Norme Tecniche di attuazione del Piano Strutturale

Capo I Risorse patrimoniali

Art. 18 Definizione

1. Costituiscono risorse patrimoniali le componenti fisico-naturali e le componenti storico-culturali che concorrono, in proprio e attraverso reciproche relazioni, alla definizione identitaria del paesaggio nel territorio comunale. Sono identificate dalle tavole nn. 1.3.1 e 1.3.2 dello Statuto del territorio.

2. Per componenti fisico-naturali si intendono l'aria, l'acqua, il suolo, la vegetazione e la fauna. L'acqua e il suolo, oltre che dalla specifica disciplina di salvaguardia loro inerente, sono interessate dalla disciplina per la tutela dell'integrità fisica del territorio.

3. Per componenti storico-culturali si intendono i siti archeologici, il sistema insediativo di impianto storico (accentrato, sparso e comprensivo della viabilità di impianto storico e degli elementi complementari minori, quali giardini, tabernacoli, ponti, muri, ecc.), le sistemazioni idraulico-agrarie, i soprassuoli a maggiore permanenza di componenti colturali tradizionali.

4. Il paesaggio, quale prodotto storico delle relazioni tra componenti fisico-naturali e componenti storico-culturali, viene inteso come risorsa patrimoniale complessa, caratterizzata, oltre che dalla qualità delle singole componenti, dalla coerenza strutturale delle relazioni.

Art. 19 Atlante partecipato delle risorse patrimoniali.

1. L'atlante partecipato delle risorse patrimoniali è lo strumento dinamico, interattivo, aggiornabile, attraverso cui la comunità locale riconosce, nel tempo, il proprio patrimonio territoriale e riferisce ad esso le politiche di governo del territorio.

2. Esso è costituito, in prima istanza, dalle tavole nn. 1.3.1, 1.3.2 e 1.3.3 dello Statuto del territorio e dalle disposizioni di cui alla Parte Seconda delle presenti norme.

3. L'Amministrazione Comunale, in collaborazione con le associazioni di base e con altri soggetti della società locale, pubblica l'Atlante sul portale del Comune di Rignano sull'Arno e lo rende suscettibile di aggiornamento e/o di integrazione con tutte le informazioni che si renderanno disponibili nel tempo. Tali informazioni, se del caso accompagnate da cartografie, iconografie e schede descrittive dei beni che compongono il patrimonio territoriale, potranno essere acquisite a seguito di iniziative scientifiche e culturali, attraverso specifiche elaborazioni tecniche allegate ai progetti che interessano, direttamente o indirettamente, le risorse patrimoniali, ovvero attraverso proposte avanzate, anche online, in forma libera da chiunque.

4. Ogni cinque anni l'Amministrazione Comunale verifica le proposte di aggiornamento e/o di integrazione pervenute e, se del caso, aggiorna lo Statuto del territorio valutando, conseguentemente, la coerenza delle Strategie definite dal Piano strutturale.

5. La suddetta verifica costituisce azione di monitoraggio del PS ai sensi dell'articolo 7 delle presenti norme18.

18. Articolo 7 "Monitoraggio"

Art. 20 Gerarchia della disciplina

1. La disciplina per l'uso durevole delle risorse patrimoniali è definita a partire dalla disciplina per la tutela dell'integrità fisica del territorio e della qualità dell'aria, delle acque e del suolo.

2. La disciplina per l'uso durevole delle risorse patrimoniali prevale, in caso di contrasto, sulle altre disposizioni dettate dalle presenti norme. Al suo interno, le disposizioni inerenti la tutela dell'integrità fisica del territorio, nonché la qualità dell'aria, delle acque e del suolo, prevalgono, in caso di contrasto, sulle altre disposizioni dello Statuto del territorio e sulle disposizioni che definiscono le Strategie per lo sviluppo durevole del territorio.

Capo II Disciplina delle componenti fisiche e naturali

Art. 21 Definizione

1. Il PS riconosce, quali risorse patrimoniali, le componenti fisiche e naturali che concorrono alla formazione del sistema ambientale locale.

2. Dette componenti, per la caratterizzazione che inducono nel territorio, per gli specifici caratteri qualitativi e per l'importanza che assumono nella percezione sociale, sono risorse patrimoniali ad alto contenuto identitario e costituiscono le matrici fisiche e naturali degli assetti paesaggistici locali, concorrendo alla definizione della "conformazione paesaggistica profonda del territorio", così come definita dall'articolo 39 delle presenti norme19.
In quanto tali, esse sono oggetto di diverse modalità di conservazione, secondo una disciplina articolata così come definita ai successivi articoli del presente Capo II20.

3. Sono individuate dalla Tavola n. 1.3.1 dello Statuto del Territorio e sono costituite da aria, acqua e suolo, oltre che da vegetazione e fauna così come disciplinate attraverso il sistema dei boschi, il sistema dei corsi d'acqua e degli invasi artificiali, il sistema agricolo e dei prati, il sistema degli arbusteti.

19. Articolo 39 "Categorie di riferimento del paesaggio"

20. Statuto del territorio, Titolo Terzo, Capo II "Disciplina delle componenti fisiche e naturali", articoli da 21 a 26

Art. 22 Integrità fisica del territorio

1. La tutela dell'integrità fisica del territorio è definita dal PS in relazione ai caratteri geomorfologici, idraulici e idrogeologici.

2. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla tutela dell'integrità fisica del territorio sono:

  1. a. contenimento degli interventi di trasformazione territoriale nelle aree a pericolosità geologica e idraulica molto elevata, con l'eccezione di quelli di rilevante interesse generale, se e in quanto consentiti dalla normativa nazionale e regionale vigente;
  2. b. messa in sicurezza degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti in aree soggette a rischio geologico e idraulico.

3. Le disposizioni relative alle caratteristiche geomorfologiche, idrauliche e idrogeologiche prevalgono, in caso di contrasto, su quelle relative alle trasformazioni e agli usi ammissibili nel territorio comunale.

4. Il PS individua, attraverso le indagini geologico - idrauliche, i gradi di pericolosità geologica e idraulica secondo quanto prescritto dalla relativa normativa regionale, dal PIT21, dal PTCP22, dalle norme e dalle salvaguardie dell'Autorità di Bacino del Fiume Arno, rinviando la predisposizione delle indagini di fattibilità al RU e agli altri atti di governo del territorio.

5. Gli interventi per la tutela dell'integrità fisica del territorio sono concepiti anche in funzione della salvaguardia dell'ambiente naturale e della qualità paesaggistica.
Pertanto, compatibilmente con le esigenze di sicurezza e di funzionalità, gli interventi di trasformazione territoriale ricorrono, ogni qual volta ciò risulti possibile, a tecniche di ingegneria naturalistica, anche nel rispetto di quanto disposto dalla Deliberazione CR 20/05/1997, n. 15523, e dalla LR 56/2000, articolo 6, comma 524.

6. Disposizioni relative alle caratteristiche geologiche/geomorfologiche

6.1. Pericolosità geomorfologica molto elevata.

Le trasformazioni fisiche del territorio, che interessino aree ricadenti nella classe di pericolosità geomorfologica molto elevata (G.4) e per le quali risulti una classe di fattibilità limitata (F4), sono subordinate, in fase di redazione del RU, a specifiche indagini geognostiche e agli altri studi comunque necessari per precisare l'entità dei problemi di stabilità. Esse sono comunque subordinate al rispetto dei seguenti criteri generali:

  1. a. gli interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture sono consentiti solo a seguito di interventi di consolidamento, bonifica, protezione e sistemazione dei terreni;
  2. b. gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  3. c. in presenza di interventi di messa in sicurezza dovranno essere predisposti ed attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;
  4. d. devono essere preventivamente certificati: l'avvenuta messa in sicurezza, conseguente alla realizzazione e al collaudo delle opere di consolidamento; gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato; la delimitazione delle aree che risultino in condizioni di sicurezza;
  5. e. relativamente agli interventi per i quali sia dimostrato il non aggravio delle condizioni di instabilità dell'area, purché siano previsti, ove necessario, interventi mirati a tutelare la pubblica incolumità, a ridurre la vulnerabilità delle opere esposte mediante consolidamento o misure di protezione delle strutture per ridurre l'entità di danneggiamento, nonché l'installazione di sistemi di monitoraggio per tenere sotto controllo l'evoluzione del fenomeno. Della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia.

6.2. Pericolosità geologica elevata.

Le trasformazioni fisiche del territorio, che interessino aree ricadenti nella classe di pericolosità geomorfologica elevata (G.3)25 e per le quali risulti una classe di fattibilità condizionata (F3), sono subordinate, in fase di redazione di Piani attuativi (PA) e di Piani complessi di intervento, ovvero, in loro mancanza, in fase di predisposizione dei progetti edilizi, ad approfondimenti di indagine necessari per precisare l'entità dei problemi di stabilità. Esse sono comunque subordinate al rispetto dei seguenti criteri generali:

  1. a. gli interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture sono subordinati all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici finalizzati alla verifica delle effettive condizioni di stabilità e alla preventiva realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza;
  2. b. gli eventuali interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione e prevenzione dei fenomeni, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  3. c. in presenza di interventi di messa in sicurezza dovranno essere predisposti e attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;
  4. d. devono essere preventivamente certificati: l'avvenuta messa in sicurezza, conseguente alla realizzazione e al collaudo delle opere di consolidamento; gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato; la delimitazione delle aree che risultino in condizioni di sicurezza;
  5. e. possono essere attuati quegli interventi per i quali venga dimostrato che non determinano condizioni di instabilità e che non modificano negativamente i processi geomorfologici presenti nell'area. Della sussistenza di tali condizioni deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia.

6.3. Relativamente alle aree a pericolosità molto elevata (P.F.4) ed elevata (P.F.3) per processi geomorfologici di versante e da frana, individuate dall'Autorità di Bacino del Fiume Arno nel "Piano di Bacino del Fiume Arno, stralcio Assetto Idrogeologico (PAI) - Stralcio Rischio Idrogeologico"26 e perimetrate nella Tavola 3.5 del Quadro conoscitivo di riferimento27, trovano applicazione le specifiche misure di salvaguardia disposte agli artt. 9, 10, 11 e 12 delle relative "Norme di Attuazione ed Allegati".

7. Disposizioni relative al contesto idraulico

7.1. Aree interessate da disposizioni della pianificazione di bacino e provinciale

7.1.2. Relativamente alle aree a pericolosità idraulica molto elevata (P.I.4) ed elevata (P.I.3) individuate dall'Autorità di Bacino del Fiume Arno28 e perimetrate nella Tavola 3.8 del Quadro conoscitivo di riferimento29, trovano applicazione le specifiche misure di salvaguardia disposte agli artt. 5, 6, 7 e 8 delle relative "Norme di Attuazione ed Allegati".

7.1.3. La classificazione e la perimetrazione delle aree sensibili, individuate nella Tavola 3.7 del Quadro conoscitivo di riferimento30 e articolate tra quelle desunte dalla carta dello Statuto del territorio del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze, possono essere soggette a variazioni a seguito di documentate argomentazioni e di studi idrologico - idraulici che dimostrino l'assenza delle condizioni di rischio per eventi di piena con tempi di ritorno pari a 200 anni (T200), in conformità ai criteri di cui al Capo 5 del Titolo I dello Statuto del territorio del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze.

