Norme Tecniche di attuazione del Regolamento Urbanistico

Art. 62- Disposizioni generali

1. Tutti gli interventi ammessi dal Regolamento Urbanistico, sia di tipo diretto sia assoggettati a Piano Attuativo, sono soggetti al rispetto delle prescrizioni del presente Titolo, che assumono e sviluppano le disposizioni del Piano Strutturale.

2. Per quanto non espressamente indicato negli articoli successivi ed in particolare per quanto riguarda le norme riferite al suolo e sottosuolo e flora e fauna si rimanda specificamente a quanto contenuto nella L.R. 39/2000 e s.m.i.

Art. 63- Valutazione Ambientale Strategica

1. Gli interventi di cui agli allegati II, III, IV del D.Lgs. n. 152\2006 e s.m.i., quando non vietati dal presente Regolamento Urbanistico, sono sempre subordinati alla redazione di specifico Piano Attuativo, comprensivo del Rapporto Ambientale disciplinato dall'art. 24 della L.R. 10/2010 e s.m.i., ovvero, nel caso in cui ne ricorrano le condizioni, alla verifica di assoggettabilità prevista dall'art. 22 della stessa legge regionale.

2. Tale Piano Attuativo costituisce comunque variante al presente Regolamento e per la sua approvazione si dovranno seguire le relative procedure di legge.

3. I Piani Attuativi redatti per la realizzazione degli interventi previsti dalle Aree di Trasformazione così come disciplinati al Titolo XI delle presenti Norme e dunque se non comportanti variante al Regolamento Urbanistico sono esclusi dalle procedure di Valutazione Ambientale Strategica e di verifica di assoggettabilità in quanto strumenti attuativi di un piano urbanistico già sottoposto a Valutazione e conforme ai contenuti specifici di legge sulle nuove previsioni.

Art. 64- Disciplina dei beni paesaggistici soggetti a tutela ai sensi dell'art. 136 del D.Lgs. 42/2004

1. Per la parte del territorio inclusa tra i beni paesaggistici soggetti a tutela ai sensi dell'art. 136 del D.Lgs. 42/2004 (codice 9051258, D.M. 09/02/1976 - G.U. 59 del 1976: Zona del Pratomagno), aree di notevole interesse pubblico per il riconoscimento di rilevanti valori ambientali, storico-architettonici ed urbanistici e panoramici, legati sia agli elementi naturali sia a quelli antropici del territorio aperto, degli insediamenti e della viabilità, sono stabiliti i seguenti obiettivi:

  • salvaguardia delle visuali panoramiche verso il Valdarno ed oltre e tutela dell'area in quanto quadro di sfondo visibile a sua volta da molti luoghi e dall'Autostrada del Sole;
  • mantenimento delle aperture panoramiche garantite dalla posizione dominante, sia nella fascia collinare, lungo i tracciati viari ed i corrispondenza degli insediamenti, sia nelle aree di crinale e nei prati pascoli della montagna, impedendo l'alterazione dei rapporti tra elementi costitutivi naturali ed antropici e della percezione visiva offerta e goduta in tali luoghi, anche in riferimento all'eventuale impatto dovuto alle installazioni impiantistiche.

2. Nelle aree soggette a tutela paesaggistica sopra richiamate pertanto:

  • è vietata qualsiasi trasformazione edilizia che alteri il profilo dei crinali;
  • non è consentita la localizzazione di impianti eolici e di infrastrutture ad essi correlate con altezza al rotore superiore a 25 ml., fermo restando l'obbligo di effettuare specifica valutazione di inserimento paesaggistico per impianti di altezza inferiore;
  • l'installazione di impianti solari termici e fotovoltaici è consentita esclusivamente se totalmente integrata nella copertura degli edifici, su edifici minori o comunque sulle unità volumetriche di altezza inferiore e poco visibili, adottando ogni possibile soluzione tecnica per armonizzarne l'impatto visivo unitamente al conseguimento della maggiore efficienza energetica e garantendone un corretto inserimento paesaggistico;
  • l'installazione di impianti per la telefonia mobile è ammessa previa verifica dell'inserimento paesaggistico-ambientale e della mitigazione degli impatti e della specificità del sito;
  • eventuali nuovi impianti di connessione alla rete elettrica dovranno essere realizzati tramite collegamenti interrati;
  • l'installazione degli impianti pubblicitari è limitata alla segnaletica di carattere escursionistico e turistico e comunque subordinata al parere favorevole della Soprintendenza sulla compatibilità della collocazione e della tipologia dell'impianto.

Capo I- Flora e fauna

Art. 65- Filari (formazioni arboree lineari)

1. A garanzia di un corretto inserimento paesistico si farà riferimento per i filari campestri e di margine fra centri abitati e campagna alle formazioni vegetali della tradizione rurale, privilegiando il ricorso a specie tipiche di percorsi e delimitazioni poderali, mentre per i filari urbani sarà privilegiato il ricorso a specie idonee alla realizzazione di viali.

2. Sono specie appartenenti alla tradizione rurale: acero campestre (Acer campestre), carpino nero (Ostrya carpinifolia), cerro (Quercus cerris), ciavardello (Sorbus torminalis), cipresso (Cupressus sempervirens), gelso (Morus nigra), leccio (Quercus ilex), noce (Juglans regia), olmo (Ulmus minor), orniello (Fraxinus ornus), roverella (Quercus pubescens), salice (Salix viminalis, Salix caprea), carpino bianco (Carpinus betulus), tiglio (Tilia cordata), acero minore (Acer monspessulanum), sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia), albero di Giuda (Cercis siliquastrum).

