Norme Tecniche di attuazione del Piano Strutturale

Art. 21 Definizione

1. Il PS riconosce, quali risorse patrimoniali, le componenti fisiche e naturali che concorrono alla formazione del sistema ambientale locale.

2. Dette componenti, per la caratterizzazione che inducono nel territorio, per gli specifici caratteri qualitativi e per l'importanza che assumono nella percezione sociale, sono risorse patrimoniali ad alto contenuto identitario e costituiscono le matrici fisiche e naturali degli assetti paesaggistici locali, concorrendo alla definizione della "conformazione paesaggistica profonda del territorio", così come definita dall'articolo 39 delle presenti norme19.
In quanto tali, esse sono oggetto di diverse modalità di conservazione, secondo una disciplina articolata così come definita ai successivi articoli del presente Capo II20.

3. Sono individuate dalla Tavola n. 1.3.1 dello Statuto del Territorio e sono costituite da aria, acqua e suolo, oltre che da vegetazione e fauna così come disciplinate attraverso il sistema dei boschi, il sistema dei corsi d'acqua e degli invasi artificiali, il sistema agricolo e dei prati, il sistema degli arbusteti.

19. Articolo 39 "Categorie di riferimento del paesaggio"

20. Statuto del territorio, Titolo Terzo, Capo II "Disciplina delle componenti fisiche e naturali", articoli da 21 a 26

Art. 22 Integrità fisica del territorio

1. La tutela dell'integrità fisica del territorio è definita dal PS in relazione ai caratteri geomorfologici, idraulici e idrogeologici.

2. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla tutela dell'integrità fisica del territorio sono:

  1. a. contenimento degli interventi di trasformazione territoriale nelle aree a pericolosità geologica e idraulica molto elevata, con l'eccezione di quelli di rilevante interesse generale, se e in quanto consentiti dalla normativa nazionale e regionale vigente;
  2. b. messa in sicurezza degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti in aree soggette a rischio geologico e idraulico.

3. Le disposizioni relative alle caratteristiche geomorfologiche, idrauliche e idrogeologiche prevalgono, in caso di contrasto, su quelle relative alle trasformazioni e agli usi ammissibili nel territorio comunale.

4. Il PS individua, attraverso le indagini geologico - idrauliche, i gradi di pericolosità geologica e idraulica secondo quanto prescritto dalla relativa normativa regionale, dal PIT21, dal PTCP22, dalle norme e dalle salvaguardie dell'Autorità di Bacino del Fiume Arno, rinviando la predisposizione delle indagini di fattibilità al RU e agli altri atti di governo del territorio.

5. Gli interventi per la tutela dell'integrità fisica del territorio sono concepiti anche in funzione della salvaguardia dell'ambiente naturale e della qualità paesaggistica.
Pertanto, compatibilmente con le esigenze di sicurezza e di funzionalità, gli interventi di trasformazione territoriale ricorrono, ogni qual volta ciò risulti possibile, a tecniche di ingegneria naturalistica, anche nel rispetto di quanto disposto dalla Deliberazione CR 20/05/1997, n. 15523, e dalla LR 56/2000, articolo 6, comma 524.

6. Disposizioni relative alle caratteristiche geologiche/geomorfologiche

6.1. Pericolosità geomorfologica molto elevata.

Le trasformazioni fisiche del territorio, che interessino aree ricadenti nella classe di pericolosità geomorfologica molto elevata (G.4) e per le quali risulti una classe di fattibilità limitata (F4), sono subordinate, in fase di redazione del RU, a specifiche indagini geognostiche e agli altri studi comunque necessari per precisare l'entità dei problemi di stabilità. Esse sono comunque subordinate al rispetto dei seguenti criteri generali:

  1. a. gli interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture sono consentiti solo a seguito di interventi di consolidamento, bonifica, protezione e sistemazione dei terreni;
  2. b. gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  3. c. in presenza di interventi di messa in sicurezza dovranno essere predisposti ed attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;
  4. d. devono essere preventivamente certificati: l'avvenuta messa in sicurezza, conseguente alla realizzazione e al collaudo delle opere di consolidamento; gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato; la delimitazione delle aree che risultino in condizioni di sicurezza;
  5. e. relativamente agli interventi per i quali sia dimostrato il non aggravio delle condizioni di instabilità dell'area, purché siano previsti, ove necessario, interventi mirati a tutelare la pubblica incolumità, a ridurre la vulnerabilità delle opere esposte mediante consolidamento o misure di protezione delle strutture per ridurre l'entità di danneggiamento, nonché l'installazione di sistemi di monitoraggio per tenere sotto controllo l'evoluzione del fenomeno. Della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia.

6.2. Pericolosità geologica elevata.

Le trasformazioni fisiche del territorio, che interessino aree ricadenti nella classe di pericolosità geomorfologica elevata (G.3)25 e per le quali risulti una classe di fattibilità condizionata (F3), sono subordinate, in fase di redazione di Piani attuativi (PA) e di Piani complessi di intervento, ovvero, in loro mancanza, in fase di predisposizione dei progetti edilizi, ad approfondimenti di indagine necessari per precisare l'entità dei problemi di stabilità. Esse sono comunque subordinate al rispetto dei seguenti criteri generali:

  1. a. gli interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture sono subordinati all'esito di idonei studi geologici, idrogeologici e geotecnici finalizzati alla verifica delle effettive condizioni di stabilità e alla preventiva realizzazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza;
  2. b. gli eventuali interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi geologici, idrogeologici e geotecnici, devono essere comunque tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione e prevenzione dei fenomeni, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza;
  3. c. in presenza di interventi di messa in sicurezza dovranno essere predisposti e attivati gli opportuni sistemi di monitoraggio in relazione alla tipologia del dissesto;
  4. d. devono essere preventivamente certificati: l'avvenuta messa in sicurezza, conseguente alla realizzazione e al collaudo delle opere di consolidamento; gli esiti positivi del sistema di monitoraggio attivato; la delimitazione delle aree che risultino in condizioni di sicurezza;
  5. e. possono essere attuati quegli interventi per i quali venga dimostrato che non determinano condizioni di instabilità e che non modificano negativamente i processi geomorfologici presenti nell'area. Della sussistenza di tali condizioni deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia.