7.1.4. La disciplina delle aree di cui al precedente punto 7.1.3. deve essere finalizzata al mantenimento e al miglioramento delle condizioni fisiche e ambientali esistenti nelle aree naturalmente predisposte alla laminazione delle piene, mantenendo e migliorando la loro valenza di casse di espansione naturali. L'eventuale ammissibilità di trasformazioni di altra natura deve discendere da valutazioni idrauliche esaurienti ai sensi del vigente Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana e del Capo 5, Titolo I dello Statuto del territorio del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze. All'interno di tali aree, le trasformazioni territoriali che implichino la realizzazione di nuove infrastrutture, di nuova edificazione, nonché il recupero del patrimonio edilizio esistente con incremento di volumetria, sono condizionate all'esecuzione di accurati studi idraulici che accertino l'assenza di rischio per un tempo di ritorno pari a 200 anni (T 200). Qualora tali studi evidenzino l'esistenza di condizioni di rischio idraulico per un tempo di ritorno pari a 200 anni (T 200), dovranno essere codificati i sistemi e gli interventi per la messa in sicurezza idraulica, da realizzare contestualmente alle opere; tali interventi, nel prefissato tempo di ritorno (T200), dovranno garantire la sicurezza idraulica alle nuove opere da realizzare e non dovranno aggravare né trasferire le condizioni di rischio in altre aree. A tale scopo, l'Amministrazione Comunale dovrà comunicare alla Provincia di Firenze l'avvenuta messa in sicurezza delle aree interessate dagli interventi e di quelle contermini, attraverso l'invio di una cartografia tematica, relativa all'intero territorio comunale. Tale cartografia dovrà descrivere le condizioni di pericolosità esistenti così come modificate per effetto degli interventi previsti. Tale cartografia, da redigere in scala 1:10.000, dovrà contenere la perimetrazione delle aree sensibili previste dal PTC della Provincia di Firenze, nonché i perimetri delle aree inondabili per eventi di piena con tempi di ritorno per 100 e 200 anni (T 100 e T 200).

7.1.5. Relativamente alle aree soggette alla "Norma n. 5" di cui al DPCM n. 226/199931, perimetrate nella Tavola 3.7 del Quadro conoscitivo di riferimento32, trovano applicazione le specifiche misure di salvaguardia disposte dalla suddetta norma, che non precludono le possibilità edificatorie e/o altre forme di trasformazione.

7.2. Reticolo idraulico e ambito di assoluta protezione del corso d'acqua

Il reticolo idraulico, così come cartografato negli Atti di programmazione del Piano di Assetto Idrogeologico del bacino dell'Arno (PAI) e comprendente anche i corsi d'acqua di interesse idraulico individuati nel PIT33, è soggetto alle misure di tutela dei suddetti Piani e, relativamente ai corsi d'acqua individuati dal Quadro conoscitivo del PIT, alle misure di salvaguardia34 per una fascia di m 10 dal ciglio di sponda o dal piede esterno dell'argine.

I corsi d'acqua individuati nel PIT 2007 sono:

  • - Fiume Arno FI707
  • - Fosso di Castiglionchio o di Rosano o di Molinazzo FI293
  • - Borro della Felce o Fosso delle Lame o Fosso del Salceto FI77
  • - Borro dell'Inferno o Massone FI106
  • - Botro di Ricciofani o Fosso di Pagnana FI420
  • - Fosso di Torre a Cona FI1847
  • - Borro di Troghi o delle Formiche FI209

Nell'ambito di assoluta protezione dei citati corsi d'acqua, individuato nella fascia di 10,00 ml a partire dal ciglio di sponda o dal margine esterno della base dell'argine, non è consentito realizzare nuove edificazioni o manufatti di qualsiasi natura, né trasformazioni morfologiche di aree pubbliche, con l'eccezione delle opere idrauliche, delle opere di attraversamento del corso d'acqua, degli interventi trasversali di captazione e di restituzione delle acque, nonché degli adeguamenti delle infrastrutture esistenti senza avanzamento verso il corso d'acqua, a condizione che si attuino le precauzioni necessarie per la riduzione del rischio idraulico.

Tutti i corsi d'acqua del territorio comunale, in quanto pubblici ex art. 1 D.P.R. 238/99 e a prescindere dalla loro inclusione o meno negli elenchi del PIT 2007, restano comunque assoggettati alle tutele idrauliche di cui al R.D. n. 523/1904.

Sono decadute le norme relative agli ambiti idraulici A1, A2 e B contenute nel PS previgente.

7.3. Classi di pericolosità idraulica molto elevata ed elevata

Ferme restando le disposizioni di cui ai precedenti punti del presente comma 7, le trasformazioni fisiche e funzionali, subordinate a provvedimenti abilitativi anche taciti, che interessino aree ricadenti in classe di pericolosità idraulica molto elevata (I.4) ed elevata (I.3), individuate dalle Tavola n. 3.8 del Quadro conoscitivo di riferimento35, sono prescritte, ovvero dichiarate ammissibili, dal RU, previa effettuazione di studi idrologico-idraulici idonei alla definizione delle classi di fattibilità nel rispetto dei seguenti criteri generali:

  1. a. non sono ammessi interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture per i quali non sia dimostrabile il rispetto di condizioni di sicurezza o non sia prevista la preventiva o contestuale realizzazione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni (T 200);
  2. b. gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi idrologici e idraulici, non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell'eventuale incremento dei picchi di piena a valle;
  3. c. relativamente agli interventi di nuova edificazione previsti nel tessuto insediativo esistente, la messa in sicurezza rispetto a eventi di piena con tempo di ritorno di 200 anni (T 200) può essere conseguita anche tramite adeguati sistemi di autosicurezza, nel rispetto delle seguenti condizioni:
    1. i. dimostrazioni dell'assenza o dell'eliminazione di pericolo per le persone e i beni
    2. ii. dimostrazione che gli interventi non determinano aumento delle pericolosità in altre aree;
  4. d. possono essere previsti interventi per i quali venga dimostrato che la loro natura è tale da non determinare pericolo per persone e beni, da non aumentare la pericolosità in altre aree e purché siano adottate, ove necessarie, idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità;
  5. e. della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto anche nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia;
  6. f. fino alla certificazione dell'avvenuta messa in sicurezza conseguente alla realizzazione e al collaudo delle opere idrauliche, con relativa delimitazione delle aree messe in sicurezza, non può essere rilasciata dichiarazione di abitabilità e di agibilità;
  7. g. deve essere garantita la gestione di quanto in essere tenendo conto della necessità di raggiungimento, anche graduale, delle condizioni di sicurezza idraulica fino a Tr 200 per il patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente e per tutte le funzioni connesse.

8. Disposizioni relative alle caratteristiche idrogeologiche

8.1. Aree a vulnerabilità elevata

8.1.1. Nelle aree a vulnerabilità elevata, individuate nella Tavola 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento36, non è ammessa la realizzazione di:

  1. a. depositi a cielo aperto e altri stoccaggi di materiali inquinanti idroveicolabili;
  2. b. discariche, se non per materiali di risulta dell'attività edilizia completamente inertizzati;
  3. c. impianti per lo smaltimento dei reflui;
  4. d. depositi di carburante.

8.1.2. Nell'esecuzione delle opere destinate a contenere o a convogliare sostanze liquide, solide o gassose potenzialmente inquinanti (quali: cisterne, reti fognarie, oleodotti, gasdotti, ecc.), devono essere adottate particolari cautele atte a garantire la tenuta idraulica (quali: bacini di contenimento a tenuta stagna, sistemi di evacuazione d'emergenza, materiali o pannelli assorbenti, ecc.).

8.1.3. L'uso di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti, nonché l'allevamento di bestiame e il pascolamento, deve essere specificatamente regolamentato. I fertilizzanti, i pesticidi e i diserbanti devono essere utilizzati nei quantitativi strettamente necessari. La permanenza del bestiame nelle aree a elevata vulnerabilità non deve essere continuativa, bensì, possibilmente, limitata al transito.

8.1.4. Sono comunque vietati:

  1. a. gli scarichi liberi nel suolo e nel sottosuolo di liquidi o di altre sostanze di qualsiasi genere o provenienza;
  2. b. il lagunaggio dei liquami prodotti da allevamenti zootecnici aziendali o interaziendali, al di fuori di appositi lagoni di accumulo impermeabilizzati con materiali artificiali.

8.2. Aree a vulnerabilità alta

8.2.1. Per le aree a vulnerabilità alta, individuate nella Tavola 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento37 e costituite da depositi alluvionali e/o terrazzati e da detriti di falda, valgono le disposizioni che regolano le aree a vulnerabilità elevata di cui al precedente punto 8.1.

8.2.2. Per le aree a vulnerabilità alta diverse da quelle di cui al precedente comma 1 valgono le disposizioni che regolano le aree a vulnerabilità media di cui al successivo punto 8.3.

8.3. Aree a vulnerabilità media

Nelle aree a vulnerabilità media, individuate nella Tavola 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento38, la realizzazione di strutture potenzialmente inquinanti è subordinato a specifiche indagini geognostiche e idrogeologiche, finalizzate alla specifica valutazione delle condizioni locali e dell'effettivo rischio di inquinamento.

8.4. Aree interessate da disposizioni della pianificazione di bacino

Ai sensi del "Piano di Bacino del Fiume Arno, stralcio Bilancio Idrico"39, Capo I "Acque sotterranee", artt. 9, 10, 11 e 12, il rilascio di autorizzazioni per attingimenti e derivazioni è subordinato alla verifica di compatibilità con il bilancio dell'acquifero stesso, a cura delle autorità competenti in relazione al mantenimento di sufficiente capacità di ricarica.

21. Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana (PIT), approvato con Deliberazione CR 24 luglio 2007, n. 72

22. Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze, approvato con Delib CP n. 1 del 10.01.2013

23. Deliberazione Consiglio Regionale 20/05/1997, n. 155: "Direttive concernenti criteri progettuali per l'attuazione degli interventi di competenza regionale (opere pubbliche) in materia di difesa del suolo nel territorio della Toscana". BURT n 25 del 25/06/1997, parte Seconda , SEZIONE II.

24. Legge regionale 6 aprile 2000, n. 56 "Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche"

25. Vedi Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della pericolosità geomorfologica, Tav. 3.5

26. Approvato con DPCM del 06.05.2005, "Approvazione del piano di bacino del Fiume Arno, stralcio assetto idrogeologico", aggiornato al Decreto C.I. n. 26/2009 (decreto non ancora uscito)

27. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della pericolosità geomorfologica, Tav. 3.5

28. "Piano di Bacino del Fiume Arno, stralcio Assetto Idrogeologico (PAI)" approvato con D.P.C.M. del 06.05.2005 aggiornato al Decreto C.I. n. 26/2009

29. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della pericolosità Idraulica, Tav. 3.8

30. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta dei vincoli sovra comunali, Tav. 3.7

31. D.P.C.M. n. 226/1999, "Approvazione del Piano Stralcio relativo alla Riduzione del Rischio Idraulico del Bacino del Fiume Arno"

32. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta dei Vincoli Sovra comunali, Tav. 3.7

33. Approvato con Del. C. R. n. 72/2007

34. In applicazione dell'articolo 36, commi 3, 4 e 5 della Disciplina di piano" del PIT

35. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della Pericolosità Idraulica, Tav. 3.8

36. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi, Tav. 3.6

37. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi, Tav. 3.6

38. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi, Tav. 3.6

39. Prorogato con Decreto del Segretario Generale Autorità di Bacino del Fiume Arno n. 72 del 27.12.2011

Art. 23 Aria

1. La qualità dell'aria è valutata in relazione all'inquinamento atmosferico, acustico, elettromagnetico, luminoso, generato principalmente dalle emissioni domestiche, dal sistema produttivo, dalle principali infrastrutture di trasporto, dagli elettrodotti, dagli impianti di teletrasmissione e dalle stazioni radio base della telefonia mobile.

2. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla qualità dell'aria sono:

  1. a. contenimento dell'inquinamento atmosferico entro i limiti della normativa regionale e nazionale, da perseguire anche attraverso il Piano comunale del traffico;
  2. b. contenimento dell'inquinamento acustico entro le soglie di attenzione definite dalla normativa regionale e nazionale vigente, da perseguire anche attraverso il Piano comunale di classificazione acustica e il Piano di risanamento acustico, che dovrà individuare gli interventi e le attività sottoposte alla preventiva valutazione di impatto acustico;
  3. c. contenimento dell'inquinamento elettromagnetico nei limiti previsti dalla normativa nazionale e dalla LR 49/201140, da perseguire anche attraverso il Piano comunale per le stazioni radio base della telefonia mobile;
  4. d. contenimento dell'inquinamento luminoso nei limiti previsti dalla LR 39/2005 40, da perseguire anche attraverso il Piano comunale per l'illuminazione pubblica;

3. Il contenimento dei carichi inquinanti, ad evitare che siano superati i limiti di legge, è perseguito attraverso la creazione di una apposita rete di centraline. Il monitoraggio prevede controlli effettuati in corrispondenza dei luoghi più sensibili nei momenti di maggiore carico.

4. I nuovi insediamenti, o la ristrutturazione urbanistica di insediamenti esistenti, riguardanti oltre 1.000 mq di SUL, nonché le nuove infrastrutture di collegamento sovra comunale, comprese le relative varianti, sono realizzabili previa verifica della compatibilità ambientale in relazione alle immissioni in atmosfera e alla produzione di rumore. In particolare, la realizzazione di nuove infrastrutture di collegamento sovra comunale è subordinata alla preventiva valutazione di impatto acustico, che, se necessario, dovrà prevedere la realizzazione di adeguate modellazioni del suolo e/o l'apposizione di idonee barriere vegetali ad alta densità di impianto, capaci di assicurare agli insediamenti limitrofi, compresi quelli di progetto, un comfort acustico coerente con la classificazione acustica del territorio comunale.

5. L'installazione di nuovi impianti di teletrasmissione o di stazioni radio base per la telefonia mobile, nonché il potenziamento e la riorganizzazione di quelli esistenti, è condizionata alla preventiva verifica di compatibilità dei campi elettromagnetici generati con i limiti di legge.

6. I nuovi insediamenti e i nuovi impianti nel territorio rurale, ancorché derivanti dal recupero e dal riutilizzo di volumetrie e/o di impianti esistenti, dovranno prevedere sistemi di illuminazione che facciano ricorso a corpi illuminanti bassi e schermati, capaci di dirigere a terra i fasci di luce in modo da evitare l'inquinamento luminoso dell'aria.

7. Il Regolamento urbanistico provvede a disciplinare le distanze dagli elettrodotti principali, in particolare nell'area produttiva di Molinuzzo, nei centri abitati di San Donato, Troghi e Cellai, in corrispondenza di Piazzettina, C.Trebbio, C.Vecchia e Torri.

8. Previo apposito piano di settore, finalizzato ad abbattere l'inquinamento elettromagnetico, sono definiti i criteri ubicativi degli impianti di teletrasmissione e delle stazioni radio base per la telefonia mobile. Tali criteri considerano prioritariamente, accanto alla salute umana, le compatibilità paesaggistiche, anche in relazione a quanto disposto dalla Parte Seconda, Titolo III, delle presenti norme.

40. Legge regionale 6 ottobre 2011, n. 49 "Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione"

41. Legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 "Disposizioni in materia di energia", Capo VI "Disposizioni per la tutela dall'inquinamento luminoso" e smi

Art. 24 Acqua

1. La qualità delle acque è valutata, anche con riferimento alla normativa nazionale e regionale vigente42, in relazione al contenimento dei carichi inquinanti, alla tutela degli acquiferi, ai prelievi in falda, alla rinnovabilità e alla funzionalità ecologica della risorsa idrica, alla funzionalità ecologica del reticolo idrografico.

2. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla qualità delle acque sono:

  1. a. carichi inquinanti: progressiva eliminazione dei carichi inquinanti derivanti dal sistema insediativo e dalle attività produttive;
  2. b. acquiferi: tutela degli acquiferi da qualsiasi forma di inquinamento;
  3. c. prelievi: disciplina dei prelievi per usi privati, atta a garantire la rinnovabilità della risorsa;
  4. d. reticolo idrografico: salvaguardia attiva del reticolo idrografico.

3. Le attività presenti o previste nel territorio comunale, nonché gli interventi di trasformazione territoriale, non devono generare infiltrazioni di sostanze inquinanti nelle falde acquifere.

4. La realizzazione di nuovi interventi edilizi, così come la realizzazione di nuovi complessi produttivi anche legati all'agricoltura o alla forestazione, è subordinata alla esistenza o alla previsione di idonei impianti di smaltimento delle acque reflue e alla dimostrazione di non produrre inquinamento nel suolo e nel sottosuolo.

5. Le trasformazioni territoriali sono attuate in modo da consentire, direttamente o attraverso sistemi di raccolta e di rilascio, l'infiltrazione nel terreno delle acque di pioggia.

6. I prelievi delle acque di falda tramite pozzi ad uso privato sono subordinati alla compatibilità con il naturale rinnovamento della risorsa idrica.

7. Le sorgenti individuate dalle Tavole 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento43, sono utilizzabili esclusivamente per usi potabili.

8. Ai fini della tutela delle risorse idriche potabili, gli attuali punti di approvvigionamento degli acquedotti pubblici sono protetti con sistemi di monitoraggio, in grado di verificare i parametri qualitativi delle acque e di consentire con sufficiente tempo di sicurezza la segnalazione di eventuali situazioni di degrado qualitativo.

9. Intorno alle opere di presa per acque ad uso potabile, sono individuate aree di salvaguardia per la protezione e la conservazione delle risorse idriche di interesse strategico. Il R.U. dovrà individuare e disciplinare specificatamente tali zone, disponendo in particolare che:

  1. a. nella "zona di tutela assoluta", corrispondente all'area circostante la captazione con raggio di 10,00 ml., dovrà essere vietata qualsiasi attività antropica di superficie; tale zona dovrà essere recintata ed adibita esclusivamente a opera di presa e a infrastrutture di servizio.
  2. b. nella "zona di rispetto", corrispondente all'area circostante la captazione con raggio di 200,00 m.l., il R.U. dovrà assicurare l'applicazione delle disposizioni del D.P.R. n° 236/88, preservando le aree dal degrado attraverso una disciplina delle destinazioni d'uso che non comporti danno per le risorse idriche.

10. Le politiche relative alle acque per i consumi umani perseguono prioritariamente il duplice obiettivo di contenere i consumi idrici in funzione dell'uso potabile e di razionalizzare la rete di distribuzione. In particolare si dovrà:

  • risanare la rete acquedottistica esistente in modo da contenere le perdite di trasporto entro il limite del 20%;
  • razionalizzare il consumo di acqua potabile, facendo ricorso a fonti di approvvigionamento differenziate in funzione dell'uso finale delle acque;
  • riservare prioritariamente le acque di migliore qualità al consumo umano.

11. La richiesta di trasformazioni fisiche o funzionali, che comportino utenze con consumi idrici superiori a 10.000 lt./giorno, sono considerate ammissibili solo se corredate da modalità di razionalizzazione dei consumi finalizzate al risparmio di acqua potabile (realizzazione di reti idriche duali, reimpiego delle acque reflue, raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche, apparecchiature per il risparmio idrico).

12. Tutti i corsi d'acqua che compongono il reticolo idrografico costituiscono una rete drenante naturale cui affluiscono le acque superficiali. Essi costituiscono, altresì, elementi generatori della conformazione paesaggistica profonda del territorio. Sono pertanto tutelati ai fini paesaggistici, oltre che idraulici44.

13. Sono vietati gli interventi che comportino la deviazione dei corsi d'acqua dal loro letto naturale o che ne prevedano la copertura e/o l'interramento. L'attraversamento da parte di infrastrutture di trasporto è consentito per i tratti minimi indispensabili; in tali casi, a seguito di studi idraulici e morfologici estesi all'intero bacino o sottobacino interessato, dovrà comunque essere assicurata una sezione idraulica adeguata ad assorbire i flussi di piena.

14. La fasce di vegetazione ripariale non potranno essere rimosse, se non per l'ordinaria manutenzione delle sponde, e dovranno essere potenziate quali corridoi ecologici trasversali, capaci di collegare gli ecosistemi boscati della collina con quelli delle valli.
Lungo i corsi d'acqua è consentita l'eliminazione della vegetazione aliena (robinia, ailanto, ecc.) e la sua sostituzione con specie igrofile autoctone.

15. Il miglioramento della qualità biologica delle acque superficiali viene perseguito attraverso:

  1. a. una maggiore efficienza della rete fognaria, con il completamento della rete e il progressivo aumento della sua impermeabilità;
  2. b. l'allacciamento di tutte le zone urbanizzate ai sistemi di depurazione;
  3. c. subordinando la realizzazione dei nuovi insediamenti all'esistenza e alla capacità degli impianti di depurazione;
  4. d. la previsione di un sistema di fognature separate nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti di quelle esistenti, a meno di comprovate ragioni tecniche, economiche e ambientali contrarie.

42. D.Lgs 152/2006, LR 20/2006, DPGR 46R/2008

43. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Tavola 3.6, "Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi"

44. Vedi articolo 22, "Integrità fisica del territorio"

Art. 25 Suolo

1. La qualità del suolo è valutata in relazione ai caratteri geomorfologici, alla permeabilità, al contenimento del suo consumo.

2. Per caratteri geomorfologici si intendono le forme della struttura fisica del territorio comunale, determinata principalmente dalla dorsale occidentale, dal sistema dei crinali che scende verso i fondovalle, dalle aree di fondovalle. Comprendono le componenti secondarie della struttura fisica (quali dossi, groppe collinari, contrafforti, selle, ecc.), nonché le pendenze e le esposizioni dei versanti. Concorrono alla determinazione della configurazione paesaggistica profonda del territorio.

3. Per permeabilità del suolo si intende la capacità del terreno di assorbire le acque di pioggia.

4. Per consumo di suolo si intende l'occupazione quantitativa di terreni agricoli o naturali prodotta dagli insediamenti, destinati a qualsivoglia uso, dal cambio di destinazione d'uso di costruzioni agricole e dalle infrastrutture.

5. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla qualità del suolo sono:

  1. a. caratteri geomorfologici: rispetto della struttura geomorfologica del territorio comunale, con particolare riferimento ai Sistemi territoriali 2 e 4, nei quali è vietata l'apertura di cave a cielo aperto. È comunque consentita l'apertura di gallerie infrastrutturali;
  2. b. permeabilità: garanzia di dotazioni minime di suolo permeabile, che nei tessuti insediativi dovrà essere pari ad almeno il 25% della superficie fondiaria dei lotti edificati;
  3. c. consumo di suolo: contenere il consumo di suolo e legarlo comunque al perseguimento di obiettivi di rilevanza sociale.

6. La struttura geomorfologica del territorio non è trasformabile, se non per la realizzazione di opere di rilevante interesse pubblico. Sono comunque consentiti, con le limitazioni di cui al punto 5.a del presente articolo relativamente alle cave a cielo aperto, interventi di modellamento dei versanti per scopi produttivi, insediativi o infrastrutturali, se e in quanto compatibili con la tutela dell'integrità fisica del territorio.

7. Le nuove trasformazioni territoriali dovranno garantire la massima permeabilità delle superfici interessate, contenere i fenomeni di ruscellamento superficiale che provocano erosione di suolo ed evitare modifiche capaci di alterare l'equilibrio statico dei versanti.

8. Le aree permeabili, siano esse a scopi naturali, produttivi o ornamentali, saranno preferenzialmente dotate di un equipaggiamento vegetale atto a favorire il trattenimento delle acque di pioggia e a evitare l'erosione del suolo. Gli spazi aperti che svolgono importanti funzioni ecologiche ai fini della biodiversità (prati, prati pascolo, ecc.) dovranno essere preservati dalle coperture boschive.