3. Nella ristrutturazione di filari urbani esistenti e nei casi di nuovo impianto dovranno essere particolarmente curati la forma e la dimensione delle aree permeabili di impianto, privilegiando la messa a dimora su aiuola continua non pavimentata; in presenza di elementi che non consentano la realizzazione dell'aiuola continua, si dovrà prevedere al piede delle piante una superficie non pavimentata coperta con un grigliato.

4. È da escludere l'impianto di specie quali le conifere esotiche decontestualizzate.

Art. 66- Siepi e arbusti

1. Si definiscono siepi le formazioni vegetali formate prevalentemente da specie arbustive autoctone, insieme a specie arboree autoctone.

2. Sono specie autoctone: ligustro (Ligustrum vulgare), alloro (Laurus nobilis), viburno (Viburnum lantana), ginestra (Spartium junceum, Cytisus scoparius), prugnolo (Prunus spinosa), biancospino (Crataegus monogyna), olmo (Ulmus minor), cisto (Cistus salvifolius), erica (Erica scoparia), fusaggine (Euonymus europaeus).

3. È vietata la posa a dimora di specie diverse da quelle che caratterizzano il tipo originario; in caso di sostituzione di elementi esistenti sono da privilegiare siepi plurispecifiche e ad elevato grado di copertura.

4. È da escludere l'impianto di specie quali Prunus laurocerasus, Cupressus leylandi, Pyttosporum spp. e conifere esotiche decontestualizzate.

Art. 67- Vegetazione ripariale

1. Sulle aree con vegetazione ripariale sono vietati i seguenti interventi:

  • dissodamenti che comportino la riduzione della copertura boschiva;
  • introduzione di specie estranee al contesto e/o infestanti;
  • alterazione geomorfologica del terreno ed escavazione di materiali lungo gli argini occupati da vegetazione ripariale.

Art. 68- Aree boscate

1. Nelle aree boscate, così come definite dalle vigenti norme regionali in materia forestale, sono vietati i seguenti interventi:

  • realizzazione di nuove strade carrabili, eccetto quelle di servizio alla silvicoltura, ai piani operativi anti incendi boschivi ed alla tutela ambientale;
  • realizzazione di nuove costruzioni stabili di qualsiasi genere, ad eccezione di strutture e manufatti per servizi di prevenzione incendi;
  • realizzazione di parcheggi, salvo limitate aree perimetrali per attrezzature pubbliche o di interesse pubblico e/o per attività legate al tempo libero;
  • realizzazione di nuove recinzioni ad eccezione di quelle necessarie allo svolgimento delle attività di allevamento, a proteggere le produzioni vegetali ed i resedi delle abitazioni dai danni arrecati dalla fauna selvatica, con le modalità definite ai successivi artt. 137 e 140.

2. Le aree boscate costituiscono ambiti soggetti a vincolo idrogeologico ai sensi delle vigenti norme regionali in materia forestale. Le attività selvicolturali e gli interventi da realizzarsi in aree sottoposte a vincolo idrogeologico sono soggetti alle disposizioni della L.R. 39/2000 e del Regolamento Forestale della Toscana n. 48/R del 08/08/2003 ed alle relative procedure autorizzative. Tali norme si applicano a tutti i boschi, come definiti dalla norma, anche esterni al perimetro del vincolo idrogeologico.

Art. 69- Disciplina del Sito di Importanza Regionale Pascoli montani e cespuglieti del Pratomagno

1. Per le aree appartenenti al SIR Pascoli montani e cespuglieti del Pratomagno, pSIC e ZPS, Sito di Importanza Regionale compreso nella rete Natura 2000, si confermano gli obiettivi e le norme di tutela e conservazione previsti dalle Direttive 92/43/CEE (Habitat) e 79/409/CEE (Uccelli), dalla D.G.R. n. 644/2004 (norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale) e dalla D.G.R. n. 454/2008 (criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione).

Sono inoltre integralmente assunti i contenuti del Piano di Gestione approvato con D.C.P. n. 128 del 23/11/2006.

2. Per limitare l'impatto causato da infrastrutture e attività ricreative, dovranno essere previsti, con il supporto di ulteriori atti di governo del territorio:

  • la regolamentazione della circolazione su strade ad uso forestale e della loro gestione;
  • la regolamentazione delle attività sportive e di tempo libero quali in particolare quelle svolte mediante deltaplano o parapendio;
  • la localizzazione di eventuali aree di sosta lungo le strade ed i sentieri di accesso al sito e la razionalizzazione del carico turistico;
  • il mantenimento (anche in caso di interventi edilizi o forestali) delle strutture esistenti, naturali e artificiali, utilizzate o potenzialmente sfruttabili da specie animali per il ricovero, la riproduzione o lo svernamento (alberi cavitati, ruderi, solai, ecc.).

3. Qualsiasi piano, progetto o intervento che possa avere incidenze significative sul Sito deve essere sottoposto alla procedura di valutazione di incidenza; tale procedura si applica sia agli interventi che ricadono all'interno del Sito, sia a quelli che, pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione degli habitat protetti.

4. Specifiche indicazioni di salvaguardia e miglioramento di specie ed habitat di interesse comunitario e regionale del SIR dovranno integrare i contenuti dei Programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale.

5. È vietata la realizzazione di nuovi impianti eolici per autoproduzione con potenza complessiva superiore a 20 kw.

Capo II- Aria

Art. 70- Limitazione e compensazione delle emissioni inquinanti in atmosfera

1. I Piani Attuativi devono essere sottoposti alla preventiva valutazione del grado di esposizione all'inquinamento atmosferico degli insediamenti, riguardo alle emissioni di inquinanti in atmosfera, sia dirette che dovute al traffico indotto, prescrivendo eventualmente opportune misure di mitigazione e garantendo l'adozione delle migliori tecnologie disponibili.