6.3. Relativamente alle aree a pericolosità molto elevata (P.F.4) ed elevata (P.F.3) per processi geomorfologici di versante e da frana, individuate dall'Autorità di Bacino del Fiume Arno nel "Piano di Bacino del Fiume Arno, stralcio Assetto Idrogeologico (PAI) - Stralcio Rischio Idrogeologico"26 e perimetrate nella Tavola 3.5 del Quadro conoscitivo di riferimento27, trovano applicazione le specifiche misure di salvaguardia disposte agli artt. 9, 10, 11 e 12 delle relative "Norme di Attuazione ed Allegati".

7. Disposizioni relative al contesto idraulico

7.1. Aree interessate da disposizioni della pianificazione di bacino e provinciale

7.1.2. Relativamente alle aree a pericolosità idraulica molto elevata (P.I.4) ed elevata (P.I.3) individuate dall'Autorità di Bacino del Fiume Arno28 e perimetrate nella Tavola 3.8 del Quadro conoscitivo di riferimento29, trovano applicazione le specifiche misure di salvaguardia disposte agli artt. 5, 6, 7 e 8 delle relative "Norme di Attuazione ed Allegati".

7.1.3. La classificazione e la perimetrazione delle aree sensibili, individuate nella Tavola 3.7 del Quadro conoscitivo di riferimento30 e articolate tra quelle desunte dalla carta dello Statuto del territorio del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze, possono essere soggette a variazioni a seguito di documentate argomentazioni e di studi idrologico - idraulici che dimostrino l'assenza delle condizioni di rischio per eventi di piena con tempi di ritorno pari a 200 anni (T200), in conformità ai criteri di cui al Capo 5 del Titolo I dello Statuto del territorio del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze.

7.1.4. La disciplina delle aree di cui al precedente punto 7.1.3. deve essere finalizzata al mantenimento e al miglioramento delle condizioni fisiche e ambientali esistenti nelle aree naturalmente predisposte alla laminazione delle piene, mantenendo e migliorando la loro valenza di casse di espansione naturali. L'eventuale ammissibilità di trasformazioni di altra natura deve discendere da valutazioni idrauliche esaurienti ai sensi del vigente Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana e del Capo 5, Titolo I dello Statuto del territorio del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze. All'interno di tali aree, le trasformazioni territoriali che implichino la realizzazione di nuove infrastrutture, di nuova edificazione, nonché il recupero del patrimonio edilizio esistente con incremento di volumetria, sono condizionate all'esecuzione di accurati studi idraulici che accertino l'assenza di rischio per un tempo di ritorno pari a 200 anni (T 200). Qualora tali studi evidenzino l'esistenza di condizioni di rischio idraulico per un tempo di ritorno pari a 200 anni (T 200), dovranno essere codificati i sistemi e gli interventi per la messa in sicurezza idraulica, da realizzare contestualmente alle opere; tali interventi, nel prefissato tempo di ritorno (T200), dovranno garantire la sicurezza idraulica alle nuove opere da realizzare e non dovranno aggravare né trasferire le condizioni di rischio in altre aree. A tale scopo, l'Amministrazione Comunale dovrà comunicare alla Provincia di Firenze l'avvenuta messa in sicurezza delle aree interessate dagli interventi e di quelle contermini, attraverso l'invio di una cartografia tematica, relativa all'intero territorio comunale. Tale cartografia dovrà descrivere le condizioni di pericolosità esistenti così come modificate per effetto degli interventi previsti. Tale cartografia, da redigere in scala 1:10.000, dovrà contenere la perimetrazione delle aree sensibili previste dal PTC della Provincia di Firenze, nonché i perimetri delle aree inondabili per eventi di piena con tempi di ritorno per 100 e 200 anni (T 100 e T 200).

7.1.5. Relativamente alle aree soggette alla "Norma n. 5" di cui al DPCM n. 226/199931, perimetrate nella Tavola 3.7 del Quadro conoscitivo di riferimento32, trovano applicazione le specifiche misure di salvaguardia disposte dalla suddetta norma, che non precludono le possibilità edificatorie e/o altre forme di trasformazione.

7.2. Reticolo idraulico e ambito di assoluta protezione del corso d'acqua

Il reticolo idraulico, così come cartografato negli Atti di programmazione del Piano di Assetto Idrogeologico del bacino dell'Arno (PAI) e comprendente anche i corsi d'acqua di interesse idraulico individuati nel PIT33, è soggetto alle misure di tutela dei suddetti Piani e, relativamente ai corsi d'acqua individuati dal Quadro conoscitivo del PIT, alle misure di salvaguardia34 per una fascia di m 10 dal ciglio di sponda o dal piede esterno dell'argine.

I corsi d'acqua individuati nel PIT 2007 sono:

  • - Fiume Arno FI707
  • - Fosso di Castiglionchio o di Rosano o di Molinazzo FI293
  • - Borro della Felce o Fosso delle Lame o Fosso del Salceto FI77
  • - Borro dell'Inferno o Massone FI106
  • - Botro di Ricciofani o Fosso di Pagnana FI420
  • - Fosso di Torre a Cona FI1847
  • - Borro di Troghi o delle Formiche FI209

Nell'ambito di assoluta protezione dei citati corsi d'acqua, individuato nella fascia di 10,00 ml a partire dal ciglio di sponda o dal margine esterno della base dell'argine, non è consentito realizzare nuove edificazioni o manufatti di qualsiasi natura, né trasformazioni morfologiche di aree pubbliche, con l'eccezione delle opere idrauliche, delle opere di attraversamento del corso d'acqua, degli interventi trasversali di captazione e di restituzione delle acque, nonché degli adeguamenti delle infrastrutture esistenti senza avanzamento verso il corso d'acqua, a condizione che si attuino le precauzioni necessarie per la riduzione del rischio idraulico.

Tutti i corsi d'acqua del territorio comunale, in quanto pubblici ex art. 1 D.P.R. 238/99 e a prescindere dalla loro inclusione o meno negli elenchi del PIT 2007, restano comunque assoggettati alle tutele idrauliche di cui al R.D. n. 523/1904.

Sono decadute le norme relative agli ambiti idraulici A1, A2 e B contenute nel PS previgente.