9. Negli spazi aperti pubblici o privati (compresi i parcheggi e i piazzali) si dovranno prevedere modalità costruttive atte a consentire l'infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque meteoriche, evitando il loro convogliamento immediato nel sistema fognario o nei corsi d'acqua. In presenza di acquiferi vulnerabili per permeabilità dei terreni, si potrà fare ricorso a tecniche capaci di garantire la raccolta temporanea delle acque in appositi bacini impermeabilizzati e la loro successiva cessione alla rete fognaria o ai corsi d'acqua superficiali.

10. I piani attuativi e i Programmi aziendali provvedono a:

  1. a. sottoporre, se del caso, a rimboschimento con specie autoctone le aree incolte instabili con pendenze accentuate;
  2. b. ripristinare o realizzare sistemazioni idraulico-agrarie nei terreni in declivio, onde ridurre l'erosione dei versanti e fissare le particelle erose in altri suoli dello stesso versante;

11. Con l'eccezione del centro abitato di Rignano, nuovi impegni di suolo ai fini insediativi sono consentiti ai fini della riorganizzazione qualitative e funzionale degli assetti insediativi esistenti, per il perseguimento di obiettivi di sviluppo economico, produttivo e sociale che producano benessere per la popolazione locale e promozione del territorio comunale e a seguito dell'accertata impossibilità di recuperare e riutilizzare per gli stessi fini gli insediamenti e le infrastrutture esistenti.

12. I nuovi impegni di suolo, prodotti dai nuovi insediamenti, sono comunque possibili solo allorché sia stato verificato il soddisfacimento delle seguenti condizioni:

  1. a. approvvigionamento idrico;
  2. b. depurazione delle acque reflue;
  3. c. tutela dell'integrità fisica del territorio;
  4. d. raccolta differenziata dei rifiuti solidi;
  5. e. disponibilità di energia, con ricorso alle energie rinnovabili nella misura definita dal RU;
  6. f. accessibilità veicolare, ciclabile e pedonale e sistema della sosta.

Art. 26 Risorse naturali

1. Ai sensi della presente disciplina le risorse naturali sono organizzate nei seguenti "sistemi": sistema dei boschi, sistema dei corsi d'acqua e degli invasi artificiali, sistema agricolo e dei prati, sistema degli arbusteti.
I punti 6 e 7 del presente articolo dettano specifiche disposizioni per gli ambiti di particolare valore naturalistico e per le reti ecologiche, che garantiscono funzionalità ai suddetti sistemi naturali.

2. Sistema dei boschi

2.1. Il sistema dei boschi comunali, individuati nella Tavola 1.3.1 dello Statuto del territorio ai sensi della LR 39/200045, così come specificata dal DPGR 48R/200346, è costituito da boschi a dominanza di latifoglie, da rimboschimenti di conifere, da boschi misti di latifoglie e conifere, da robinieti e dagli arbusteti densi che rientrano nella definizione di bosco di cui all'art.3 della Legge forestale regionale.

2.2. I boschi devono essere conservati quali componenti essenziali del patrimonio ambientale, della funzionalità ecologica e della qualità paesaggistica del territorio comunale: ogni intervento che li riguardi deve avvenire nel rispetto del DPGR 48R/200347.

2.3. La trasformazione dei boschi di latifoglie, intesa come eliminazione della superficie forestale per utilizzare il terreno ad altri fini, è attuabile soltanto per motivi eccezionali ed è condizionata al rimboschimento compensativo di terreni nudi con una superficie almeno uguale a quella forestale trasformata secondo le specifiche modalità definite dal RU.

2.4. È consentita la rimozione di alberi e arbusti di colonizzazione secondaria, non rispondenti alla definizione di bosco, per il recupero agricolo di terreni interessati da abbandono colturale, previa realizzazione, se non già esistenti, di adeguate sistemazioni dei terreni atte ad assicurare il drenaggio superficiale e la conservazione del suolo.

2.5. La recinzione dei boschi, o di parte di essi, può essere autorizzata a fronte di documentate esigenze legate ad attività zootecniche o venatorie su ampie superfici, previa realizzazione di idonei percorsi di attraversamento o di circonvallazione delle parti recintate.

2.6. Negli interventi di riforestazione si utilizzano specie vegetali autoctone, così come da elenco allegato (Allegato 1), evitando, in particolare, l'utilizzo di robinia (Robinia pseudacacia), di ailanto (Ailanthus altissima) e di prugnolo tardivo (Prunus serotina).

2.7. È promosso il riformarsi della vegetazione spontanea, segnatamente di quella ripariale, sulle sponde degli alvei fluviali o nelle aree golenali. L'abbattimento e/o l'espianto dei boschi ripariali e in genere della vegetazione ripariale o igrofila non rispondente alla definizione di bosco, ovunque presente nel territorio rurale e, segnatamente, nelle aree contigue ai corsi d'acqua, è soggetta ad apposita autorizzazione, salvo che per comprovate ragioni fitosanitarie48.

2.8. Nei rimboschimenti dei Sistemi territoriali 1, 2, 3 e 4 è promossa la graduale sostituzione delle conifere con latifoglie autoctone.

2.9. Sono ammessi interventi di riqualificazione e riordino della vegetazione di corredo al reticolo idrografico minore e alla maglia agricola, mediante gestione della vegetazione esistente e nuove piantagioni con vegetazione arborea e arbustiva autoctona, così come da elenco allegato (Allegato 1).

2.10. In tutto il territorio comunale, e in particolare nei boschi cedui a dominanza di cerro e di castagno, è promosso l'avviamento all'alto fusto.

2.11. Nei boschi si attuano gli interventi previsti dal DPGR 48R/200349 per favorire l'esercizio delle attività selvicolturali e la fruizione dei boschi ai fini escursionistici e del tempo libero.

2.12. Ai sensi della LR 39/2000 e del DPGR 48R/200350, l'Amministrazione Comunale promuove, presso la Provincia di Firenze, l'individuazione dei boschi in situazione speciale, con particolare riferimento ai boschi ripariali del fiume Arno, dei fossi di Troghi/Formiche/Salceto, nonché ai boschi esistenti nel sistema territoriale 5, come individuato dall'articolo 13 delle presenti norme.

3. Sistema dei corsi d'acqua e degli invasi artificiali.

3.1. Ai fini delle disposizioni di cui ai successivi punti del presente comma si intendono per:

  1. a. corsi d'acqua: tutti i fiumi, i torrenti e i borri, di ogni ordine e grado, limitatamente all'ambiente acquatico o igrofilo dell'alveo di piena. Il territorio comunale è interessato da numerosi corsi d'acqua a regime torrentizio, affluenti in sinistra idrografica del Fiume Arno, che costituisce l'asta drenante di ordine gerarchico superiore;
  2. b. invasi artificiali: raccolte d'acqua di varia dimensione ottenute su suolo naturale per sbarramento artificiale di corsi d'acqua o per scavo o per innalzamento di argini. Nel territorio comunale sono presenti nove bacini artificiali, il maggiore dei quali, per estensione, è l'invaso di Marciana.

3.2. Negli alvei fluviali e nelle aree golenali sono vietate le escavazioni e le estrazioni di materiali litoidi. L'autorità preposta può disporre che inerti eventualmente rimossi vengano resi disponibili per i diversi usi produttivi, ove non ne sia previsto l'utilizzo per opere idrauliche e sia esclusa ogni utilità di movimentazione in alveo lungo l'intera asta fluviale, e ciò unicamente in attuazione di piani, programmi e progetti finalizzati al mantenimento delle condizioni di sicurezza idraulica, nonché conformi al criterio della massima rinaturalizzazione del sistema delle acque superficiali, anche attraverso la regolazione plano-altimetrica degli alvei, la escavazione di invasi golenali, la rimozione di accumuli di inerti in zone sovralluvionate.

3.3. Negli alvei fluviali è vietato lo scarico di rifiuti e di inerti. È altresì vietata l'immissione di fauna, in particolar modo di pesci, di anfibi e di rettili, fatti salvi interventi di rinaturalizzazione effettuati in accordo con la Provincia di Firenze, anche a seguito di specifico parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

3.4. L'Amministrazione Comunale provvede a istituire il catasto degli scarichi di reflui fuori fognatura.

3.5. La presenza diffusa di pozze, di raccolte stagionali d'acqua e di piccoli invasi ad uso irriguo, che favorisce il collegamento ecologico di aree separate e distanti, svolgendo funzione di habitat riproduttivo e di sviluppo per alcune specie di anfibi e di invertebrati, nonché luogo di abbeverata per mammiferi, è sostenuta nel territorio rurale anche attraverso specifiche disposizioni dettate dal RU in relazione ai Piani attuativi e ai Programmi aziendali.

4. Sistema agricolo e dei prati

4.1. Per sistema agricolo e dei prati si intende un ecosistema costituito da colture agrarie erbacee e arboree (seminativi, oliveti, vigneti, frutteti, orti, serre, ecc.), comprese le formazioni lineari arbustive e arboree di delimitazione dei campi e dei nuclei rurali isolati, nonché da ambienti più naturali quali gli incolti e i prati da sfalcio. Il suddetto sistema svolge un importante ruolo ecologico principalmente per la funzione di "cuscinetto" rispetto alle pressioni antropiche delle aree di fondovalle, oltre che per la diversità delle specie animali ad esso legate e per gli scambi ecologici con i sistemi limitrofi; il valore naturalistico è accresciuto dalla presenza di siepi e di altri elementi vegetali lineari.

4.2. Nel sistema agricolo e dei prati dei Sistemi territoriali 2 e 4 sono da conservare le sistemazioni agrarie tradizionali, quali terrazzamenti e ciglionamenti, le colture arboree connotanti il paesaggio, quali gli oliveti e i vigneti con schemi di impianto tradizionale.

4.3. Il RU individua le modalità per favorire la conservazione e l'incremento delle superfici prative e seminaturali, onde garantire una maggiore biodiversità e una conseguente maggiore efficienza ecologica del sistema.

4.4. Il RU individua altresì modalità per favorire il mantenimento e il potenziamento delle formazioni lineari arbustive e arboree lungo i confini proprietari, lungo i percorsi e a separazione dei campi a diversa coltura, anche attraverso l'impianto di alberi e arbusti autoctoni, come da elenco allegato (Allegato 1).

4.5. Nel sistema agricolo il RU promuove la creazione di fasce non coltivate al margine dei campi e lungo le rive dei corsi d'acqua, onde favorire la naturalità e la continuità ecologica dell'agrosistema e proteggere le acque, superficiali e sotterranee dall'inquinamento derivante dalle attività agricole51.

4.6. Gli interventi di nuova edificazione o di ristrutturazione dei complessi rurali sono realizzati con accorgimenti tecnici che favoriscano la salvaguardia o l'incremento delle popolazioni di chirotteri (pipistrelli), di rapaci diurni e di rapaci notturni e di irundinidi (rondini, balestrucci), in osservanza delle normative comunitarie, nazionali e regionali in materia.

4.7. Ai sensi del DPGR 48R/200352, l'Amministrazione Comunale promuove, presso la Provincia di Firenze, l'individuazione di alberi di alto fusto isolati di cui vietare il taglio, con particolare riferimento alle piante isolate presenti nei Sistemi territoriali 2, 4 e 5.

5. Sistema degli arbusteti

5.1. Per arbusteti si intendono le superfici individuate dalla Tavola n. 1.3.1 dello Statuto del territorio e che non rientrano nella categoria di bosco di cui all'art.3 della Legge forestale regionale citata. Il sistema degli arbusteti è un ecosistema che comprende gli stadi iniziali della successione ecologica che dalle formazioni erbacee porta alle formazioni boscate di latifoglie d'alto fusto, miste e disetanee. È costituito da due differenti tipologie di formazioni arbustive di ricolonizzazione di ex coltivi: gli arbusteti a dominanza di ginestra odorosa, prugnolo, rovi sp. pl., ecc., e dagli arbusteti a ginestrone ed eriche del crinale di Poggio Firenze-Poggio Casalmonte.