In particolare i Piani Attuativi ove siano previste modifiche o integrazioni al sistema della viabilità devono essere sottoposti, attraverso l'analisi dei possibili flussi, alla valutazione riguardo alle emissioni di inquinanti in atmosfera, prevedendo, eventualmente, misure di mitigazione.

2. Le trasformazioni che comportino un incremento significativo dei consumi energetici dovranno essere subordinate alla verifica dell'adozione di idonee misure di razionalizzazione e contenimento dei consumi.

3. Quali misure di compensazione il Regolamento Urbanistico prevede il mantenimento e l'incremento delle aree verdi come biomassa vegetale capace di assorbire una quota delle sostanze inquinanti emesse sulla superficie urbana con il conseguente abbassamento delle diverse concentrazioni di emissioni inquinanti.

Art. 71- Limitazione e compensazione dei fenomeni di innalzamento della temperatura e aridità dell'aria

1. Il Regolamento Urbanistico, con particolare riferimento alle aree oggetto di interventi di trasformazione, individua misure di controllo dell'impermeabilizzazione delle superfici urbane e, laddove possibile, di ripristino di superfici permeabili, al fine di contribuire al riequilibrio degli scambi fisico-biologici tra terreno, acqua ed atmosfera e, conseguentemente, a ridurre la temperatura e l'aridità dell'aria.

Art. 72- Limitazione e compensazione dell'inquinamento acustico

1. Gli interventi di nuova edificazione e sostituzione edilizia ed i Piani Attuativi devono essere sottoposti alla preventiva Valutazione di Clima o Impatto Acustico, redatta in coerenza con il vigente Piano comunale di classificazione acustica, prevedendo le eventuali misure di mitigazione relative alle emissioni acustiche dirette e/o indirette.

2. Quali misure di compensazione il Regolamento Urbanistico prevede la predisposizione di idonee barriere vegetali. Solo negli eventuali casi ove non sia possibile realizzare barriere vegetali si potrà ricorrere a barriere fono-assorbenti in materiale artificiale o a barriere miste integrando materiali artificiali e vegetali.

Art. 73- Limitazione e compensazione dei fenomeni di inquinamento elettromagnetico

1. Gli interventi da realizzare in prossimità di impianti di radiocomunicazione o di linee elettriche esistenti devono essere subordinati ad una preventiva valutazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza o a bassa frequenza, al fine di ridurre le esposizioni al minimo livello possibile, compatibilmente con le esigenze di carattere tecnologico e comunque di evitare l'insorgere di incompatibilità elettromagnetiche, in conformità con i limiti di esposizione e gli obiettivi di qualità fissati dalla normativa di settore vigente.

Art. 74- Limitazione e compensazione dei fenomeni di inquinamento luminoso

1. L'Amministrazione comunale, in conformità di quanto previsto dalla L.R. n. 39/2005, nella realizzazione e gestione degli impianti pubblici di illuminazione esterna adotta i criteri stabiliti nell'allegato III del PIER regionale ed alle "Linee Guida per la progettazione, l'esecuzione e l'adeguamento degli impianti di illuminazione esterna", in particolare, dove tecnicamente possibile, dovranno essere installati impianti per la pubblica illuminazione dotati di celle fotovoltaiche e di sistemi automatici di controllo e riduzione del flusso luminoso.

2. In tutto il territorio comunale è vietato per le nuove installazioni, ai soggetti pubblici e privati, l'impiego di fasci di luce di qualsiasi tipo e modalità, fissi o rotanti, diretti verso il cielo o verso superfici che possono rifletterli verso il cielo.

I sistemi di illuminazione dovranno privilegiare pertanto soluzioni che prevedano la predisposizione di elementi illuminanti installati sulle pareti dei fabbricati con luce schermata verso l'alto, elementi a stretto contatto con il terreno o direttamente in esso collocati sempre opportunamente schermati verso l'alto.

Art. 75- Impianti alimentati da fonti rinnovabili

1. Fermo restando quanto stabilito dalla normativa sovraordinata nazionale e regionale, l'installazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili dovrà rispettare i criteri riportati ai seguenti comma.

Gli impianti a sonde, per l'uso della fonte geotermica, e le pompe di calore ad alto rendimento non sono assoggettati a regole specifiche.

2. Per tutti gli impianti dovrà essere posta massima attenzione alla stabilità dei pendii e dovrà essere rispettata la morfologia naturale del suolo, evitando modificazioni significative dell'andamento topografico con opere di movimento terra, salvo modesti livellamenti e rettifiche di quote funzionali all'installazione ed alla viabilità di accesso e di manutenzione; dovranno essere realizzate, ove necessario, opportune opere di drenaggio e di regimazione idraulico-agraria adottando, quando possibile, tecniche di ingegneria naturalistica.

Dovranno essere privilegiate localizzazioni in aree già dotate di una rete viaria idonea tale da poter essere utilizzata come viabilità di accesso senza che ne siano alterate le caratteristiche sia in termini dimensionali che morfologici, fatta salva la possibilità di realizzare minimi interventi di adeguamento funzionale; eventuali tratti di nuova viabilità di accesso e di distribuzione interna ed eventuali spazi di manovra potranno essere realizzati solo se strettamente necessari all'esercizio dell'impianto e dovranno rispettare, per tipologia e materiali, il reticolo delle strade esistenti.

La localizzazione degli impianti dovrà tenere conto delle condizioni di visibilità nel paesaggio, con particolare riferimento alle possibili interferenze visive da e verso percorsi di fruizione panoramici, punti e luoghi di belvedere, in modo da garantire che la percezione dei beni e delle aree non sia in alcun modo compromessa; dovrà essere attentamente valutata la compatibilità paesaggistica delle localizzazioni soprattutto nelle aree collinari di rilevante visibilità, di crinale e di versante. Le condizioni di visibilità dell'impianto nel paesaggio dovranno essere appositamente documentate negli elaborati progettuali.