7.3. Classi di pericolosità idraulica molto elevata ed elevata

Ferme restando le disposizioni di cui ai precedenti punti del presente comma 7, le trasformazioni fisiche e funzionali, subordinate a provvedimenti abilitativi anche taciti, che interessino aree ricadenti in classe di pericolosità idraulica molto elevata (I.4) ed elevata (I.3), individuate dalle Tavola n. 3.8 del Quadro conoscitivo di riferimento35, sono prescritte, ovvero dichiarate ammissibili, dal RU, previa effettuazione di studi idrologico-idraulici idonei alla definizione delle classi di fattibilità nel rispetto dei seguenti criteri generali:

  1. a. non sono ammessi interventi di nuova edificazione o di nuove infrastrutture per i quali non sia dimostrabile il rispetto di condizioni di sicurezza o non sia prevista la preventiva o contestuale realizzazione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni (T 200);
  2. b. gli interventi di messa in sicurezza, definiti sulla base di studi idrologici e idraulici, non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell'eventuale incremento dei picchi di piena a valle;
  3. c. relativamente agli interventi di nuova edificazione previsti nel tessuto insediativo esistente, la messa in sicurezza rispetto a eventi di piena con tempo di ritorno di 200 anni (T 200) può essere conseguita anche tramite adeguati sistemi di autosicurezza, nel rispetto delle seguenti condizioni:
    1. i. dimostrazioni dell'assenza o dell'eliminazione di pericolo per le persone e i beni
    2. ii. dimostrazione che gli interventi non determinano aumento delle pericolosità in altre aree;
  4. d. possono essere previsti interventi per i quali venga dimostrato che la loro natura è tale da non determinare pericolo per persone e beni, da non aumentare la pericolosità in altre aree e purché siano adottate, ove necessarie, idonee misure atte a ridurne la vulnerabilità;
  5. e. della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto anche nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all'attività edilizia;
  6. f. fino alla certificazione dell'avvenuta messa in sicurezza conseguente alla realizzazione e al collaudo delle opere idrauliche, con relativa delimitazione delle aree messe in sicurezza, non può essere rilasciata dichiarazione di abitabilità e di agibilità;
  7. g. deve essere garantita la gestione di quanto in essere tenendo conto della necessità di raggiungimento, anche graduale, delle condizioni di sicurezza idraulica fino a Tr 200 per il patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente e per tutte le funzioni connesse.

8. Disposizioni relative alle caratteristiche idrogeologiche

8.1. Aree a vulnerabilità elevata

8.1.1. Nelle aree a vulnerabilità elevata, individuate nella Tavola 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento36, non è ammessa la realizzazione di:

  1. a. depositi a cielo aperto e altri stoccaggi di materiali inquinanti idroveicolabili;
  2. b. discariche, se non per materiali di risulta dell'attività edilizia completamente inertizzati;
  3. c. impianti per lo smaltimento dei reflui;
  4. d. depositi di carburante.

8.1.2. Nell'esecuzione delle opere destinate a contenere o a convogliare sostanze liquide, solide o gassose potenzialmente inquinanti (quali: cisterne, reti fognarie, oleodotti, gasdotti, ecc.), devono essere adottate particolari cautele atte a garantire la tenuta idraulica (quali: bacini di contenimento a tenuta stagna, sistemi di evacuazione d'emergenza, materiali o pannelli assorbenti, ecc.).

8.1.3. L'uso di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti, nonché l'allevamento di bestiame e il pascolamento, deve essere specificatamente regolamentato. I fertilizzanti, i pesticidi e i diserbanti devono essere utilizzati nei quantitativi strettamente necessari. La permanenza del bestiame nelle aree a elevata vulnerabilità non deve essere continuativa, bensì, possibilmente, limitata al transito.

8.1.4. Sono comunque vietati:

  1. a. gli scarichi liberi nel suolo e nel sottosuolo di liquidi o di altre sostanze di qualsiasi genere o provenienza;
  2. b. il lagunaggio dei liquami prodotti da allevamenti zootecnici aziendali o interaziendali, al di fuori di appositi lagoni di accumulo impermeabilizzati con materiali artificiali.

8.2. Aree a vulnerabilità alta

8.2.1. Per le aree a vulnerabilità alta, individuate nella Tavola 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento37 e costituite da depositi alluvionali e/o terrazzati e da detriti di falda, valgono le disposizioni che regolano le aree a vulnerabilità elevata di cui al precedente punto 8.1.

8.2.2. Per le aree a vulnerabilità alta diverse da quelle di cui al precedente comma 1 valgono le disposizioni che regolano le aree a vulnerabilità media di cui al successivo punto 8.3.

8.3. Aree a vulnerabilità media

Nelle aree a vulnerabilità media, individuate nella Tavola 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento38, la realizzazione di strutture potenzialmente inquinanti è subordinato a specifiche indagini geognostiche e idrogeologiche, finalizzate alla specifica valutazione delle condizioni locali e dell'effettivo rischio di inquinamento.

8.4. Aree interessate da disposizioni della pianificazione di bacino

Ai sensi del "Piano di Bacino del Fiume Arno, stralcio Bilancio Idrico"39, Capo I "Acque sotterranee", artt. 9, 10, 11 e 12, il rilascio di autorizzazioni per attingimenti e derivazioni è subordinato alla verifica di compatibilità con il bilancio dell'acquifero stesso, a cura delle autorità competenti in relazione al mantenimento di sufficiente capacità di ricarica.

21. Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana (PIT), approvato con Deliberazione CR 24 luglio 2007, n. 72

22. Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Firenze, approvato con Delib CP n. 1 del 10.01.2013

23. Deliberazione Consiglio Regionale 20/05/1997, n. 155: "Direttive concernenti criteri progettuali per l'attuazione degli interventi di competenza regionale (opere pubbliche) in materia di difesa del suolo nel territorio della Toscana". BURT n 25 del 25/06/1997, parte Seconda , SEZIONE II.