5.2. Nei sistemi territoriali 3 e 4 è favorito il mantenimento delle superfici arbustive, per il valore paesaggistico e identitario che tali formazioni rivestono. Il RU individua le modalità atte allo scopo, al fine di permettere una maggiore biodiversità e una conseguente maggior efficienza ecologica del sistema; individua altresì le condizioni che regolano, al di fuori degli ambiti di particolare valore naturalistico di cui al successivo comma, la trasformazione delle superfici arbustive in coerenza con quanto previsto dalla LR 39/2000 e dal DPGR 48R/200353.

6. Ambiti di particolare valore naturalistico

6.1. Castiglionchio - Miransù.

Costituisce un ambito territoriale di particolare valore naturalistico e paesaggistico. Al suo interno è da incentivare una gestione agro-forestale adeguata alle necessità di conservazione delle emergenze naturalistiche presenti, con particolare riferimento alla continuità dei complessi forestali e ai collegamenti ecologici con i prati arbustati e con i boschi ricadenti nel territorio comunale di Bagno a Ripoli, e finalizzata alla loro valorizzazione per una fruizione sostenibile.

6.2. Poggio Firenze - Casalmonte.

Al suo interno è da incentivare una gestione forestale adeguata alle necessità di conservazione delle emergenze naturalistiche presenti, con particolare riferimento agli arbusteti a erica e ginestrone, ai castagneti, alle cerrete acidofile e alle formazioni ripariali a ontano nero (alneti), e finalizzata alla loro valorizzazione per una fruizione sostenibile.

6.3. Fiume Arno.

Al suo interno è da incentivare una gestione ittica e ambientale più adeguata alle necessità di conservazione delle emergenze naturalistiche presenti e finalizzata alla valorizzazione di tali emergenze per una fruizione sostenibile, in coerenza con quanto dettato dalla LR n°07/200554

7. Reti ecologiche

7.1. Per rete ecologica si intende un insieme di unità ecosistemiche di alto valore naturalistico, interconnesse da un sistema di collegamenti ecologici; essa comprende anche ecosistemi isolati, funzionali alla dispersione delle specie, e aree cuscinetto, con funzione di mitigazione dell'effetto della matrice.
Nel territorio comunale il sistema comprende le unità funzionali della rete dei boschi, delle aree aperte, dei corsi d'acqua, degli arbusteti, così come individuate dalle tavole 1.2.1 e 1.3.1 dello Statuto del territorio.

7.2. In tutto il territorio la riduzione dell'estensione delle unità funzionali delle reti ecologiche è condizionata alla destinazione compensativa di superfici boscate, arbustive, prative, incolte o semi-naturali di superficie e funzione ecologica uguale a quella trasformata.

7.3. In accordo con il progetto provinciale di Reti Ecologiche e sulla base delle indicazioni normative regionali, il RU, nel disciplinare le trasformazioni relative ai sistemi di trasporto, alle nuove edificazioni e in particolare nel dettare le direttive per i Programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale, o strumenti equipollenti comunque denominati, individua ulteriori misure (priorità, modalità di intervento, ecc.) atte alla salvaguardia, alla riqualificazione e alla creazione di elementi delle reti ecologiche dei boschi, delle aree aperte, dei corsi d'acqua e degli arbusteti.

45 Legge regionale 21 marzo 2000, n. 39 "Legge forestale della toscana", articolo 3 "Definizioni": "... costituisce bosco qualsiasi area, di estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e di larghezza maggiore di 20 metri, misurata al piede delle piante di confine, coperta da vegetazione arborea forestale spontanea o d'origine artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, che abbia una densità non inferiore a cinquecento piante per ettaro oppure tale da determinare, con la proiezione delle chiome sul piano orizzontale, una copertura del suolo pari ad almeno il 20 per cento. Costituiscono altresì bosco i castagneti da frutto e le sugherete ... Sono assimilati a bosco le formazioni costituite da vegetazione forestale arbustiva esercitanti una copertura del suolo pari ad almeno il quaranta per cento, fermo restando il rispetto degli altri requisiti ...."

46 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana", articolo 2 "Aree boscate"

47 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, già citato

48 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana" (articolo 56)

49 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana"

50 Legge regionale 21 marzo 2000, n. 39 "Legge forestale della toscana" (articolo 52) e Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana" (articolo 51)

51 Decreto Ministeriale 22 dicembre 2011, standard 5.2

52 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana" (articolo 56)

53 Legge regionale 21 marzo 2000, n.39, e Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R, già citati

54 Legge Regionale 03 gennaio 2005, n°07, "Gestione delle risorse ittiche e regolamentazione della pesca nelle acque interne". In particolare art.2, comma 5, "I comuni adottano provvedimenti al fine di consentire a tutti i cittadini l'accesso ai corpi idrici idonei alla pesca e la fruizione delle sponde, anche tenendo conto delle servitù esistenti"

Capo III Disciplina delle componenti antropiche e storico-culturali

Art. 27 Definizione

1. Il PS riconosce, quali risorse patrimoniali, le componenti antropiche e storico-culturali che costituiscono testimonianza documentale delle forme di organizzazione storica del territorio, nonché rappresentazione esemplare delle modalità virtuose di utilizzarne le componenti fisiche e naturali.

2. Dette componenti, per presenza diffusa, rilevanza qualitativa e percezione sociale, sono risorse ad alto contenuto identitario e costituiscono le matrici culturali degli assetti paesaggistici locali, concorrendo alla definizione della "conformazione paesaggistica consolidata del territorio", così come definita dall'articolo 39 delle presenti norme55.
In quanto tali sono oggetto di diverse modalità di conservazione, secondo una disciplina articolata così come definita ai successivi articoli del presente Capo III56.

3. Sono individuate dalla Tavola n. 1.3.2. dello Statuto del Territorio e sono costituite dai siti archeologici, dal sistema insediativo di formazione storica (edifici matrice dell'identità storico-culturale, edifici di interesse architettonico e/o storico-culturale, insediamenti accentrati di impianto storico, giardini di formazione storica, componenti minori dell'identità storico-culturale, viabilità di impianto storico), dal sistema agricolo a prevalente caratterizzazione storico-culturale (sistemazioni idraulico-agrarie terrazzate, soprassuoli a maggiore permanenza di componenti colturali tradizionali).

55 Articolo 39 "Categorie di riferimento del paesaggio"

56 Statuto del territorio, Titolo Terzo, Capo III "Disciplina delle componenti antropiche e storico - culturali", articoli da 28 a 36

Art. 28 Siti archeologici

1. Sono i siti, puntuali o areali, dove sono stati rinvenuti reperti archeologici e che hanno dato luogo, in alcuni casi, ai relativi scavi.

2. Costituiscono componenti fondative della storia locale, quali testimonianza concreta della presenza umana in epoca antica e delle modalità di uso del territorio. Costituiscono altresì luoghi di studio e di ricerca, dove è possibile operare sondaggi e scavi temporanei o permanenti a opera di personale specializzato e scientificamente accreditato.

3. Gli scavi che hanno dato luogo al ritrovamento di reperti mantenuti in situ sono meritevoli di conservazione integrale e possono essere oggetto di programmi didattici e di valorizzazione culturale, anche estesi alle aree limitrofe.

4. Gli areali che hanno dato luogo a ritrovamenti episodici sono meritevoli di attento monitoraggio. Il R.U. provvede, attraverso un preventivo accordo con la competente Soprintendenza, a definirne i perimetri e a dettare per essi una apposita disciplina.

Art. 29 Edifici matrice dell'identità storico-culturale

1. Sono gli edifici, elencati nella Tabella 1 del presente articolo, che hanno costituito i capisaldi del sistema insediativo di impianto storico e che hanno concorso alla organizzazione storica del territorio. Rappresentano i principali riferimenti simbolici e visuali del sistema insediativo, oltre che valori assoluti del patrimonio territoriale e paesaggistico.

2. L'emissione di nuovi provvedimenti di tutela, ai sensi del D Lgs 42/200457, comporta l'integrazione della suddetta Tabella 1 con l'inserimento dei dati relativi agli edifici interessati senza che ciò costituisca variante al PS.

3. Gli edifici matrice sono meritevoli di conservazione, così come specificato al successivo punto 4 del presente articolo. Le relative forme di utilizzazione sono subordinate al rispetto dei caratteri tipologici, architettonici e formali storicizzati. Al loro intorno il PS, anche in recepimento delle disposizioni del PTC della Provincia di Firenze, individua aree di protezione paesistica e storico-monumentale58.

4. Su detti edifici sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo. Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo devono essere accompagnati da una analisi storico-critica che, ricostruendo la processualità tipologica, ne documenti la coerenza con i caratteri storicizzati dell'edificio e della relativa area di pertinenza edilizia. All'interno della suddetta area devono essere valorizzati gli spazi aperti interclusi, il verde ornamentale di impianto storico, gli arredi stabili (pavimentazioni, muri, cancellate, fontane, ecc.), le componenti minori dell'identità storico-culturale (tabernacoli, croci votive, icone, cippi, ecc.), le componenti strutturali del paesaggio tradizionale (terrazzamenti, ciglionamenti, acquidocci, ecc.), le cui modifiche potranno comunque essere consentite previo parere favorevole della competente Soprintendenza ovvero, in presenza di edifici non vincolati, della competente commissione consultiva comunale.

Tabella 1. Edifici matrice dell'identità storico-culturale
Denominazione Località Eventuale decreto di vincolo N° archivio Soprintendenza Data decreto di vincolo Identificazione catastale N° repertorio PTCP
foglio particelle
1PIEVE DI SAN LORENZO A MIRANSU'CASTIGLIONCHIO8A, 1837_388
37_389
2MONASTERO DELLA SS ANNUNZIATA DI ROSANOROSANO1089/1939FI 029413/04/19961A, 32, 33, 35, 12237_430
3CHIESA DI SAN PRUGNANO ROSANO1B, 11637_355
4VILLA DI CASTIGLIONCHIOCASTIGLIONCHIO1089/1939FI069411/07/19988C, 43, 44, 4637_429
5VOLOGNANOVOLOGNANO11A, 19, 20, 2437_308
37_309
37_310
6FATTORIA DI MITIGLIANOMORIANO1440, 4237_218
37_219
7VILLA DI MORIANOMORIANO231637_224
8SAN BARTOLOMEO A MORIANO (EX CHIESA)MORIANO231237_223
9CHIESA DI SANTO STEFANO ALLE CORTILE CORTI1089/1939FI 602419/03/198322A, 8037_440
10CHIESA DI SANTA MARIA A UGHI (BADIUZZA)LE CORTI1089/1939FI 205227/11/199030A, 4237_249
37_250
11VILLA DI TORRE A CONASAN DONATO IN COLLINA1089/1939FI 0028 29/08/1942 2920, 21, 2237_432
37_259
12CHIESA DI SAN DONATO IN COLLINASAN DONATO IN COLLINA36A, 737_175
37_176
37_177
13VILLA FONTE PETRINITROGHI1089/1939FI 053917/03/198638 32131, 132, 133
56
37_441
14VILLA LA CHIOCCIOLACELLAI3896, 9737_204
37_205
15CHIESA DI SANTA LUCIA A BISTICCIBISTICCI364/1909FI 057829/05/191349A, B, 6137_300
37_438
16CHIESA DI SANTO STEFANO A TORRITORRI18A, 4, 31837_42
37_43
37_44
17VILLA PETRIOLOTORRI1089/1939FI 067215/05/199817A, 10137_71
18CHIESA DI SAN PIERO IN PERTICAIABOMBONE1089/1939FI 618910/03/1986334937_88
37_89
19ANTICAANTICA3388, 89, 90, 9237_105
37_106
37_107
20PIEVE DI SAN LEOLINORIGNANO1089/1939FI 6161 27/08/198528B37_22
37_23
21TORRE ALL'ISOLARIGNANO1089/1939FI 054013/12/1985419237_139
37_435
22CHIESA DI SAN CRISTOFORO IN PERTICAIASAN MARTINO39B, X1, 24, 25, 2637_109
37_110
23VILLA FRASSINESAN MARTINO395537_129
24VILLA IL POGGIOSAN MARTINO471437_137
25VILLA DI POGGIO FRANCOLISAN MARTINO1089/1939FI 052609/10/19844778, 79, 80, 8137_142
37_431
26CHIESA DI SAN QUIRICO ALLA FELCELE VALLI490/1999FI 6568 30/08/200150A, ...37_408
27VILLA IL PALAGIOPIAN DELL'ISOLA5233, 3537_419
37_420

57. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”

58. Vedi articolo 47 delle presenti norme, “Invarianti strutturali del PTC della Provincia di Firenze”, punto 2.3 “Aree di protezione storico-ambientale”

Art. 30 Edifici di interesse architettonico e/o storico-culturale.

