'art. 115, nonché tutte le aree che saranno da destinare all'esecuzione di opere di espansione o alla realizzazione di arginature. Il Comune può, con apposite varianti al PO e sulla base di ulteriori specifici studi e progetti, individuare altre aree da destinare ad opere di regimazione idraulica, da realizzare nell'arco temporale della sua validità, con particolare riferimento alle aree individuate nei piani dell'Autorità di Distretto.

3. Nelle aree di cui al precedente comma 2 sono unicamente consentiti interventi di conduzione agricola che comunque non comportino rilevanti movimenti di terra. È vietata qualsiasi nuova edificazione anche a carattere precario, in quanto tali aree sono vocate ad aree necessarie per opere di difesa del suolo.

4. In relazione al progetto definitivo del tipo di opera da realizzare, le aree interessate dalle opere di regimazione idraulica potranno essere espropriate, in tutto o in parte, e/o assoggettate a servitù.

A tal fine l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio è demandata all'approvazione del progetto definitivo il quale costituirà, ai sensi e per gli effetti dell'art. 34 L.R. 65/2014 contestuale variante al presente strumento. La disciplina di cui al presente articolo non costituisce apposizione di vincolo preordinato all'esproprio.

Le aree che, pur interessate dall'opera e da questa in qualche modo modificate, consentono una qualsiasi attività produttiva di tipo agricolo o simile anche dopo l'esecuzione dei lavori, potranno essere mantenute in proprietà dei privati, con l'obbligo di conservarle allo stato di natura o ad uso agricolo, con la servitù di utilità pubblica.

5. L'atto costitutivo della servitù regolerà altresì i rapporti tra Enti attuatori e/o gestori dell'opera ed i proprietari delle aree, anche in riferimento ad eventuali danni prodotti alle attività consentite, dall'occasionale funzionamento della struttura.

6. La progettazione, realizzazione e gestione delle casse di espansione e laminazione deve essere finalizzata anche alla valorizzazione delle potenziali funzioni di elementi integrativi della rete ecologica delle aree umide.

Art. 139 Risanamento idraulico

1. Al fine di coniugare le esigenze di tutela con quelle di recupero del patrimonio edilizio esistente, si possono individuare comparti edificati, anche in parte entro le fasce di rispetto lungo i corsi d'acqua così come individuate all'art. 115 delle presenti norme, con attenzione anche ai corsi d'acqua intubati ed interni ai nuclei insediativi, ove subordinare gli interventi edilizi alla redazione di apposti Piani di Risanamento idraulico (PRI) riferiti nello scopo alla Norma 12 del Piano Stralcio Rischio idraulico dell'Autorità di Bacino del Fiume Arno.

2. I Piani di risanamento idraulico partendo dall'analisi dello stato di fatto devono:

  • a. prevedere interventi di rimozione e/o correzione delle situazioni difformi, finalizzati a ripristinare o agevolare l'accessibilità ai corsi d'acqua;
  • b. prevedere l'esecuzione di interventi (pubblici o privati) di comparto, finalizzati all'adeguamento e/o miglioramento delle condizioni di sicurezza dell'area di intervento o delle aree contermini;
  • c. subordinare gli interventi edilizi all'interno del comparto all'attuazione del Piano di risanamento idraulico.

3. Interventi di adeguamento dei tratti coperti dei corsi d'acqua: in relazione all'art. 4 comma 2 della L.R. 41/2018 per la tutela della pubblica incolumità, all'atto del rilascio della concessione demaniale detta indirizzi per i concessionari di tratti coperti di corsi d'acqua, seguendo il seguente ordine di priorità :

  • a. riapertura completa del corso d'acqua;
  • b. delocalizzazione di edifici e strutture che interferiscono con il corso d'acqua;
  • c. se non sussistono possibilità di compiere interventi di tipo a e b (per motivi tecnici o di sostenibilità economica) e solamente in caso di zona edificata, interventi di mitigazione del rischio e di gestione del pericolo a tutela della pubblica incolumità.

4. Gestione transitoria dei tratti coperti dei corsi d'acqua: nelle more della realizzazione degli interventi di cui sopra, dovranno essere disposte caso per caso delle condizioni di gestione del rischio transitorie che dovranno essere emanate dal Comune di Rignano di intesa con la Regione Toscana e inserite nel Piano di Protezione Civile Comunale.