24. Legge regionale 6 aprile 2000, n. 56 "Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche"

25. Vedi Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della pericolosità geomorfologica, Tav. 3.5

26. Approvato con DPCM del 06.05.2005, "Approvazione del piano di bacino del Fiume Arno, stralcio assetto idrogeologico", aggiornato al Decreto C.I. n. 26/2009 (decreto non ancora uscito)

27. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della pericolosità geomorfologica, Tav. 3.5

28. "Piano di Bacino del Fiume Arno, stralcio Assetto Idrogeologico (PAI)" approvato con D.P.C.M. del 06.05.2005 aggiornato al Decreto C.I. n. 26/2009

29. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della pericolosità Idraulica, Tav. 3.8

30. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta dei vincoli sovra comunali, Tav. 3.7

31. D.P.C.M. n. 226/1999, "Approvazione del Piano Stralcio relativo alla Riduzione del Rischio Idraulico del Bacino del Fiume Arno"

32. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta dei Vincoli Sovra comunali, Tav. 3.7

33. Approvato con Del. C. R. n. 72/2007

34. In applicazione dell'articolo 36, commi 3, 4 e 5 della Disciplina di piano" del PIT

35. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Carta della Pericolosità Idraulica, Tav. 3.8

36. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi, Tav. 3.6

37. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi, Tav. 3.6

38. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi, Tav. 3.6

39. Prorogato con Decreto del Segretario Generale Autorità di Bacino del Fiume Arno n. 72 del 27.12.2011

Art. 23 Aria

1. La qualità dell'aria è valutata in relazione all'inquinamento atmosferico, acustico, elettromagnetico, luminoso, generato principalmente dalle emissioni domestiche, dal sistema produttivo, dalle principali infrastrutture di trasporto, dagli elettrodotti, dagli impianti di teletrasmissione e dalle stazioni radio base della telefonia mobile.

2. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla qualità dell'aria sono:

  1. a. contenimento dell'inquinamento atmosferico entro i limiti della normativa regionale e nazionale, da perseguire anche attraverso il Piano comunale del traffico;
  2. b. contenimento dell'inquinamento acustico entro le soglie di attenzione definite dalla normativa regionale e nazionale vigente, da perseguire anche attraverso il Piano comunale di classificazione acustica e il Piano di risanamento acustico, che dovrà individuare gli interventi e le attività sottoposte alla preventiva valutazione di impatto acustico;
  3. c. contenimento dell'inquinamento elettromagnetico nei limiti previsti dalla normativa nazionale e dalla LR 49/201140, da perseguire anche attraverso il Piano comunale per le stazioni radio base della telefonia mobile;
  4. d. contenimento dell'inquinamento luminoso nei limiti previsti dalla LR 39/2005 40, da perseguire anche attraverso il Piano comunale per l'illuminazione pubblica;

3. Il contenimento dei carichi inquinanti, ad evitare che siano superati i limiti di legge, è perseguito attraverso la creazione di una apposita rete di centraline. Il monitoraggio prevede controlli effettuati in corrispondenza dei luoghi più sensibili nei momenti di maggiore carico.

4. I nuovi insediamenti, o la ristrutturazione urbanistica di insediamenti esistenti, riguardanti oltre 1.000 mq di SUL, nonché le nuove infrastrutture di collegamento sovra comunale, comprese le relative varianti, sono realizzabili previa verifica della compatibilità ambientale in relazione alle immissioni in atmosfera e alla produzione di rumore. In particolare, la realizzazione di nuove infrastrutture di collegamento sovra comunale è subordinata alla preventiva valutazione di impatto acustico, che, se necessario, dovrà prevedere la realizzazione di adeguate modellazioni del suolo e/o l'apposizione di idonee barriere vegetali ad alta densità di impianto, capaci di assicurare agli insediamenti limitrofi, compresi quelli di progetto, un comfort acustico coerente con la classificazione acustica del territorio comunale.

5. L'installazione di nuovi impianti di teletrasmissione o di stazioni radio base per la telefonia mobile, nonché il potenziamento e la riorganizzazione di quelli esistenti, è condizionata alla preventiva verifica di compatibilità dei campi elettromagnetici generati con i limiti di legge.

6. I nuovi insediamenti e i nuovi impianti nel territorio rurale, ancorché derivanti dal recupero e dal riutilizzo di volumetrie e/o di impianti esistenti, dovranno prevedere sistemi di illuminazione che facciano ricorso a corpi illuminanti bassi e schermati, capaci di dirigere a terra i fasci di luce in modo da evitare l'inquinamento luminoso dell'aria.

7. Il Regolamento urbanistico provvede a disciplinare le distanze dagli elettrodotti principali, in particolare nell'area produttiva di Molinuzzo, nei centri abitati di San Donato, Troghi e Cellai, in corrispondenza di Piazzettina, C.Trebbio, C.Vecchia e Torri.

8. Previo apposito piano di settore, finalizzato ad abbattere l'inquinamento elettromagnetico, sono definiti i criteri ubicativi degli impianti di teletrasmissione e delle stazioni radio base per la telefonia mobile. Tali criteri considerano prioritariamente, accanto alla salute umana, le compatibilità paesaggistiche, anche in relazione a quanto disposto dalla Parte Seconda, Titolo III, delle presenti norme.

40. Legge regionale 6 ottobre 2011, n. 49 "Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione"

41. Legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39 "Disposizioni in materia di energia", Capo VI "Disposizioni per la tutela dall'inquinamento luminoso" e smi

Art. 24 Acqua

1. La qualità delle acque è valutata, anche con riferimento alla normativa nazionale e regionale vigente42, in relazione al contenimento dei carichi inquinanti, alla tutela degli acquiferi, ai prelievi in falda, alla rinnovabilità e alla funzionalità ecologica della risorsa idrica, alla funzionalità ecologica del reticolo idrografico.

2. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla qualità delle acque sono:

  1. a. carichi inquinanti: progressiva eliminazione dei carichi inquinanti derivanti dal sistema insediativo e dalle attività produttive;
  2. b. acquiferi: tutela degli acquiferi da qualsiasi forma di inquinamento;
  3. c. prelievi: disciplina dei prelievi per usi privati, atta a garantire la rinnovabilità della risorsa;
  4. d. reticolo idrografico: salvaguardia attiva del reticolo idrografico.

3. Le attività presenti o previste nel territorio comunale, nonché gli interventi di trasformazione territoriale, non devono generare infiltrazioni di sostanze inquinanti nelle falde acquifere.