1. Sono edifici che hanno mantenuto, o sono suscettibili di recuperare, i caratteri tipologici, architettonici, formali, paesaggistici e culturali storicizzati. Per regole insediative, caratteristiche intrinseche e relazioni con l'intorno, costituiscono componenti qualificate del patrimonio territoriale e paesaggistico.

2. Sono meritevoli di conservazione dinamica, finalizzata a favorirne forme di utilizzazione coerenti con una evoluzione temperata, che non intacchi le componenti planivolumetriche, strutturali o formali, così come le facciate o le coperture, se non per ricondurle a condizioni di maggiore coerenza con i caratteri storicizzati prevalenti.

3. Gli interventi che superano la ristrutturazione edilizia interna si relazionano alle aree di pertinenza edilizia, nelle quali considerano e valorizzano i giardini storici, gli spazi verdi pertinenziali di formazione storica, gli spazi aperti interclusi (chioschi, orti, ecc.), gli arredi stabili (pavimentazioni, muri, cancellate, fontane, ecc.), le componenti minori dell'identità storico-culturale (tabernacoli, croci votive, icone, cippi, ecc.), le componenti strutturali del paesaggio tradizionale (terrazzamenti, ciglionamenti, acquidocci, ecc.), potendo tuttavia, secondo le modalità definite dal RU, introdurre modifiche e innovazioni capaci di produrre nuovi assetti compiuti e morfologicamente coerenti con l'impianto paesaggistico storicizzato.

Art. 31 Insediamenti accentrati di impianto storico

1. Sono forme insediative accentrate di impianto antecedente al 1900. Hanno costituito il nucleo originario del capoluogo e dei borghi rurali, di cui rappresentano il riferimento identitario, ma non sempre l'elemento ordinatore. Sono sorti generalmente alla confluenza di strade di impianto storico e sono caratterizzati da edilizia continua a filo strada, fortemente relazionata alle caratteristiche morfologiche del sito e agli spazi pubblici o di uso pubblico. Gli spazi aperti privati, se presenti, sono ubicati solitamente sul lato o sul retro degli edifici.
Al loro interno ricadono edifici matrice ed edifici di valore architettonico e/o storico-culturale.

2. Sono meritevoli di conservazione nelle forme storicizzate del rapporto edificio-suolo (pavimentazioni, opere di contenimento, ecc.), edificio-strada (allineamenti, distacchi, spazi di relazione, ecc.), edificio-pertinenza (contiguità e complementarietà, recinzioni, ecc.), edificio-edificio (continuità, contiguità, impianto planoaltimetrico, ecc.).

Al loro interno si individuano i seguenti indirizzi programmatici, che il RU provvederà a recepire e disciplinare attraverso apposite disposizioni:

  1. a. incentivare gli interventi di manutenzione e di restauro, nonché, in presenza di componenti incongrue, di riorganizzazione dei tessuti secondo criteri di coerenza con le specificità storico-insediative;
  2. b. valorizzare il sistema degli spazi pubblici e degli spazi aperti, anche privati (orti, giardini, cortili, ecc.);
  3. c. allontanare le funzioni incongrue e/o incompatibili con la residenza e con il carattere storico-insediativo dei tessuti;
  4. d. limitare le interferenze generate dalla mobilità e dalla sosta veicolare;
  5. e. garantire l'accessibilità urbana anche ai portatori di handicap;
  6. f. favorire, accanto alla residenza, l'introduzione di funzioni differenziate compatibili e di attività economiche di qualità (servizi, esercizi di ristoro, esercizi commerciali tradizionali di vicinato, ecc.).

3. Gli interventi edilizi, che superino la ristrutturazione edilizia e che riguardino edifici diversi da quelli disciplinati ai sensi dei precedenti articoli 29 e 30, sono finalizzati al perseguimento di una maggiore coerenza insediativa, sulla base degli indirizzi programmatici definiti al precedente punto 2 del presente articolo.

Art. 32 Giardini di formazione storica

1. Sono composizioni architettoniche e vegetali che rivestono interesse storico e/o artistico e che, in quanto complementi inseparabili degli edifici di riferimento e dei relativi intorni territoriali, rappresentano componenti qualificate del patrimonio territoriale e paesaggistico. Il RU provvede a verificarne e, se del caso, precisarne i perimetri.

2. Sono meritevoli di conservazione dinamica in qualità di monumenti viventi e sono suscettibili di interventi di manutenzione e restauro, estesi a tutti gli elementi costitutivi. Tali interventi sono definiti sulla base di uno specifico studio, relativo al giardino in oggetto e/o, se del caso, a quelli analoghi vicini, finalizzato a ricostruirne la processualità tipologica e a interpretarne i caratteri evolutivi. Vi è consentita l'introduzione di componenti innovative coerenti con l'unitarietà formale storicizzata e, in particolare, con la pianta, i profili del terreno, le masse vegetali, gli elementi decorativi, le acque.

3. Al loro interno non è consentita la realizzazione di impianti tecnologici emergenti, né il passaggio di linee elettriche aeree.

4. L'Amministrazione Comunale, operando in collaborazione con le associazioni culturali del territorio, favorisce l'apertura al pubblico e la visita guidata dei giardini più significativi.

Art. 33 Componenti minori dell'identità storico-culturale

1. Sono i segni della fede (cappelle, tabernacoli, croci votive, icone) e le strutture storiche legate all'acqua (ponti) o a significativi avvenimenti locali (cippi). Costituiscono componenti identitarie del territorio, presenti soprattutto lungo i tracciati della viabilità di impianto storico. Concorrono alla qualificazione del paesaggio attraverso segni localizzati ad alto significato simbolico.

2. I segni della fede sono meritevoli di conservazione integrale. Le strutture storiche legate all'acqua o agli avvenimenti locali sono meritevoli di conservazione dinamica, con possibilità di introdurre modifiche o innovazioni capaci di garantirne la funzionalità e/o la sicurezza.

3. Gli interventi, edilizi o urbanistici, che riguardano edifici o aree al cui interno ricadono componenti minori dell'identità storico-culturale, ancorché non individuate dagli elaborati grafici del PS, ne prevedono obbligatoriamente la conservazione secondo le disposizioni di cui al presente articolo, così come meglio specificate dal RU. Detti interventi identificano le componenti minori dell'identità storico-culturale presenti e predispongono per ciascuna di esse una apposita scheda che implementa l'Atlante partecipato delle risorse patrimoniali, di cui all'articolo 14 delle presenti norme.

Art. 34 Viabilità di impianto storico

1. È la viabilità, di ogni livello gerarchico, di impianto antecedente al 1900. Costituisce una componente fondativa del territorio comunale, sia nelle direttrici principali, storicamente percorse dai traffici di attraversamento da e per Firenze e/o interessate dalla presenza di insediamenti accentrati che hanno dato luogo ai centri abitati, sia nella rete della viabilità minore, funzionalmente legata agli spostamenti locali, nonché alla vita e al lavoro nel territorio.
È rappresentata nella Tavola n. 1.3.2 dello Statuto del Territorio, dove sono individuati anche percorsi comprensivi di tratti recenti, che hanno sostituito nel tempo i tratti originari59 senza modificarne i tracciati in modo significativo. Il Regolamento urbanistico può integrare la viabilità minore di impianto storico individuata dal Piano strutturale con strade campestri di impianto storico che consentano il completamento della rete viaria, senza che ciò costituisca variante al Piano strutturale.

2. Le direttrici principali sono meritevoli di conservazione dinamica nei tracciati, nei rapporti con il sistema insediativo e nelle visuali. Esse ammettono tuttavia le modifiche di seguito elencate, alle condizioni ivi specificate, per motivate esigenze funzionali di pubblico interesse:

  • - le eventuali variazioni di tracciato, ove significative per sviluppo lineare, sono realizzate integrando, senza cancellarli, i tracciati esistenti di impianto storico suscettibili di garantire un servizio locale;
  • - le visuali panoramiche, chiuse in tutto o in parte, sono sostituite con altre di pari qualità, pari funzionalità e con ubicazioni per quanto possibile prossime;
  • - gli eventuali adeguamenti di carreggiata sono realizzati facendo ricorso a opere d'arte, se e in quanto necessarie, coerenti per tipologia e caratteri costruttivi con quelle di formazione storica ancora presenti, se significative.

Gli interventi che interessano la strada provinciale Aretina e le aree limitrofe, tutelate ai sensi del DLgs 42/200460, seguono gli indirizzi della competente Soprintendenza e presuppongono il relativo nulla osta.

3. La rete della viabilità minore di impianto storico è parimenti meritevole di conservazione dinamica nei tracciati, nei rapporti con il sistema insediativo e nelle visuali. Essa conserva, tuttavia, anche i caratteri costruttivi tradizionali, le giaciture, le sezioni e, ove ancora presente, il fondo bianco, consentendo, sulla base di apposite disposizioni regolamentari definite dal Regolamento urbanistico, un fondo diverso in presenza di tratti scoscesi, pericolosi e/o di difficile transitabilità.

4. Le strade vicinali costituiscono un sottosistema della viabilità minore di impianto storico e sono gestite da un apposito consorzio costituito dai frontisti cui partecipa, se del caso, l'Amministrazione Comunale. Esse sono aperte al pubblico e garantiscono il pubblico transito veicolare, se alla loro gestione partecipa l'Amministrazione Comunale, ovvero pedonale e ciclabile, negli altri casi.

5. Al pari della viabilità minore di impianto storico, sono meritevoli di conservazione le opere tradizionali di sistemazione e di contenimento dei terreni a monte e a valle della carreggiata, le alberature segnaletiche e le componenti minori dell'identità storico culturale, di cui all'articolo 33 delle presenti norme.

59. Antecedenti al 1900

60. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio"

Art. 35 Sistemazioni idraulico-agrarie terrazzate

1. Sono sistemazioni storiche dei versanti collinari finalizzate a garantire la lavorazione del suolo e ad evitarne il dilavamento e l'erosione.
Costituiscono componenti qualificate del paesaggio, testimonianza di modalità virtuose di combinare difesa e uso del suolo, condizioni ecologiche favorevoli per la biodiversità.

2. Ancorché non individuate dagli elaborati grafici del PS, sono meritevoli di conservazione dinamica, con possibilità di modifiche puntuali finalizzate a migliorare e razionalizzare gli accessi e la coltivazione dei fondi.

3. Qualora abbiano perso la loro funzionalità originaria, possono essere ripristinate o sostituite con altre opere che assicurino le stesse prestazioni funzionali sotto il profilo idraulico, agronomico ed ecologico.