L'eventuale impiego di fasce verdi di ambientazione e schermature arboree ed arbustive con funzione di mitigazione dell'impatto visivo dell'impianto dovrà essere attentamente valutato rispetto al contesto paesaggistico, privilegiando gli ambiti collinari o pedemontani ove caratterizzati dall'alternanza di superfici boscate e di superfici coltivate, mentre sarà da valutare la coerenza negli ambiti di pianura o fondovalle ove caratterizzati da seminativi nudi a maglia larga. Dovrà essere previsto l'impiego di specie vegetali locali ed autoctone, creando un effetto il più naturale possibile.

3. Nel caso di aree agricole, verificati prioritariamente gli aspetti paesaggistici e tecnici, dovrà essere privilegiato l'utilizzo di aree degradate o abbandonate e/o non più funzionali all'attività agricola.

4. La connessione alla rete elettrica esistente dovrà essere realizzata tramite linee interrate, salvo dimostrazione di impossibilità tecnica.

Le costruzioni accessorie dovranno essere limitate alle opere ed alle infrastrutture strettamente necessarie all'esercizio degli impianti.

5. Gli impianti solari (fotovoltaici e termici) sugli edifici, al fine di ridurre l'effetto di inquinamento visivo e minimizzare l'impatto, dovranno essere integrati nella copertura; la realizzazione degli impianti negli edifici esistenti dovrà essere accompagnata dalla riqualificazione dell'intera copertura, con eliminazione degli elementi incongrui.

In generale ma soprattutto nel territorio rurale dovrà in ogni caso essere privilegiata la collocazione su corpi edilizi secondari e poco visibili.

Ove non sia tecnicamente realizzabile la totale integrazione architettonica, negli edifici con copertura a falda i pannelli dovranno essere di norma collocati aderenti alla falda, a filo tetto, senza l'impiego di supporti che facciano assumere pendenze ed orientamenti diversi dalla falda stessa; i pannelli dovranno essere arretrati rispetto al filo di gronda e mantenersi comunque, in qualsiasi punto, ad una quota inferiore rispetto a quella di colmo.

Non è consentito l'impiego di impianti fotovoltaici ad inseguimento o di impianti fotovoltaici non integrati con moduli ubicati al suolo, né di installazioni su strutture complementari (pergole fotovoltaiche, pensiline fotovoltaiche, tettoie fotovoltaiche) ed è obbligatoria la totale integrazione nella copertura su corpi edilizi secondari e poco visibili nei seguenti casi:

  • sottosistemi R1.1 (Nuclei di matrice antica) e R2.1 (Nuclei minori dell'alta collina)
  • edifici e pertinenze soggetti ad intervento di restauro e risanamento conservativo (rc) oppure ristrutturazione edilizia limitata di tipo a (ri-a)
  • sottozone E4 ed E4a (aree caratterizzate da terrazzamenti e ciglionamenti), E5a oppure E5b (aree di tutela paesistica di ville, edifici specialistici ed insediamenti rurali di pregio, nuclei ed aggregati ed altri insediamenti di antico impianto).

6. Per gli impianti solari a terra deve essere previsto il minimo impatto sul territorio, curando l'integrazione nel contesto ed eventualmente adottando opere di mitigazione, tenendo conto delle visuali panoramiche, della visibilità da strade e da ogni altro spazio pubblico e della vicinanza a nuclei di interesse architettonico e storico-documentario; dovrà inoltre essere assicurato il rispetto della distanza di maggior cautela dalle abitazioni esistenti.

Il posizionamento dei moduli dovrà consentire scambi gassosi fra terreno e atmosfera ed il transito della fauna minore terrestre. Gli impianti dovranno essere realizzati in modo da garantire il ripristino dell'uso originario.

Dovranno essere adottati accorgimenti progettuali, nella scelta dei materiali e nell'organizzazione dell'impianto, in grado garantire l'integrazione nel contesto d'intervento, tenendo conto delle caratteristiche paesaggistiche e dei relativi elementi costitutivi e degli elementi strutturali della tessitura agraria, in particolare per quanto riguarda eventuali recinzioni e viabilità di servizio.

7. Per gli impianti eolici dovrà essere effettuata una attenta e puntuale ricognizione degli elementi caratterizzanti il contesto, verificandone l'inserimento con la simulazione dell'esito dell'intervento ed assicurando il rispetto della distanza di maggior cautela dalle abitazioni esistenti, e dovrà essere effettuata una previsione dell'alterazione del clima acustico anche al fine di adottare eventuali misure di mitigazione.

Nella realizzazione di impianti eolici entro la soglia di potenza pari a 60 kW, l'altezza complessiva (compreso il rotore) dovrà essere per quanto possibile limitata, compatibilmente con la funzionalità dell'impianto.

8. Gli impianti a biomassa dovranno essere alimentati da filiera corta, privilegiando la parte biodegradabile dei prodotti e residui provenienti dall'agricoltura e dalla silvicoltura.

Art. 76- Localizzazione di industrie a rischio o insalubri

1. La localizzazione di industrie a rischio d'incidente rilevante non è ammessa su tutto il territorio comunale.

2. La localizzazione di industrie insalubri di 1^ classe all'interno dei centri abitati è ammessa solo a condizione che siano adottate efficaci misure di protezione dall'inquinamento atmosferico.

Capo III- Acqua

Art. 77- Fasce di rispetto dei corsi d'acqua

1. Su ambedue le sponde dei corsi d'acqua è istituita una fascia di rispetto di larghezza minima pari a 10 ml. a partire dal piede dell'argine per i corsi d'acqua incanalati e a partire dal ciglio di sponda per i corsi d'acqua non arginati. Questa fascia oltre a garantire la conservazione delle funzioni biologiche caratteristiche dell'ambito ripariale serve a garantire la piena efficienza delle sponde, la funzionalità delle opere idrauliche e a facilitare le operazioni di manutenzione.