4. La realizzazione di nuovi interventi edilizi, così come la realizzazione di nuovi complessi produttivi anche legati all'agricoltura o alla forestazione, è subordinata alla esistenza o alla previsione di idonei impianti di smaltimento delle acque reflue e alla dimostrazione di non produrre inquinamento nel suolo e nel sottosuolo.

5. Le trasformazioni territoriali sono attuate in modo da consentire, direttamente o attraverso sistemi di raccolta e di rilascio, l'infiltrazione nel terreno delle acque di pioggia.

6. I prelievi delle acque di falda tramite pozzi ad uso privato sono subordinati alla compatibilità con il naturale rinnovamento della risorsa idrica.

7. Le sorgenti individuate dalle Tavole 3.6 del Quadro conoscitivo di riferimento43, sono utilizzabili esclusivamente per usi potabili.

8. Ai fini della tutela delle risorse idriche potabili, gli attuali punti di approvvigionamento degli acquedotti pubblici sono protetti con sistemi di monitoraggio, in grado di verificare i parametri qualitativi delle acque e di consentire con sufficiente tempo di sicurezza la segnalazione di eventuali situazioni di degrado qualitativo.

9. Intorno alle opere di presa per acque ad uso potabile, sono individuate aree di salvaguardia per la protezione e la conservazione delle risorse idriche di interesse strategico. Il R.U. dovrà individuare e disciplinare specificatamente tali zone, disponendo in particolare che:

  1. a. nella "zona di tutela assoluta", corrispondente all'area circostante la captazione con raggio di 10,00 ml., dovrà essere vietata qualsiasi attività antropica di superficie; tale zona dovrà essere recintata ed adibita esclusivamente a opera di presa e a infrastrutture di servizio.
  2. b. nella "zona di rispetto", corrispondente all'area circostante la captazione con raggio di 200,00 m.l., il R.U. dovrà assicurare l'applicazione delle disposizioni del D.P.R. n° 236/88, preservando le aree dal degrado attraverso una disciplina delle destinazioni d'uso che non comporti danno per le risorse idriche.

10. Le politiche relative alle acque per i consumi umani perseguono prioritariamente il duplice obiettivo di contenere i consumi idrici in funzione dell'uso potabile e di razionalizzare la rete di distribuzione. In particolare si dovrà:

  • risanare la rete acquedottistica esistente in modo da contenere le perdite di trasporto entro il limite del 20%;
  • razionalizzare il consumo di acqua potabile, facendo ricorso a fonti di approvvigionamento differenziate in funzione dell'uso finale delle acque;
  • riservare prioritariamente le acque di migliore qualità al consumo umano.

11. La richiesta di trasformazioni fisiche o funzionali, che comportino utenze con consumi idrici superiori a 10.000 lt./giorno, sono considerate ammissibili solo se corredate da modalità di razionalizzazione dei consumi finalizzate al risparmio di acqua potabile (realizzazione di reti idriche duali, reimpiego delle acque reflue, raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche, apparecchiature per il risparmio idrico).

12. Tutti i corsi d'acqua che compongono il reticolo idrografico costituiscono una rete drenante naturale cui affluiscono le acque superficiali. Essi costituiscono, altresì, elementi generatori della conformazione paesaggistica profonda del territorio. Sono pertanto tutelati ai fini paesaggistici, oltre che idraulici44.

13. Sono vietati gli interventi che comportino la deviazione dei corsi d'acqua dal loro letto naturale o che ne prevedano la copertura e/o l'interramento. L'attraversamento da parte di infrastrutture di trasporto è consentito per i tratti minimi indispensabili; in tali casi, a seguito di studi idraulici e morfologici estesi all'intero bacino o sottobacino interessato, dovrà comunque essere assicurata una sezione idraulica adeguata ad assorbire i flussi di piena.

14. La fasce di vegetazione ripariale non potranno essere rimosse, se non per l'ordinaria manutenzione delle sponde, e dovranno essere potenziate quali corridoi ecologici trasversali, capaci di collegare gli ecosistemi boscati della collina con quelli delle valli.
Lungo i corsi d'acqua è consentita l'eliminazione della vegetazione aliena (robinia, ailanto, ecc.) e la sua sostituzione con specie igrofile autoctone.

15. Il miglioramento della qualità biologica delle acque superficiali viene perseguito attraverso:

  1. a. una maggiore efficienza della rete fognaria, con il completamento della rete e il progressivo aumento della sua impermeabilità;
  2. b. l'allacciamento di tutte le zone urbanizzate ai sistemi di depurazione;
  3. c. subordinando la realizzazione dei nuovi insediamenti all'esistenza e alla capacità degli impianti di depurazione;
  4. d. la previsione di un sistema di fognature separate nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti di quelle esistenti, a meno di comprovate ragioni tecniche, economiche e ambientali contrarie.

42. D.Lgs 152/2006, LR 20/2006, DPGR 46R/2008

43. Quadro conoscitivo di riferimento, Analisi - Tavola 3.6, "Vulnerabilità degli acquiferi con indicazione dei pozzi"

44. Vedi articolo 22, "Integrità fisica del territorio"

Art. 25 Suolo

1. La qualità del suolo è valutata in relazione ai caratteri geomorfologici, alla permeabilità, al contenimento del suo consumo.

2. Per caratteri geomorfologici si intendono le forme della struttura fisica del territorio comunale, determinata principalmente dalla dorsale occidentale, dal sistema dei crinali che scende verso i fondovalle, dalle aree di fondovalle. Comprendono le componenti secondarie della struttura fisica (quali dossi, groppe collinari, contrafforti, selle, ecc.), nonché le pendenze e le esposizioni dei versanti. Concorrono alla determinazione della configurazione paesaggistica profonda del territorio.

3. Per permeabilità del suolo si intende la capacità del terreno di assorbire le acque di pioggia.

4. Per consumo di suolo si intende l'occupazione quantitativa di terreni agricoli o naturali prodotta dagli insediamenti, destinati a qualsivoglia uso, dal cambio di destinazione d'uso di costruzioni agricole e dalle infrastrutture.