Art. 36 Soprassuoli a maggiore permanenza di componenti colturali tradizionali

1. Sono i terreni dove risultano prevalenti le colture che compongono il mosaico colturale tradizionale del paesaggio rurale. Pure a fronte della forte semplificazione del mosaico, prodottasi nei tempi recenti, costituiscono una imprescindibile componente culturale del paesaggio storicizzato.

2. Sono meritevoli di incentivi volti a favorire la permanenza delle colture tradizionali (oliveti, vigneti, frutteti, orti, seminativi, prati), a privilegiare i campi chiusi con ordinamenti colturali diversificati, a introdurre nelle monocolture specializzate fasce di vegetazione lineare con funzioni ecologiche di compensazione.

3. Il PS definisce azioni strategiche per sostenere la caratterizzazione storico-culturale del paesaggio rurale e, specificatamente, per favorire la permanenza e la sostenibilità economica del mosaico colturale tradizionale della collina61.

4. Il RU recepisce i contenuti statutari e strategici del PS e definisce specifiche modalità operative per incentivare il mosaico colturale e limitare o compensare la diffusione delle monocolture.

61. V. Parte Terza, Titolo I "Strategia integrata per lo sviluppo durevole del territorio", Articolo 58 "Sistema rurale"

Capo IV Paesaggio: attuazione della disciplina paesaggistica del piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana (PIT)

Art. 37 Definizione

1. La disciplina del paesaggio costituisce articolazione e specificazione della disciplina paesaggistica del Piano di indirizzo territoriale con valenza di Piano paesaggistico della Regione Toscana (PIT)62. Essa persegue gli obiettivi di qualità, individuati dalla sezione 4 delle schede allegate al PIT, relative all'Ambito di paesaggio n. 11, "Valdarno superiore", articolandoli e specificandoli con riferimento ai sistemi territoriali definiti dal Piano strutturale.
La disciplina del paesaggio recepisce comunque, prioritariamente, le prescrizioni del PIT con valenza di piano paesaggistico relative al suddetto ambito di paesaggio e ai beni paesaggistici presenti al suo interno.

2. Il PS assume il paesaggio come risorsa essenziale del territorio, ai sensi della LR 01/2005, e come componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, bene comune e risorsa patrimoniale complessa, frutto della stratificazione storica delle interazioni in continuo divenire tra uomo e natura, ai sensi della Convenzione europea del paesaggio63 e del Codice dei beni culturali e del paesaggio64. La disciplina del paesaggio in esso contenuta ha natura eminentemente relazionale e definisce criteri qualitativi che guidano le trasformazioni territoriali in relazione ai caratteri costitutivi del paesaggio: fisico-naturali, storico-culturali, visuali.
Essa è pertanto complementare alla disciplina delle risorse patrimoniali, di cui alla Parte Seconda, Titolo III, Capo II e Capo III, delle presenti norme65, e riguarda le conformazioni paesaggistiche che derivano dalla combinazione, strutturale e funzionale, delle suddette risorse. È altresì presupposto delle strategie per lo sviluppo durevole del territorio, di cui alla Parte Terza delle presenti norme.

62. Piano di indirizzo territoriale con valenza di Piano paesaggistico della Regione Toscana, adottato con Deliberazione del Consiglio Regionale 2 luglio 2014, n. 58

63. Ratificata con Legge 9 gennaio 2006, n.14, "Ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea sul Paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000".

64. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio" e smi

65. Titolo III "Disciplina per l'uso durevole delle risorse patrimoniali": Capo II "Componenti fisiche e naturali", Capo III "Componenti antropiche e storico-culturali"

Art. 38 Integrazione del paesaggio nelle politiche territoriali

1. Per integrare il paesaggio nelle politiche territoriali, il PS, in applicazione degli obiettivi di qualità indicati dalla sezione 4 delle schede allegate al piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana (PIT)66 e relative all'Ambito di paesaggio n. 11, "Valdarno superiore", definisce specifici obiettivi di qualità paesaggistica per il governo del territorio comunale e li persegue attraverso specifiche misure per la qualità del paesaggio, così come specificato, rispettivamente, agli articoli 40 e 41 delle presenti norme.

2. Gli obiettivi di qualità paesaggistica definiscono le caratteristiche paesaggistiche dell'ambiente di vita della popolazione. Essi sono riferiti:

  • - all'intero territorio comunale: per quanto concerne i sistemi naturali che costituiscono le matrici originarie del paesaggio;
  • - ai singoli sistemi territoriali67: per quanto concerne la stratificazione storica delle modificazioni antropiche apportate alle matrici naturali originarie del paesaggio.

3. Le misure per la qualità del paesaggio definiscono le modalità con le quali si perseguono gli obiettivi di qualità paesaggistica:

  • - misure di salvaguardia;
  • - misure di evoluzione coerente;
  • - misure di trasformazione sostenibile.

4. Le strategie per lo sviluppo durevole del territorio comunale, di cui alla Parte Terza delle presenti norme, assumono gli obiettivi di qualità paesaggistica e le misure per la qualità del paesaggio come riferimento costante delle politiche e delle azioni presupposte.

66. Piano di indirizzo territoriale della Toscana, approvato con Deliberazione C.R. 24 luglio 2007, n. 72, e implementato con la Disciplina paesaggistica adottata con Deliberazione CR 16 giugno 2009, n. 32

67. Così come definiti nella Parte Seconda, Titolo I, delle presenti norme

Art. 39 Categorie di riferimento del paesaggio

1. Per la definizione degli obiettivi di qualità paesaggistica, di cui all'articolo 40 delle presenti norme, il territorio comunale viene articolato nelle seguenti categorie di riferimento:

  • - conformazione paesaggistica profonda del territorio;
  • - conformazione paesaggistica consolidata del territorio;
  • - conformazione paesaggistica critica del territorio.

2. Le suddette categorie di riferimento sono definite, come specificato ai successivi punti 3, 4 e 5 del presente articolo, a partire dai seguenti sistemi di origine naturale o di derivazione antropica: sistema morfologico, sistema idrografico e idrogeologico, sistema forestale, sistema agricolo, sistema insediativo e sistema infrastrutturale.
Esse contraddistinguono, per prevalenza e/o caratterizzazione, i sistemi territoriali riconosciuti dal PS68 e comportano, all'interno dei suddetti sistemi, l'adozione di specifiche misure per la qualità del paesaggio.

3. Conformazione paesaggistica profonda del territorio

3.1. La conformazione paesaggistica profonda del territorio è costituita dall'insieme dei sistemi di origine naturale (sistemi morfologico, idrografico, idrogeologico e forestale) e dalle rispettive relazioni costitutive e coevolutive. Essa rappresenta la matrice di base del paesaggio e viene conseguentemente assunta dal PS come riferimento costante e prevalente per la definizione delle politiche e delle azioni di governo del territorio.

3.2. Il PS riconosce, quali componenti della conformazione paesaggistica profonda del territorio, i seguenti sistemi di origine naturale, rappresentati nella tavola n. 1.3.4a. dello Statuto del territorio69:

  1. a. Sistema morfologico: costituito delle specifiche conformazioni della morfologia fisica, definite dai crinali, dai poggi, dalle selle, dagli altipiani, dai versanti e dai fondovalle.
  2. b. Sistema idrografico e idrogeologico: costituito dai sottosistemi dell'Arno e dei corsi d'acqua minori suoi tributari, nonché dalla articolata rete dei solchi di impluvio che confluisce al loro interno; le sorgenti sono parte integrante del sistema, in quanto formazioni di superficie con essenziali funzioni di relazione tra acquiferi sotterranei e rete drenante del reticolo idrografico superficiale.
  3. c. Sistema forestale: costituito dai boschi di latifoglie che, per fisionomia vegetazionale, caratteri geologici e morfologici del rilievo e scarsità di insediamento umano, costituiscono permanenza presumibile delle coperture forestali naturali originarie.

4. Conformazione paesaggistica consolidata del territorio

4.1. La conformazione paesaggistica consolidata del territorio comunale è costituita dalla stratificazione storica di quelle modificazioni della conformazione paesaggistica profonda che hanno trasformato il paesaggio naturale originario in un paesaggio a diffusa caratterizzazione semiologica e culturale, se pure con significativi connotati di naturalità diffusa.
Le società insediate hanno introdotto innovazioni e operato modifiche nei sistemi naturali originari che sono state selezionate dalla storia, dando luogo a una conformazione paesaggistica di comprovata qualità ecologica ed estetica, che oggi concorre, in maniera determinante, alla definizione dell'attuale identità paesaggistica del territorio comunale, esprimendo relazioni con la conformazione paesaggistica profonda fondate su regole di firmitas, utilitas e venustas.

4.2. La conformazione paesaggistica consolidata del territorio comprende, accanto a quelle storiche, anche quelle impronte moderne e contemporanee che, in virtù della loro coerenza con la conformazione paesaggistica profonda, sono considerate dal Piano strutturale come partecipi dell'identità paesaggistica locale.

4.3. Il PS riconosce, quali componenti della conformazione paesaggistica consolidata del territorio, i seguenti sistemi di derivazione antropica, rappresentati nella tavola n. 1.3.4b dello Statuto del territorio70:

  1. a. Sistema forestale: costituito dalle formazioni forestali miste, con latifoglie e conifere, e dagli arbusteti;
  2. b. Sistema agricolo: costituito dai mosaici che conservano l'impronta storica stratificata del processo di appoderamento, sviluppatosi, con una strutturazione sostanzialmente continua, fino alla metà del secolo scorso. Ne sono parte integrante ed eccellente, per intensità, efficienza e caratterizzazione paesaggistica, i terreni modellati dalle sistemazione idraulico-agrarie di versante.
  3. c. Sistema insediativo e infrastrutturale: costituito dagli insediamenti matrice di impianto storico e dalle articolate espressioni della loro evoluzione, che ha dato luogo al sistema insediativo sparso del podere e dei piccoli borghi rurali. Costituisce parte integrante del sistema insediativo il sottosistema viario di impianto storico o recente, se e in quanto coerente, nonché il sottosistema dei manufatti minori dell'identità storico-culturale, costituito da tabernacoli, edicole sacre, croci votive, cippi e ponti di formazione storica.

5. Conformazione paesaggistica critica del territorio.

5.1. La conformazione paesaggistica critica del territorio comunale è costituita dalle modificazioni incoerenti delle altre conformazioni paesaggistiche[1], prodotte solitamente dalla società moderna e contemporanea, che hanno dato luogo a paesaggi contrassegnati da criticità ambientale, indeterminatezza tipologica, instabilità morfologica, casualità funzionale.

5.2. Tra i prodotti delle suddette modificazioni incoerenti sono annoverati gli insediamenti recenti del territorio rurale e le aree, limitrofe ai centri abitati, che hanno perso le rispettive relazioni strutturali e funzionali con il paesaggio consolidato.

5.3. Il PS riconosce, quali componenti della conformazione paesaggistica critica del territorio, i seguenti sistemi di derivazione antropica, rappresentati nella tavola n. 1.3.4c dello Statuto del territorio71:

  1. a. Sistema forestale: costituito da rimboschimenti di conifere e boschi di robinie.
  2. b. Sistema agricolo: costituito dai mosaici agricoli di fondovalle o pedecollinari in condizioni di margine insediativo o infrastrutturale, nonché da quelli che hanno sviluppato forme di conduzione tipiche della contemporaneità (agricoltura di autoconsumo, colture protette, colture florovivaistiche specializzate), senza conservare o riproporre, anche attualizzandoli, i caratteri semiologici e funzionali tipici della conformazione paesaggistica consolidata del territorio.
  3. c. Sistema insediativo e infrastrutturale: costituito dagli insediamenti di formazione (solitamente) recente, che hanno prodotto una intensa e diffusa discontinuità con il passato senza generare nuovi modelli insediativi, coerenti con la conformazione paesaggistica profonda e capaci di costituire una evoluzione, in chiave contemporanea, della conformazione paesaggistica consolidata.