2. Nelle fasce di rispetto, ferme restando le disposizioni normative vigenti, si applicano le seguenti disposizioni:

  • è vietato qualsiasi tipo di edificazione e saranno consentiti solamente interventi di sistemazione a verde, con percorsi pedonali e ciclabili, ma senza attrezzature;
  • è vietato ogni tipo di impianto tecnologico salvo le opere attinenti alla corretta regimazione dei corsi d'acqua, alla regolazione del deflusso di magra e di piena, alle derivazioni e alle captazioni per approvvigionamento idrico e per il trattamento delle acque reflue, nonché per le opere necessarie all'attraversamento viario e all'organizzazione di percorsi ciclopedonali e funzionali alle pratiche agricole meccanizzate;
  • sono vietati i movimenti di terra che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente il profilo del terreno con la sola eccezione di quelli connessi ai progetti di recupero ambientale;
  • è vietata qualunque trasformazione, manomissione, immissione di reflui non depurati, all'interno del corpo idrico; sono ammessi solo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione riparia, al miglioramento del regime idraulico (limitatamente alla pulizia del letto fluviale), alla manutenzione delle infrastrutture idrauliche e alla realizzazione dei percorsi di attraversamento;
  • i lavori di ripulitura e manutenzione fluviale potranno essere eseguiti solo nei casi di documentata e grave ostruzione al regolare deflusso delle acque di alveo e, in ogni caso, senza alterare l'ambiente fluviale qualora vi siano insediate specie faunistiche e/o botaniche protette o di evidente valore paesaggistico.

3. L'Amministrazione Comunale potrà prevedere forme di incentivazione per la delocalizzazione delle strutture presenti nella fascia di rispetto, al fine di garantire l'efficienza della rete idraulica, facilitare le operazioni del servizio di piena, di polizia idraulica, oltre che di protezione civile. Similmente, nelle aree ricadenti in pericolosità idraulica molto elevata saranno da prevedersi forme di incentivazione per la delocalizzazione delle eventuali attività che interferiscano con il libero deflusso delle acque creando situazioni di rischio.

4. Dovranno essere privilegiati interventi di ripristino delle sponde e di rinaturalizzazione degli alvei con l'eliminazione graduale delle pareti cementificate, eccetto che nelle aree ad alto rischio idraulico dove sia inevitabile il mantenimento di una portata elevata; in ogni caso dovrà essere garantita la continuità della copertura vegetale al fine di aumentare l'ombreggiamento del corso idrico e quindi ridurre al minimo la crescita algale ed i conseguenti effetti dell'eutrofizzazione delle acque; sono ammesse sistemazioni di sponda tramite l'uso delle tecniche dell'ingegneria naturalistica, supportate da adeguate valutazioni di inserimento nell'ambiente circostante; sono in generale da prevedere soluzioni di consolidamento delle sponde con sistemazioni a verde o con materiali che permettano l'inerbimento ed il cespugliamento.

Art. 78- Regimazione delle acque superficiali

1. Tutte le nuove opere di regimazione idraulica (briglie, traverse, argini, difese spondali) previste per i corsi d'acqua (naturali e artificiali) dovranno essere finalizzate al riassetto dell'equilibrio idrogeologico, al ripristino della funzionalità della rete del deflusso superficiale, alla messa in sicurezza dei manufatti e delle strutture, alla rinaturalizzazione spontanea e con specie ripariali autoctone, al generale miglioramento della qualità biologica e alla fruizione pubblica.

2. Le opere idrauliche ed i loro manufatti esistenti, ancorché danneggiati o in pessimo stato di manutenzione e/o di totale inefficienza idraulica, devono essere salvaguardate da usi impropri e/o manomissioni anche se di proprietà privata.

3. Le opere di regimazione, anche nel caso di interventi su strutture esistenti, dovranno essere concepite privilegiando le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica. È vietata l'impermeabilizzazione degli argini.

4. È vietata la coltivazione sulle strutture arginali. Le lavorazioni agricole non dovranno comunque interessare l'area di pertinenza dei corsi d'acqua.

5. Sono vietate tutte le operazioni che possano portare all'interramento dei fossi quando non sia previsto uno specifico progetto che garantisca un percorso alternativo per il deflusso delle acque a "giorno" con individuazione di un recapito ben definito.

Art. 79- Canalizzazione agricole (rete scolante)

1. Tutti gli interventi che coinvolgono parti di terreno agricolo devono essere volti al mantenimento dell'efficienza delle canalizzazioni, provvedendo in ogni caso al ripristino della loro funzionalità là dove questa risulti essere stata manomessa dagli interventi precedenti.

2. È vietato interrompere e/o impedire il deflusso superficiale dei fossi e dei canali nelle aree agricole senza prevedere un nuovo e/o diverso recapito per le acque di scorrimento intercettate.

Art. 80- Casse di espansione

1. In sinistra idrografica del torrente Rantigioni, in prossimità dell'abitato di Faella, è prevista la realizzazione di un'opera di mitigazione del rischio idraulico, finalizzata alla messa in sicurezza del centro abitato. L'area destinata a tale opera è individuata nella tavola Usi del suolo e modalità d'intervento ed attuazione in scala 1:2.000.

2. L'opera di mitigazione del rischio consisterà nella realizzazione di una cassa di espansione in derivazione, come meglio esplicitato nello studio idrologico-idraulico allegato al Piano Strutturale.