5. Gli obiettivi prestazionali del PS in merito alla qualità del suolo sono:

  1. a. caratteri geomorfologici: rispetto della struttura geomorfologica del territorio comunale, con particolare riferimento ai Sistemi territoriali 2 e 4, nei quali è vietata l'apertura di cave a cielo aperto. È comunque consentita l'apertura di gallerie infrastrutturali;
  2. b. permeabilità: garanzia di dotazioni minime di suolo permeabile, che nei tessuti insediativi dovrà essere pari ad almeno il 25% della superficie fondiaria dei lotti edificati;
  3. c. consumo di suolo: contenere il consumo di suolo e legarlo comunque al perseguimento di obiettivi di rilevanza sociale.

6. La struttura geomorfologica del territorio non è trasformabile, se non per la realizzazione di opere di rilevante interesse pubblico. Sono comunque consentiti, con le limitazioni di cui al punto 5.a del presente articolo relativamente alle cave a cielo aperto, interventi di modellamento dei versanti per scopi produttivi, insediativi o infrastrutturali, se e in quanto compatibili con la tutela dell'integrità fisica del territorio.

7. Le nuove trasformazioni territoriali dovranno garantire la massima permeabilità delle superfici interessate, contenere i fenomeni di ruscellamento superficiale che provocano erosione di suolo ed evitare modifiche capaci di alterare l'equilibrio statico dei versanti.

8. Le aree permeabili, siano esse a scopi naturali, produttivi o ornamentali, saranno preferenzialmente dotate di un equipaggiamento vegetale atto a favorire il trattenimento delle acque di pioggia e a evitare l'erosione del suolo. Gli spazi aperti che svolgono importanti funzioni ecologiche ai fini della biodiversità (prati, prati pascolo, ecc.) dovranno essere preservati dalle coperture boschive.

9. Negli spazi aperti pubblici o privati (compresi i parcheggi e i piazzali) si dovranno prevedere modalità costruttive atte a consentire l'infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque meteoriche, evitando il loro convogliamento immediato nel sistema fognario o nei corsi d'acqua. In presenza di acquiferi vulnerabili per permeabilità dei terreni, si potrà fare ricorso a tecniche capaci di garantire la raccolta temporanea delle acque in appositi bacini impermeabilizzati e la loro successiva cessione alla rete fognaria o ai corsi d'acqua superficiali.

10. I piani attuativi e i Programmi aziendali provvedono a:

  1. a. sottoporre, se del caso, a rimboschimento con specie autoctone le aree incolte instabili con pendenze accentuate;
  2. b. ripristinare o realizzare sistemazioni idraulico-agrarie nei terreni in declivio, onde ridurre l'erosione dei versanti e fissare le particelle erose in altri suoli dello stesso versante;

11. Con l'eccezione del centro abitato di Rignano, nuovi impegni di suolo ai fini insediativi sono consentiti ai fini della riorganizzazione qualitative e funzionale degli assetti insediativi esistenti, per il perseguimento di obiettivi di sviluppo economico, produttivo e sociale che producano benessere per la popolazione locale e promozione del territorio comunale e a seguito dell'accertata impossibilità di recuperare e riutilizzare per gli stessi fini gli insediamenti e le infrastrutture esistenti.

12. I nuovi impegni di suolo, prodotti dai nuovi insediamenti, sono comunque possibili solo allorché sia stato verificato il soddisfacimento delle seguenti condizioni:

  1. a. approvvigionamento idrico;
  2. b. depurazione delle acque reflue;
  3. c. tutela dell'integrità fisica del territorio;
  4. d. raccolta differenziata dei rifiuti solidi;
  5. e. disponibilità di energia, con ricorso alle energie rinnovabili nella misura definita dal RU;
  6. f. accessibilità veicolare, ciclabile e pedonale e sistema della sosta.

Art. 26 Risorse naturali

1. Ai sensi della presente disciplina le risorse naturali sono organizzate nei seguenti "sistemi": sistema dei boschi, sistema dei corsi d'acqua e degli invasi artificiali, sistema agricolo e dei prati, sistema degli arbusteti.
I punti 6 e 7 del presente articolo dettano specifiche disposizioni per gli ambiti di particolare valore naturalistico e per le reti ecologiche, che garantiscono funzionalità ai suddetti sistemi naturali.

2. Sistema dei boschi

2.1. Il sistema dei boschi comunali, individuati nella Tavola 1.3.1 dello Statuto del territorio ai sensi della LR 39/200045, così come specificata dal DPGR 48R/200346, è costituito da boschi a dominanza di latifoglie, da rimboschimenti di conifere, da boschi misti di latifoglie e conifere, da robinieti e dagli arbusteti densi che rientrano nella definizione di bosco di cui all'art.3 della Legge forestale regionale.

2.2. I boschi devono essere conservati quali componenti essenziali del patrimonio ambientale, della funzionalità ecologica e della qualità paesaggistica del territorio comunale: ogni intervento che li riguardi deve avvenire nel rispetto del DPGR 48R/200347.

2.3. La trasformazione dei boschi di latifoglie, intesa come eliminazione della superficie forestale per utilizzare il terreno ad altri fini, è attuabile soltanto per motivi eccezionali ed è condizionata al rimboschimento compensativo di terreni nudi con una superficie almeno uguale a quella forestale trasformata secondo le specifiche modalità definite dal RU.

2.4. È consentita la rimozione di alberi e arbusti di colonizzazione secondaria, non rispondenti alla definizione di bosco, per il recupero agricolo di terreni interessati da abbandono colturale, previa realizzazione, se non già esistenti, di adeguate sistemazioni dei terreni atte ad assicurare il drenaggio superficiale e la conservazione del suolo.

2.5. La recinzione dei boschi, o di parte di essi, può essere autorizzata a fronte di documentate esigenze legate ad attività zootecniche o venatorie su ampie superfici, previa realizzazione di idonei percorsi di attraversamento o di circonvallazione delle parti recintate.

2.6. Negli interventi di riforestazione si utilizzano specie vegetali autoctone, così come da elenco allegato (Allegato 1), evitando, in particolare, l'utilizzo di robinia (Robinia pseudacacia), di ailanto (Ailanthus altissima) e di prugnolo tardivo (Prunus serotina).