68. Vedi Parte Seconda, Titolo I, delle presenti norme

69. Statuto del territorio: Disciplina per l'uso durevole delle risorse patrimoniali, Paesaggio: Conformazione paesaggistica profonda del territorio , tavola n. 1.3.4a

70. Statuto del territorio: Disciplina per l'uso durevole delle risorse patrimoniali, Paesaggio: conformazione paesaggistica consolidata del territorio, tavola n. 1.3.4b

[1] Conformazione paesaggistica profonda e conformazione paesaggistica consolidata del territorio

71. Statuto del territorio: Disciplina per l'uso durevole delle risorse patrimoniali, Paesaggio: Conformazione paesaggistica critica del territorio, tavola n. 1.3.4c

Art. 40 Obiettivi di qualità paesaggistica

1. Costituiscono condizioni preliminari per la qualità paesaggistica, da osservare su tutto il territorio comunale in presenza di qualsiasi politica e/o azione che abbia effetti diretti o indiretti sul paesaggio:

  • - la percezione sociale del paesaggio, processo di elaborazione collettiva delle informazioni sensoriali, come metodo per riconoscere le specificità dei paesaggi, definirne gli obiettivi e le misure di qualità, verificare gli effetti sul paesaggio delle politiche territoriali;
  • - la diversità dei paesaggi, da garantire attraverso gli obiettivi e le misure di qualità paesaggistica specificatamente definiti dalle presenti norme, evitando la banalizzazione e la omologazione dei paesaggi;
  • - la stabilità strutturale e funzionale dei paesaggi, seminaturali e rurali, quale condizione necessaria per prevenire e contenere, accanto ai processi di banalizzazione e di omologazione, i processi di frammentazione dei paesaggi;
  • - l'equilibrio tra storia e contemporaneità nei paesaggi: ferme restando le limitazioni alle trasformazioni territoriali in presenza di paesaggi di particolare significato testimoniale72, è possibile che le innovazioni introdotte esprimano a pieno titolo la contemporaneità, evitando tuttavia la banalizzazione e la omologazione dei paesaggi. A tale scopo il PS definisce criteri generali per favorire la salvaguardia, l'evoluzione coerente e/o la trasformazione sostenibile dei paesaggi73.

2. Costituisce obiettivo di qualità paesaggistica per l'intero territorio comunale, secondo le modalità di cui all'articolo 46 delle presenti norme, la salvaguardia della conformazione paesaggistica profonda.

3. Ferma restando la salvaguardia della conformazione paesaggistica profonda, costituiscono obiettivi di qualità paesaggistica per i singoli sistemi territoriali individuati dal PS, secondo le modalità di cui all'articolo 46 delle presenti norme:

  • - sistemi territoriali 1.2, 2, 4 e 5: l'evoluzione coerente della conformazione paesaggistica consolidata del territorio74, considerata prevalente e caratterizzante dal PS all'interno dei suddetti sistemi territoriali.
  • - sistemi territoriali 1.1, 1.3 e 3: la trasformazione sostenibile della conformazione paesaggistica critica del territorio75, considerata prevalente e caratterizzante dal PS all'interno dei suddetti sistemi territoriali.

72. Vedi aree di protezione storico ambientale di cui all'articolo 47 delle presenti norme

73. Vedi articolo 41 delle presenti norme

74. Vedi articolo 46 delle presenti norme

75. Vedi articolo 46 delle presenti norme

Art. 41 Misure per la qualità paesaggistica

1. Le misure per la qualità del paesaggio, definite con riferimento alla Convenzione europea del paesaggio76, si articolano in:

  1. a. protezione delle matrici fisiche e naturali del paesaggio77: ha come fine la protezione della integrità, strutturale e funzionale, della conformazione paesaggistica profonda del territorio comunale, in ragione del suo preminente valore patrimoniale78.
    Le misure di protezione trovano espressa specificazione nei criteri e nelle modalità di cui all'articolo 46, punto 3, delle presenti norme ("salvaguardia della conformazione paesaggistica profonda del territorio comunale")79.
    Esse si applicano, quale presupposto imprescindibile per qualsiasi paesaggio di qualità, a tutte le articolazioni dei sistemi fisici e naturali che compongono la conformazione paesaggistica profonda del territorio comunale (sistemi morfologico, idrografico e idrogeologico, forestale), a prescindere dalla loro ubicazione territoriale.
  2. b. gestione dei paesaggi a diffusa caratterizzazione storico-culturale80: ha come fine la coerenza delle trasformazioni, indotte dai processi territoriali di sviluppo sociale, economico, insediativo e infrastrutturale, con le regole costitutive ed evolutive81 della conformazione paesaggistica consolidata del territorio comunale, in una prospettiva di sviluppo durevole82 e di conservazione dinamica della qualità paesaggistica.
    Le misure di gestione trovano espressa specificazione nei criteri e nelle modalità di cui all'articolo 46, punto 4, delle presenti norme ("evoluzione coerente della conformazione paesaggistica consolidata del territorio comunale")83.
    Esse si applicano ai sistemi territoriali 1.2, 2, 4 e 5, al cui interno il PS riconosce, come prevalente e caratterizzante, la conformazione paesaggistica consolidata del territorio.
    Le articolazioni dei sistemi fisici e naturali che compongono la conformazione paesaggistica profonda (sistemi morfologico, idrografico e idrogeologico, forestale), ancorché ricadenti nei suddetti sistemi territoriali, sono sottoposte alle misure di salvaguardia di cui al precedente punto 1.a.
  3. c. progettazione dei paesaggi incongrui e/o degradati84: ha come fine il superamento della conformazione paesaggistica critica del territorio comunale, attraverso azioni lungimiranti capaci di coniugare le nuove esigenze collettive con l'uso sostenibile delle risorse patrimoniali e di perseguire, nel tempo, la creazione di nuove conformazioni paesaggistiche di qualità85.
    Le misure di progettazione trovano espressa specificazione nei criteri e nelle modalità di cui all'articolo 46, punto 5, delle presenti norme ("trasformazione sostenibile della conformazione paesaggistica critica del territorio comunale")86.
    Esse si applicano ai sistemi territoriali 1.1, 1.3 e 3, al cui interno il PS riconosce, come prevalente e caratterizzante, la conformazione paesaggistica critica del territorio.
    Le articolazioni dei sistemi fisici e naturali che compongono la conformazione paesaggistica profonda (sistemi morfologico, idrografico e idrogeologico, forestale), ancorché ricadenti nei suddetti sistemi territoriali, sono sottoposte alle misure di salvaguardia di cui al precedente punto 1.a.
    Le componenti fisiche e naturali, antropiche e storico-culturali, che costituiscono risorse patrimoniali ai sensi della Parte Seconda, Titolo III, Capo II e Capo IIII, delle presenti norme, seguono la disciplina di conservazione ivi definita ancorché ricadenti nei sistemi territoriali sopra detti.

2. Le misure per la qualità del paesaggio informano le strategie per lo sviluppo durevole del territorio, di cui alla Parte Terza delle presenti norme, nonché gli atti di governo del territorio, che conferiscono operatività al PS, attraverso i criteri e le modalità generali per la qualità del paesaggio, di cui all'articolo 46 delle presenti norme.
I suddetti criteri costituiscono invariante strutturale ai sensi della LR 01/200587

76. CEP 2000

77. "Landscape protection", CEP 2000

78. "Heritage value", CEP 2000

79. Articolo 46, "Invarianza della qualità paesaggistica"

80. "Landscape management", CEP 2000

81. "Regular upkeep", CEP 2000

82. "Sustainable development", CEP 2000

83. Articolo 46, "Invarianza paesaggistica"

84. "Landscape planning", CEP 2000

85. "Restore", "enhance", "create", CEP 2000

86. Articolo 46, "Invarianza della qualità paesaggistica"

87. Legge Regionale 3 gennaio 2005, n°1, "Norme per il governo del territorio"

Art. 42 Disposizioni per i beni paesaggistici

1. Costituiscono beni paesaggistici gli immobili e le aree di cui all'articolo 134 del D.Lgs 42/200488.

2. Ad essi si applica la disciplina generale del paesaggio di cui alle presenti norme, come implementata dalle specifiche disposizioni di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano agli interventi che non comportano alterazione allo stato dei luoghi e/o all'aspetto esteriore delle costruzioni, che saranno specificatamente individuati dal RU. Gli interventi che interessano i beni paesaggistici sono comunque soggetti, prioritariamente, alle prescrizioni contenute nel PIT con valenza di Piano paesaggistico89, riportate, a titolo ricognitivo, nell'Allegato 2 alle presenti norme. Qualora, alla definitiva approvazione del PIT con valenza di Piano paesaggistico, dovessero intervenire modifiche alle suddette prescrizioni, l'Allegato 2 viene conseguentemente modificato con Deliberazione del Consiglio Comunale, senza che ciò costituisca variante al PS.

3. I progetti relativi agli interventi di trasformazione dei beni paesaggistici evidenziano prioritariamente, attraverso un apposito studio, i valori paesaggistici riconosciuti dal D.Lgs 42/200490 e sono corredati, con diversa gradualità in relazione alla tipologia dell'intervento proposto, dalla specifica definizione dei caratteri costitutivi del paesaggio (fisico-naturali, storico-culturali, visuali), con particolare attenzione alle risorse patrimoniali di cui alla Parte Seconda, Titoli II e III, delle presenti norme. Tali caratteri sono individuati e descritti nelle condizioni precedenti e successive agli interventi di trasformazione territoriale, con riferimento anche alle aree limitrofe a quelle interessate dall'intervento e con particolare riguardo ai seguenti aspetti:

  • - sistemi fisico-naturali (morfologico, idrografico, idrogeologico, vegetazionale) e storico-culturali (agricolo, insediativo, infrastrutturale), che devono essere descritti, interpretati e riproposti dal progetto secondo nuove configurazioni compiute, capaci di garantire coerenza e continuità strutturale, formale e funzionale con l'intorno territoriale;
  • - semiologia del paesaggio, con evidenziazione delle prevalenti tessiture territoriali di valore ecologico e/o storico - culturale;
  • - relazioni visuali con le strade e i luoghi di maggiore frequentazione pubblica, con la individuazione delle principali visuali panoramiche, anche a distanza.

4. I progetti relativi agli interventi di trasformazione dei beni paesaggistici evidenziano la compatibilità con la tutela dei valori riconosciuti dal D.Lgs 42/200491 e con i caratteri ecologici e ambientali del sito. Essi esprimono coerenza formale nelle aree interessate dall'intervento, oltre che compatibilità semiologica e visuale nei confronti dell'intorno. Provvedono, in particolare, alla valorizzazione delle principali visuali panoramiche, anche alla distanza.

5. Il Regolamento urbanistico, anche in attuazione del piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana (PIT) e della specifica disciplina dei beni paesaggistici ivi contenuta, detta disposizioni particolari atte a disciplinare:

  • - la realizzazione di barriere visuali lungo le strade panoramiche e lungo il tracciato dell'Autostrada A1;
  • - l'apposizione e la tipologia delle insegne pubblicitarie lungo i tracciati stradali;
  • - l'aspetto esteriore degli edifici, con particolare riguardo alle coperture;
  • - la realizzazione di impianti solari, da biomassa e di altri sistemi per la produzione di energie rinnovabili.

88. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio"

89. Adottato dalla Regione Toscana con Deliberazione del Consiglio Regionale 2 luglio 2014, n.58

90. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio"

91. Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio"

92. Piano di indirizzo territoriale della Toscana, già citato