Art. 81- Attraversamento dei corsi d'acqua in elevazione

1. La costruzione delle nuove strutture di attraversamento dei corsi d'acqua arginati (le spalle e la trave portante dei ponti e/o delle passerelle) dovrà evitare il restringimento della sezione dell'alveo assicurando il mantenimento di una luce libera di deflusso pari a quella posta a monte dell'attraversamento stesso; la base dell'impalcato dovrà sempre svilupparsi ad una quota superiore rispetto alle sommità arginali tale da consentire un agevole passaggio dei materiali flottanti in caso di piena.

2. Gli eventuali attraversamenti dei corsi d'acqua arginati mediante guadi che abbassano la quota di coronamento dell'argine dovranno essere abbandonati e sostituiti con attraversamenti in sopraelevazione mediante ponti o passerelle.

Art. 82- Rilevati delle infrastrutture viarie

1. Al fine di ridurre al minimo l'impatto negativo sul deflusso delle acque superficiali, i rilevati delle infrastrutture viarie dovranno essere provvisti di appositi manufatti di attraversamento monte-valle posti ad una distanza, riferita all'andamento generale della superficie topografica e alla pendenza dei terreni attraversati, tale da evitare accumuli e ristagni al piede degli stessi.

Art. 83- Pozzi

1. Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente, i pozzi dovranno essere ubicati possibilmente a monte delle abitazioni delle quali sono di pertinenza e posti a distanza non inferiore a:

  • 5 ml. da abitazioni;
  • 10 ml. da pozzi neri, fosse biologiche e fognature a completa tenuta;
  • 30 ml. da stalle, concimaie, depositi di immondizia, stoccaggio rifiuti, centri di raccolta e demolizione autoveicoli e da pozzi neri, fosse biologiche e fognature per le quali non è garantita la perfetta tenuta, impianti di smaltimento reflui;
  • 50 ml. da discariche di tipo A;
  • 100 ml. dai cimiteri;
  • 200 ml. da pozzi che erogano acqua a terzi mediante pubblico acquedotto, qualora non siano definite diverse fasce di rispetto, e da discariche di tipo B.

2. Nel caso di edifici composti da più unità immobiliari dovranno essere realizzati, se richiesti, pozzi esclusivamente di tipo condominiale, in numero idoneo alle esigenze condominiali.

3. In corrispondenza di pozzi, sorgenti e punti di presa per approvvigionamento idrico destinato al consumo umano, per erogazione a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, sono istituite la zona di tutela assoluta e quella di rispetto, così come previsto dalla normativa in materia e dall'Autorità d'Ambito Ottimale.

Art. 84- Acquiferi vulnerabili

1. Nelle aree di fondovalle, caratterizzate da terreni a permeabilità alta con conseguente presenza di acquiferi vulnerabili poco profondi e non adeguatamente protetti (individuate nella tavola 6.0.i Carta delle isofreatiche del Piano Strutturale), dovranno essere limitate le attività potenzialmente inquinanti delle acque di sottosuolo quali ad esempio:

  • dispersione di fanghi e acque reflue in sistemi aperti;
  • accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
  • spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
  • aree cimiteriali;
  • gestione di rifiuti;
  • stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose;
  • pozzi perdenti.

2. La realizzazione di opere connesse a tali attività è subordinata alla predisposizione di adeguati accorgimenti atti a garantire la non contaminazione della falda.

3. Non sono in ogni caso ammessi in tali aree:

  • l'apertura di cave;
  • stoccaggio di prodotti ovvero sostanze radioattive;
  • centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli.

Art. 85- Acque reflue e depurazione

1. In attuazione delle vigenti disposizioni normative relative all'obbligo di autorizzazione allo scarico di reflui domestici o assimilabili non recapitanti in pubblica fognatura, ogni intervento comportante aumento di carico urbanistico in zone non servite da pubblica fognatura deve ricorrere a sistemi di depurazione autonoma di tipo naturale (ad esempio fitodepurazione), caratterizzati da bassi consumi energetici, ridotta necessità di manutenzione, flessibilità nei confronti di variazioni di carico ed elevati rendimenti depurativi, sistemi che consentano il riutilizzo dei reflui depurati, nel rispetto delle condizioni locali di vulnerabilità idrogeologica.

2. Nei Piani Attuativi deve essere previsto un sistema di fognatura separata, preventivamente concordato con il gestore del servizio, fatte salve giustificate motivazioni tecniche da documentare adeguatamente.

In caso di non fattibilità tecnico-economica dell'opera di collettamento alla rete fognaria e alla depurazione, le trasformazioni possono essere ritenute ammissibili solo se venga garantito un idoneo trattamento depurativo autonomo, previa preventiva valutazione dell'impatto dello scarico depurato sulla qualità del corpo idrico ricettore e a condizione che si escluda l'insorgenza di problemi igienico-sanitari connessi al sistema di smaltimento e una possibile interferenza con le risorse idriche sotterranee.

Art. 86- Risparmio idrico e razionalizzazione dei consumi

1. In tutti gli interventi di nuova edificazione, sostituzione edilizia e ristrutturazione urbanistica dovranno essere adottate soluzioni tecniche per il recupero delle acque meteoriche e l'utilizzo delle acque di riciclo.

2. Ove possibile dovranno essere realizzate reti idriche duali fra uso potabile e altri usi al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili.

3. In tutti gli interventi dovrà essere prevista la realizzazione di impianti idrici dotati di dispositivi di riduzione del consumo di acqua potabile (quali sistemi di erogazione differenziata, limitatori di flusso degli scarichi, rubinetti a tempo, miscelatori aria/acqua frangigetto ecc.).