2.7. È promosso il riformarsi della vegetazione spontanea, segnatamente di quella ripariale, sulle sponde degli alvei fluviali o nelle aree golenali. L'abbattimento e/o l'espianto dei boschi ripariali e in genere della vegetazione ripariale o igrofila non rispondente alla definizione di bosco, ovunque presente nel territorio rurale e, segnatamente, nelle aree contigue ai corsi d'acqua, è soggetta ad apposita autorizzazione, salvo che per comprovate ragioni fitosanitarie48.

2.8. Nei rimboschimenti dei Sistemi territoriali 1, 2, 3 e 4 è promossa la graduale sostituzione delle conifere con latifoglie autoctone.

2.9. Sono ammessi interventi di riqualificazione e riordino della vegetazione di corredo al reticolo idrografico minore e alla maglia agricola, mediante gestione della vegetazione esistente e nuove piantagioni con vegetazione arborea e arbustiva autoctona, così come da elenco allegato (Allegato 1).

2.10. In tutto il territorio comunale, e in particolare nei boschi cedui a dominanza di cerro e di castagno, è promosso l'avviamento all'alto fusto.

2.11. Nei boschi si attuano gli interventi previsti dal DPGR 48R/200349 per favorire l'esercizio delle attività selvicolturali e la fruizione dei boschi ai fini escursionistici e del tempo libero.

2.12. Ai sensi della LR 39/2000 e del DPGR 48R/200350, l'Amministrazione Comunale promuove, presso la Provincia di Firenze, l'individuazione dei boschi in situazione speciale, con particolare riferimento ai boschi ripariali del fiume Arno, dei fossi di Troghi/Formiche/Salceto, nonché ai boschi esistenti nel sistema territoriale 5, come individuato dall'articolo 13 delle presenti norme.

3. Sistema dei corsi d'acqua e degli invasi artificiali.

3.1. Ai fini delle disposizioni di cui ai successivi punti del presente comma si intendono per:

  1. a. corsi d'acqua: tutti i fiumi, i torrenti e i borri, di ogni ordine e grado, limitatamente all'ambiente acquatico o igrofilo dell'alveo di piena. Il territorio comunale è interessato da numerosi corsi d'acqua a regime torrentizio, affluenti in sinistra idrografica del Fiume Arno, che costituisce l'asta drenante di ordine gerarchico superiore;
  2. b. invasi artificiali: raccolte d'acqua di varia dimensione ottenute su suolo naturale per sbarramento artificiale di corsi d'acqua o per scavo o per innalzamento di argini. Nel territorio comunale sono presenti nove bacini artificiali, il maggiore dei quali, per estensione, è l'invaso di Marciana.

3.2. Negli alvei fluviali e nelle aree golenali sono vietate le escavazioni e le estrazioni di materiali litoidi. L'autorità preposta può disporre che inerti eventualmente rimossi vengano resi disponibili per i diversi usi produttivi, ove non ne sia previsto l'utilizzo per opere idrauliche e sia esclusa ogni utilità di movimentazione in alveo lungo l'intera asta fluviale, e ciò unicamente in attuazione di piani, programmi e progetti finalizzati al mantenimento delle condizioni di sicurezza idraulica, nonché conformi al criterio della massima rinaturalizzazione del sistema delle acque superficiali, anche attraverso la regolazione plano-altimetrica degli alvei, la escavazione di invasi golenali, la rimozione di accumuli di inerti in zone sovralluvionate.

3.3. Negli alvei fluviali è vietato lo scarico di rifiuti e di inerti. È altresì vietata l'immissione di fauna, in particolar modo di pesci, di anfibi e di rettili, fatti salvi interventi di rinaturalizzazione effettuati in accordo con la Provincia di Firenze, anche a seguito di specifico parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

3.4. L'Amministrazione Comunale provvede a istituire il catasto degli scarichi di reflui fuori fognatura.

3.5. La presenza diffusa di pozze, di raccolte stagionali d'acqua e di piccoli invasi ad uso irriguo, che favorisce il collegamento ecologico di aree separate e distanti, svolgendo funzione di habitat riproduttivo e di sviluppo per alcune specie di anfibi e di invertebrati, nonché luogo di abbeverata per mammiferi, è sostenuta nel territorio rurale anche attraverso specifiche disposizioni dettate dal RU in relazione ai Piani attuativi e ai Programmi aziendali.

4. Sistema agricolo e dei prati

4.1. Per sistema agricolo e dei prati si intende un ecosistema costituito da colture agrarie erbacee e arboree (seminativi, oliveti, vigneti, frutteti, orti, serre, ecc.), comprese le formazioni lineari arbustive e arboree di delimitazione dei campi e dei nuclei rurali isolati, nonché da ambienti più naturali quali gli incolti e i prati da sfalcio. Il suddetto sistema svolge un importante ruolo ecologico principalmente per la funzione di "cuscinetto" rispetto alle pressioni antropiche delle aree di fondovalle, oltre che per la diversità delle specie animali ad esso legate e per gli scambi ecologici con i sistemi limitrofi; il valore naturalistico è accresciuto dalla presenza di siepi e di altri elementi vegetali lineari.

4.2. Nel sistema agricolo e dei prati dei Sistemi territoriali 2 e 4 sono da conservare le sistemazioni agrarie tradizionali, quali terrazzamenti e ciglionamenti, le colture arboree connotanti il paesaggio, quali gli oliveti e i vigneti con schemi di impianto tradizionale.

4.3. Il RU individua le modalità per favorire la conservazione e l'incremento delle superfici prative e seminaturali, onde garantire una maggiore biodiversità e una conseguente maggiore efficienza ecologica del sistema.

4.4. Il RU individua altresì modalità per favorire il mantenimento e il potenziamento delle formazioni lineari arbustive e arboree lungo i confini proprietari, lungo i percorsi e a separazione dei campi a diversa coltura, anche attraverso l'impianto di alberi e arbusti autoctoni, come da elenco allegato (Allegato 1).

4.5. Nel sistema agricolo il RU promuove la creazione di fasce non coltivate al margine dei campi e lungo le rive dei corsi d'acqua, onde favorire la naturalità e la continuità ecologica dell'agrosistema e proteggere le acque, superficiali e sotterranee dall'inquinamento derivante dalle attività agricole51.

4.6. Gli interventi di nuova edificazione o di ristrutturazione dei complessi rurali sono realizzati con accorgimenti tecnici che favoriscano la salvaguardia o l'incremento delle popolazioni di chirotteri (pipistrelli), di rapaci diurni e di rapaci notturni e di irundinidi (rondini, balestrucci), in osservanza delle normative comunitarie, nazionali e regionali in materia.

4.7. Ai sensi del DPGR 48R/200352, l'Amministrazione Comunale promuove, presso la Provincia di Firenze, l'individuazione di alberi di alto fusto isolati di cui vietare il taglio, con particolare riferimento alle piante isolate presenti nei Sistemi territoriali 2, 4 e 5.

5. Sistema degli arbusteti

5.1. Per arbusteti si intendono le superfici individuate dalla Tavola n. 1.3.1 dello Statuto del territorio e che non rientrano nella categoria di bosco di cui all'art.3 della Legge forestale regionale citata. Il sistema degli arbusteti è un ecosistema che comprende gli stadi iniziali della successione ecologica che dalle formazioni erbacee porta alle formazioni boscate di latifoglie d'alto fusto, miste e disetanee. È costituito da due differenti tipologie di formazioni arbustive di ricolonizzazione di ex coltivi: gli arbusteti a dominanza di ginestra odorosa, prugnolo, rovi sp. pl., ecc., e dagli arbusteti a ginestrone ed eriche del crinale di Poggio Firenze-Poggio Casalmonte.

5.2. Nei sistemi territoriali 3 e 4 è favorito il mantenimento delle superfici arbustive, per il valore paesaggistico e identitario che tali formazioni rivestono. Il RU individua le modalità atte allo scopo, al fine di permettere una maggiore biodiversità e una conseguente maggior efficienza ecologica del sistema; individua altresì le condizioni che regolano, al di fuori degli ambiti di particolare valore naturalistico di cui al successivo comma, la trasformazione delle superfici arbustive in coerenza con quanto previsto dalla LR 39/2000 e dal DPGR 48R/200353.

6. Ambiti di particolare valore naturalistico

6.1. Castiglionchio - Miransù.

Costituisce un ambito territoriale di particolare valore naturalistico e paesaggistico. Al suo interno è da incentivare una gestione agro-forestale adeguata alle necessità di conservazione delle emergenze naturalistiche presenti, con particolare riferimento alla continuità dei complessi forestali e ai collegamenti ecologici con i prati arbustati e con i boschi ricadenti nel territorio comunale di Bagno a Ripoli, e finalizzata alla loro valorizzazione per una fruizione sostenibile.

6.2. Poggio Firenze - Casalmonte.

Al suo interno è da incentivare una gestione forestale adeguata alle necessità di conservazione delle emergenze naturalistiche presenti, con particolare riferimento agli arbusteti a erica e ginestrone, ai castagneti, alle cerrete acidofile e alle formazioni ripariali a ontano nero (alneti), e finalizzata alla loro valorizzazione per una fruizione sostenibile.

6.3. Fiume Arno.

Al suo interno è da incentivare una gestione ittica e ambientale più adeguata alle necessità di conservazione delle emergenze naturalistiche presenti e finalizzata alla valorizzazione di tali emergenze per una fruizione sostenibile, in coerenza con quanto dettato dalla LR n°07/200554

7. Reti ecologiche

7.1. Per rete ecologica si intende un insieme di unità ecosistemiche di alto valore naturalistico, interconnesse da un sistema di collegamenti ecologici; essa comprende anche ecosistemi isolati, funzionali alla dispersione delle specie, e aree cuscinetto, con funzione di mitigazione dell'effetto della matrice.
Nel territorio comunale il sistema comprende le unità funzionali della rete dei boschi, delle aree aperte, dei corsi d'acqua, degli arbusteti, così come individuate dalle tavole 1.2.1 e 1.3.1 dello Statuto del territorio.

7.2. In tutto il territorio la riduzione dell'estensione delle unità funzionali delle reti ecologiche è condizionata alla destinazione compensativa di superfici boscate, arbustive, prative, incolte o semi-naturali di superficie e funzione ecologica uguale a quella trasformata.

7.3. In accordo con il progetto provinciale di Reti Ecologiche e sulla base delle indicazioni normative regionali, il RU, nel disciplinare le trasformazioni relative ai sistemi di trasporto, alle nuove edificazioni e in particolare nel dettare le direttive per i Programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale, o strumenti equipollenti comunque denominati, individua ulteriori misure (priorità, modalità di intervento, ecc.) atte alla salvaguardia, alla riqualificazione e alla creazione di elementi delle reti ecologiche dei boschi, delle aree aperte, dei corsi d'acqua e degli arbusteti.

45 Legge regionale 21 marzo 2000, n. 39 "Legge forestale della toscana", articolo 3 "Definizioni": "... costituisce bosco qualsiasi area, di estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e di larghezza maggiore di 20 metri, misurata al piede delle piante di confine, coperta da vegetazione arborea forestale spontanea o d'origine artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, che abbia una densità non inferiore a cinquecento piante per ettaro oppure tale da determinare, con la proiezione delle chiome sul piano orizzontale, una copertura del suolo pari ad almeno il 20 per cento. Costituiscono altresì bosco i castagneti da frutto e le sugherete ... Sono assimilati a bosco le formazioni costituite da vegetazione forestale arbustiva esercitanti una copertura del suolo pari ad almeno il quaranta per cento, fermo restando il rispetto degli altri requisiti ...."

46 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana", articolo 2 "Aree boscate"

47 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, già citato

48 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana" (articolo 56)

49 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana"

50 Legge regionale 21 marzo 2000, n. 39 "Legge forestale della toscana" (articolo 52) e Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana" (articolo 51)

51 Decreto Ministeriale 22 dicembre 2011, standard 5.2

52 Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R "Regolamento forestale della Toscana" (articolo 56)

53 Legge regionale 21 marzo 2000, n.39, e Decreto Presidente Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 48R, già citati

54 Legge Regionale 03 gennaio 2005, n°07, "Gestione delle risorse ittiche e regolamentazione della pesca nelle acque interne". In particolare art.2, comma 5, "I comuni adottano provvedimenti al fine di consentire a tutti i cittadini l'accesso ai corpi idrici idonei alla pesca e la fruizione delle sponde, anche tenendo conto delle servitù esistenti"