Capo IV- Suolo e sottosuolo

Art. 87- Impermeabilizzazione del suolo

1. Nella realizzazione di tutti i tipi di intervento si dovrà minimizzare l'impermeabilizzazione del suolo attraverso l'uso più esteso possibile di materiali che permettano la percolazione e la ritenzione temporanea delle acque nel terreno; la realizzazione delle opere non dovrà alterare la funzionalità idraulica del contesto in cui si inseriscono, garantendo il mantenimento dell'efficienza della rete di convogliamento e di recapito delle acque superficiali.

2. I nuovi spazi pubblici destinati a piazze, parcheggi e viabilità pedonale o meccanizzata, se di superficie superiore a 200 mq., dovranno essere realizzati con modalità costruttive che consentano l'infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque; sono possibili eccezioni a tale disposizione esclusivamente per dimostrati motivi di sicurezza o di tutela storico-ambientale.

3. Il convogliamento delle acque piovane in fognatura o in corsi d'acqua dovrà essere limitato, cercando di evitare il sovraccarico della rete scolante esistente e favorendo nel contempo l'infiltrazione nel suolo.

4. Negli interventi sul patrimonio edilizio esistente - nel caso di ristrutturazione urbanistica, sostituzione edilizia, ristrutturazione edilizia con incremento della Superficie Coperta o con demolizione e ricostruzione - e nella nuova edificazione dovrà essere garantito il mantenimento di una superficie permeabile pari ad almeno il 25% della Superficie Fondiaria.

Le superfici permeabili dovranno essere progettate e realizzate in modo da risultare effettivamente funzionali agli obiettivi esposti; non potranno pertanto essere computate per la verifica delle dotazioni aree di piccola dimensione oppure molto frammentate.

5. Per gli interventi citati al comma 4 e più in generale per tutte le trasformazioni comportanti la realizzazione di superfici impermeabili o parzialmente permeabili superiori a 200 mq. dovrà essere previsto il totale smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalle coperture degli edifici e dalle altre superfici totalmente impermeabilizzate o semipermeabili nel reticolo idrografico superficiale o, in seconda istanza, alla pubblica fognatura, comunque contenendo l'entità delle portate scaricate, se del caso con la realizzazione di vasche volano o di altri idonei accorgimenti atti a trattenere temporaneamente gli eccessi di portata meteorica (aree a verde ribassate, fosse e collettori fognari, ...), così da ripristinare gli stessi livelli di sicurezza nel sistema di scolo esistente.

6. Anche ai fini della prevenzione del rischio idraulico, per favorire l'infiltrazione di acqua nel sottosuolo si dovranno assumere i seguenti criteri:

  • prevedere nella realizzazione di impianti arborei, così come di colture seminative, sistemazioni idraulico-agrarie atte a consentire una corretta regimazione delle acque superficiali ed orientate a favorire l'infiltrazione nel terreno e l'aumento dei tempi di corrivazione;
  • recapitare, nelle aree impermeabilizzate, le acque superficiali in appositi bacini di accumulo evitando il convogliamento diretto in fognatura o la dispersione casuale nelle zone limitrofe.

Art. 88- Sbancamenti, scavi e rinterri

1. Negli scavi, al fine di assicurare la stabilità dei terreni e delle opere, in particolare quelle di contenimento del terreno o costruite a contatto con il terreno, devono essere messi in opera sistemi di drenaggio in grado di intercettare e smaltire le acque di circolazione sotterranea in corrispondenza delle nuove opere. La tipologia e la collocazione dei drenaggi deve essere correlata sia alla tipologia, alle dimensioni ed alla collocazione delle opere, considerate nel loro complesso, sia alle caratteristiche della circolazione idrica sotterranea accertata mediante le indagini geologiche.

2. Prima dell'inizio dei lavori di sbancamento e/o di escavazione, dovrà essere individuato il sito di discarica ed i modi di riutilizzo del materiale sbancato e/o scavato.

3. Per ogni intervento che comporti un rimodellamento con modifica della pendenza di superfici preesistenti si devono calcolare le condizioni di stabilità delle nuove pareti e/o dei nuovi versanti in relazione alla prevista configurazione finale e alle variazioni indotte sulla stabilità delle strutture limitrofe. Tutti i lavori di sbancamento e/o di scavo devono prevedere il ripristino delle condizioni di stabilità delle pareti naturali, mediante opere di rinaturalizzazione spontanea e/o guidata, con l'impiego di tecniche di ingegneria naturalistica.

4. Per i rinterri devono essere utilizzati materiali terrigeni simili a quelli esistenti in loco, ripristinando il grado di compattezza e di addensamento del terreno originario. Nelle aree di riporto devono essere sempre garantite le opere necessarie alla regimazione delle acque ed alla difesa da fenomeni erosivi. Se è prevista la realizzazione di opere di contenimento, le stesse devono essere realizzate prima dell'inizio dei riporti di terreno.

5. Gli interventi su terreni agricoli che comportino movimenti di terra, modificazione dello stato e consistenza delle colture arboree, modifiche delle opere di regimazione delle acque superficiali e profonde, sono consentiti a condizione che la richiesta sia accompagnata da elaborati che individuino sia gli assetti definitivi che le sistemazioni intermedie, per garantire la realizzazione degli interventi senza alterazioni negative del paesaggio.

6. In tutti gli interventi dovranno essere evitate opere di forte rimodellamento del suolo (scavi e reinterri) che comportino una alterazione significativa della situazione preesistente.

I rimodellamenti delle aree dovranno limitare gli scavi ed i riporti mediamente ad 1 ml.; tale limite potrà essere superato esclusivamente nel caso di interventi per la realizzazione o l'adeguamento di tracciati viari e percorsi di importante interesse generale, fermo restando la necessità di verificarne il corretto inserimento paesistico.

7. Nel caso di edifici collocati in aree con terreno in pendio, nella sistemazione finale a monte potranno essere previsti scannafossi e/o elementi analoghi ma non sono consentite modifiche all'andamento naturale del suolo che portino a rendere seminterrati o fuori terra i locali che nella configurazione orografica originaria invece risulterebbero - rispettivamente - interrati o seminterrati. Non è ammessa la realizzazione di muri di contenimento di altezza superiore a 1,50 ml.; dovrà in ogni caso essere dimostrata la necessità di realizzare tali strutture ed accuratamente verificata l'assenza di alternative meno impattanti (ad esempio terre rinforzate rinverdite): tali interventi si configurano pertanto come soluzione limite, da adottare esclusivamente qualora sia inequivocabilmente impossibile mantenere la conformazione naturale del terreno oppure limitare la modifica di tale conformazione ad un modesto rimodellamento da realizzare senza strutture di sostegno. È ammessa la realizzazione di muri di altezza

superiore a 1,50 ml., purché comunque inferiore a 2,70 ml., esclusivamente se corrispondenti all'unico fronte libero, a valle, di volumi interrati (ad esempio autorimesse).

Art. 89- Costruzioni interrate

1. Nelle aree in cui sono presenti zone con falda acquifera superficiale la realizzazione di opere in sotterraneo è subordinata all'elaborazione di uno studio idrogeologico di dettaglio per valutare gli eventuali effetti negativi nelle aree limitrofe derivanti da una modifica del regime di falda. Tale studio dovrà essere basato sulla ricostruzione certa della litostratigrafia dell'area, e corredato dal monitoraggio diretto della falda ante e post operam.

Qualora da tale studio risultassero possibili interferenze negative il progetto dovrà contenere misure efficaci per superare le criticità indotte dalle trasformazioni.

2. Per tutte le costruzioni interrate previste nelle zone con falda acquifera superficiale deve essere verificata la profondità del livello di falda e della sua escursione stagionale in relazione alla profondità del piano di posa delle fondazioni. Il piano di calpestio dei locali interrati deve comunque rimanere al di sopra del livello massimo di risalita della falda al fine di evitare la messa in opera di impianti di pompaggio per la depressione della tavola d'acqua.

3. La messa in opera di impianti di depressione della tavola d'acqua è consentita esclusivamente per la salvaguardia e la messa in sicurezza di edifici esistenti.

Art. 90- Reti tecnologiche sotterranee

1. Gli impianti tecnologici a rete sotterranei comprendono le tubazioni del gas, dell'acquedotto, delle fognature, le linee elettriche e telefoniche e tutte le attrezzature connesse al funzionamento e alla manutenzione delle stesse.

2. La messa in opera degli impianti tecnologici dovrà preferibilmente evitare la variazione e/o l'alterazione del reticolo di deflusso delle acque superficiali; qualora l'intervento ne preveda la modifica del percorso, dovrà esserne indicato il nuovo andamento, garantendo che non comporti concentrazioni e ristagni di acque nelle aree di intervento e in quelle limitrofe.

3. La profondità, rispetto al piano di campagna, alla quale installare gli impianti tecnologici dovrà essere tale da non compromettere in ogni caso la crescita ed il mantenimento degli apparati radicali delle essenze arboree e non ostacolare le operazioni di aratura e/o di irrigazione nelle zone agricole.

4. Allo scopo di coordinare le operazioni di scavo per gli interventi sugli impianti interrati, gli interventi stessi e ciascuna opera devono essere resi noti in anticipo a tutti i soggetti competenti e i lavori di chiusura degli scavi devono garantire la risistemazione del terreno (piantumato e non) o della pavimentazione.

Capo V- Fattibilità

Art. 91- Condizioni di fattibilità

1. Le condizioni di attuazione delle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali del Regolamento Urbanistico sono differenziate secondo le categorie di fattibilità previste dalla normativa vigente ed in particolare dal Regolamento Regionale n. 53/R (D.P.G.R. n. 53/R del 25/10/2011).

In particolare sono definiti i seguenti criteri generali di fattibilità:

  • fattibilità senza particolari limitazioni (F1): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali non sono necessarie prescrizioni specifiche ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all'attività edilizia;
  • fattibilità con normali vincoli (F2): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali è necessario indicare la tipologia di indagini e/o specifiche prescrizioni ai fini della valida formazione del titolo abilitativo all'attività edilizia;
  • fattibilità condizionata (F3): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali per le quali, ai fini della individuazione delle condizioni di compatibilità degli interventi con le situazioni di pericolosità riscontrate, è necessario definire la tipologia degli approfondimenti di indagine da svolgersi in sede di predisposizione dei piani complessi di intervento o dei piani attuativi o, in loro assenza, in sede di predisposizione dei progetti edilizi;
  • fattibilità limitata (F4): si riferisce alle previsioni urbanistiche ed infrastrutturali la cui attuazione è subordinata alla realizzazione di interventi di messa in sicurezza individuati e definiti in sede di Regolamento Urbanistico, sulla base di studi, dati da attività di monitoraggio e verifiche atte a determinare gli elementi di base utili per la predisposizione della relativa progettazione.

2. Secondo quanto previsto dalla normativa regionale le fattibilità degli interventi sono distinte in funzione delle pericolosità in relazione agli aspetti geologici, idraulici e sismici ai fini di una corretta definizione delle condizioni di attuazione delle previsioni.

3. Le condizioni di fattibilità per gli interventi, con le relative prescrizioni, sono definite nella Relazione di fattibilità e nelle Schede; per le aree urbane le condizioni di fattibilità sono rappresentate attraverso le classificazioni sopra citate nelle Carte di Fattibilità, mentre per il territorio aperto la fattibilità degli interventi è desumibile dagli abachi.

Ultimo aggiornamento
30/05/2023, 12:07